Siamo riusciti a trovare, dopo essere stati consigliati da un nostro carissimo amico, con grandissima difficoltà il suo libro “Memorie di un uomo inutile” (Mondadori 1981) ormai fuori da qualsiasi canale di distribuzione, grazie a un tam tam sul web che ci ha portato dopo un mesetto di ricerche, la copia sulla scrivania. Il proverbio è veritiero, dicevamo, in questo caso perché l’auto protagonista è stato baciato dalla sorte più di una volta e ha sempre avuto pochi problemi grazie alla sua gaiezza.
Macchine, viaggi, incontri incredibili, vassallate da far invidia alle zingarate, un’eleganza ereditata e approfondita, meditata, migliorata, un lusso sfrenato con l’ottica dei denari come poca preoccupazione, dilapidato senza remore o mea culpa. Un libro scellerato, sfacciatamente menefreghista, ma gioioso nel racconto frammentario, slegato, come in una chiacchierata tra amici. Un miele a volte un po’ amaro, come se scosso dal torpore della felicità e dell’abbandono in essa, Caravita avesse un attimo di lucidità e pensasse di aver sprecato il suo tempo e la sua vita. Ma è soltanto un momento, perché torna convinto ad abbracciare la sua filosofia“Io sono pieno di rimpianti per tante cose, ma non ho il rimpianto di non aver vissuto in pieno la mia vita, magari un po’ pazza.”
Morto nel 1998 a Roma, dove viveva da diversi anni ha tenuto fede a quello che aveva scritto sulle sue memorie “Sulla mia tomba si potrà porre una lapide: Non fece niente di importante ma non fece mai male a nessuno. Si divertì”.
E se qualcuno volesse dire che non si vive così, che è da incoscienti la risposta arriva sardonica dalla sua introduzione “So che nel clima serioso di oggi dovrei vergognarmi come un ladro di questo (e altro). Ma perché? Saper sorridere, anche di se stessi, aiuta. Quindi, forse, queste mie Memorie di un uomo inutile, potranno avere una piccola utilità per voi, insegnandovi a prendere allegramente il buono e il gramo. Perché no? Io me lo auguro.”
Un brindisi a Pupetto!
Buona scelta
IBD
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