Meno Sette [Cose che la gente non dice]
Creato il 13 dicembre 2012 da Ilariadot
@Luna84
Ci sono cose che la gente non ti dice. Per esempio, che organizzare la presentazione di un libro rischia seriamente di portarti alla follia. Insomma: tu te ne stai lì, ad aprire scatoloni con le mani tremanti, quasi che il Natale sia arrivato prima. Soppesi tra le braccia le novanta volte in cui il tuo sogno adesso occupa spazio sopra a qualche scaffale. Bello. Plasticato. Con quella foto in cui sorridi stampata su fondo blu in quarta di copertina. Era quello che volevi, no? La penna scivola da Dio, sotto alle prime dediche. Inchiostro che s'accoppia con la carta bianca. E sei davvero, al cento per cento, convinta che oramai sia tutto in discesa. Sbagliato. Perchè nessuno ti ha informata. Nessuno te l'ha detto, che dovrai passare le settimane seguenti con l'orecchio incollato al cellulare. Sfoglierai l'agenda immaginaria su cui negli anni hai radunato i tuoi contatti. Ti farai invischiare in una rete potenzialmente infinita fatta di amici di amici di parenti del cognato della prozia della vedova del fioraio del cugino dell'ex fidanzata del marito della figlia di qualcuno. Finchè, credendo di comporre il numero di un'affermata scrittrice locale, finirai col chiamare un call center vodafone. Che, ovviamente, si affretterà a ricambiare un paio d'ore dopo. Quando ormai avrai già dimenticato l'accaduto e indosserai il piumone in procinto di uscire. Il rumore di fondo sarà talmente forte che, lungi dal riconoscere il messaggio automatico, ti sembrerà di sentir parlare una donna in un rumeno fluente. O, comunque, un qualche strano dialetto dell'Est. Ripeterai per quattro volte “ha sbagliato numero” in cadenze sempre più disperate, prima che un “per informazioni, digitare uno” ti riporti sulla retta via. E allora, di nuovo, sbatterai la cornetta sulla faccia immaginaria del TeleMarketing Impersonale. Digitando, proprio al massimo, un sonoro “'fanculo”. Nessuno te lo dice, che a una settimana dal Grande Evento infilerai nel tuo borsone tattico quella che credi essere la T-Shirt di Diablito comprata un inverno a Madrid. Salvo poi accorgerti, nello spogliatoio della scuola di Danza, che in realtà si tratta della tua canottiera più scollata. E ovviamente non ricordi se oggi ti sei depilata oppure no. Così, nel dubbio, finisci per farti un'ora e mezza di flamenco con addosso la felpa e il collo alto. Col risultato che, dopo circa un paio di minuti, la tua carnagione è molto simile a quella di un pomodoro maturo. Se non altro, le calorie di quei deliziosi biscotti dell'IKEA ti stanno senz'altro scivolando via di dosso nel sudore. Bisogna pur trovare un lato positivo,no? Anzi, a dirla tutta, in realtà stai anche ballando un po' meglio del solito. Il che ti porta alla conclusione logica che la chiave di tutto sta nell'auto-combustione. Comunque. Nessuno ti dice che in quello stesso spogliatoio, proprio mentre indossi la dannata felpa, una madre al tuo fianco veste la sua bambina. “Appena la signora finisce di cambiarsi spostiamo la panca, così stiamo più comode”, la senti dire con voce melensa. Ci metti un po' a realizzare. Sta parlando di te. Ha detto SIGNORA, e sta parlando di te. Respira. Inspira. Respira. Ti giri di botto, regalandole il meglio riuscito tra i tuoi troppo rari sguardi omicidi. Vorresti spostargliela tu, quella panca. Subito. Con un gesto veloce, mentre la sua borsa è ancora bella adagiata lì sopra. Immaginare lo specchietto da trucco e il cellulare costoso ruzzolare in mezzo alle urla sul pavimento, basta già da solo alla soddisfazione. Ma insomma. Ho ventisette anni, per Dio! Ok, ventotto tra poche settimane. E vabbè che ho due occhiaie da far spavento a un panda, vabbè che son scoppiata a piangere di crisi isteriche troppe volte in due giorni, concedo pure l'alibi dell'ultimo filo di rossetto che ha recentemente abbandonato le mie labbra. Però, anche così, SIGNORA?! Nessuno te lo dice, che il trauma di quell'appellativo non ti abbandonerà mai più. In tutta la tua vita, voglio dire. Mai più. Per non parlare di quelli che si aspettano una copia del libro in regalo. Magari non te lo dicono apertamente, d'accordo. Eppure lo capisci. Dal linguaggio non verbale. Dai tuoi sensi di colpa. Dalla conseguenza di tutti i sentito dire. E dovrebbero fare un corso, per spiegarti come agire con tatto. Come far capire ad amici e conoscenti che, anche se lo vorresti, proprio non lo puoi fare. Che quelle copie non ti sono piovute addosso come manna dal cielo. Non funziona come i cd delle pop star, nossignore. I libri in tuo possesso te li sei pagati fino all'ultimo centesimo. E' un investimento che avrà ragion d'essere solo finchè li vendi e rientri nelle spese. Ché per ognuno di quelli che acquisteranno, a te verrà in tasca qualcosa come un euro e venti, forse due. Che non si tratta di diventare ricchi. Non si tratta di avarizia. Macchè. Si tratta semplicemente di rientrare nelle spese. Di DOVERLO fare per non ridursi a vivere al riparo di un ponte. E però nessuno riesce mai del tutto a vederla così. Insomma: non ti hanno avvisata, che saresti arrivata a un punto in cui il tuo unico desiderio sarebbe stato passare 24 ore senza che qualcuno ti parli del tuo libro. E, al contempo, che tutti non facessero altro che parlarne. Che parlare dei CONTENUTI, però. Voglio dire: qualcuno dovrebbe averlo letto, ormai, giusto? Oltre a mio nonno, intendo. Che dopo aver riso a crepapelle sulle battute del primo capitolo s'é perso nel linguaggio a lui estraneo dei Retweet e i Follow Friday. Per concludere nell'unica, apocalittica, sentenza a lui possibile: “Ciò, devi esser bel, ma no go capì un casso”. Ecco. Intendo, qualcuno un po' più nel target, l'avrà letto? Gli sarà piaciuto? Perchè nessuno mi dice niente? Io voglio sapere. Cioè...credo. Se mi dicessero che fa cagare, non so mica se lo vorrei sapere. Probabilmente sì, ma non adesso. Ne andrebbe troppo della mia autostima. E poi c'è ancora da far tutto. I comunicati stampa. Gli inviti. Il buffet. C'é anche da andare dalla parrucchiera: quel luogo metafisico da cui inevitabilmente esci rafforzata in due convinzioni: 1) sei del tutto disinformata sul novanta per cento dei nomi astrusi che popolano i giornali di gossip; e 2) hai troppi capelli. Troppi, sì. Perchè con la tua chioma leonina ci si mette una vita, a rinnovare le meches. Il che comporta la sottomissione all'odore di amoniaca per un periodo di tempo troppo lungo per il superolfatto della fase pre-mestruale. Capiamoci, negli ultimi giorni sono stata sul punto di vomitare, nell'ordine: per il deodorante per ambienti appena spruzzato dalla commessa di Terranova, per quello del formaggio grana probabilmente scaduto, e persino per quello della carta inchiostrata di un DVD (manco a dirlo) comprato a Madrid. Non posso farcela, con le meches. Davvero. Anche perchè, possibile che nessuno pensi mai a noi povere orbe? Ovviamente gli occhiali te li fanno togliere. Ma io senza occhiali non ci vedo un tubo. Quindi non posso leggere. Quindi mi tocca, alternativamente, annoiarmi o...indovina? Parlare del libro. Ho cambiato idea: hanno ragione i Maya. Ché io non so per gli altri, ma almeno per me il mondo finisce di sicuro il 21. Distrutta dal calo di tensione, scaglierò finalmente il telefono dalla finestra e mi butterò sul letto intenzionata a non alzarmici per 12 ore almeno. And that's all Folks.
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