Dopo la presa di Berat da parte delle bande albanesi Ettore Ponzi, riposti gli ultimi lavori in una cassetta militare poi sepolta lungo la sponda del fiume Osum, si diresse con i suoi uomini in direzione di Elbasan sede del comando militare italiano della divisione di appartenenza, la divisione Arezzo. Ettore Ponzi non si fermò ad Elbasan, in quanto nel frattempo, il 12 settembre, la divisione Arezzo era stata sciolta e in balia delle forze tedesche della terribile brigata SS Brandeburgo composta in buona parte di ex galeotti e delinquenti comuni arruolati per la guerra. La stragrande maggioranza dei soldati e ufficiali della Divisione Arezzo si oppose a qualsiasi forma di collaborazione pagando un caro prezzo in termine di caduti nei cruenti combattimenti contro le truppe germaniche e le bande albanesi loro alleate, combattimenti cui seguirono in eccidi di cui furono vittime i soldati e gli ufficiali. Quest'ultimi furono perseguitati con particolare accanimento. Il 16 settembre 1943 Ettore Ponzi, come tanti altri militari, probabilmente prese la direzione di Bitoli oggi in Macedonia dove si trovava la stazione ferroviaria verso Belgrado e quindi l'Italia. Il difficile viaggio doveva interrompersi il 22 settembre in cui venne in contatto con le forze albanesi che operavano nelle montagne attorno a Elbasan. L'obiettivo diventò quello di raggiungere i resti della divisione Firenze che, comandata dal generale Azzi, operava ormai decisamente contro le divisioni tedesche che avevano preso il controllo del paese. L'unità operativa in corso di formazione era denominata "Truppe italiane alla montagna". Ma l'ambiguità dei potenziali alleati albanesi portò a ben altre e drammatiche situazioni. Dopo un lungo peregrinare nelle montagne verso la base dei partigiani albanesi giunse nella città di Sdrasi (Sdramish, Sdramsh) dove condivise l'alloggio con altri militari italiani e gli ufficiali dei carabinieri della cosidetta Colonna Gamucci che, fedele al giuramento al re ed alla patria, scrisse una drammatica pagina della nostra storia. Una pagina che l'Italia del dopoguerra si è affrettata a strappare per considerazioni di opportunismo politico interno e buone relazioni internazionali. Il Col. Gamucci e diciannove ufficiali (11 di Fanteria e 8 dei Carabinieri) vennero quindi alloggiati nel villaggio di Sdramsh. Il 20 ottobre il solo Col. Gamucci fu prelevato e condotto a Cerminika, qui ritrovò i suoi carabinieri disarmati per ordine di Kadri Hoxha. Il 25 ottobre 1943 vennero tutti fucilati. Dieci giorni dopo il massacro gli ufficiali dei carabinieri che erano in attesa a Sdramsh vennero eliminati con le stesse modalità. E qui si inserisce probabilmente la terribile frase del diario " .... fino a che, poco per volta, parecchi vengono allontanati e fucilati. Gli ultimi restiamo noi nove, fino 18 ottobre quando vengono per condurci da quei capi coi quali avemmo molto da fare prima dell'armistizio." Una ricostruzione degli eventi viene anche riportata nella dichiarazione del Ten. Colonnello Cappelin Luigi nel modo seguente: "Dato che buona parte di detti ufficiali erano esuberanti senza comando di truppa, una ventina, tra i quali il Ten. Ponzi, ci trasferimmo, al comando del Col. dei CC.RR. sig. Gamucci, nel villaggio di Sdranish in attesa di ordini. Dopo pochi giorni il Col. Gamucci ed altri 6 Uff.Sup. dei CC.RR. partirono per altra destinazione." Questi fatti restano come una delle esperienze più drammatiche di una catena di eventi che si concluderà il 1 gennaio 1944 data della definitiva cattura ed inizio del periodo di internamento nei campi di Semlin (Belgrado), Vienna ed infine Wietzendorf in Germania.
Arrivati alla base dopo otto giorni e altrettante notti di fatiche inaudite ci mandano in una casa di Sdrasi con altri ufficiali dei Carabinieri. Una squadra loro ci fa una buona guardia fino a che, poco per volta, parecchi vengono allontanati e fucilati. Gli ultimi restiamo noi nove, fino 1'8 ottobre quando vengono per condurci da quei capi coi quali avemmo molto da fare prima dell'armistizio."