Mental - La Recensione

Creato il 12 novembre 2012 da Giordano Caputo
"Pazzo" o "Non Conforme"?
Si diverte a soppesare il significato di questi due termini il "Mental" dell'australiano P.J. Hogan, con l'aiuto di una famiglia sboccata e sfaldata, stabilita in un quartiere altrettanto curioso dove l'apparente normalità è plastificata ogni giorno da una cura maniacale eseguita da vicini omologati e spocchiosi.
Shirley Moochmore è considerata il brutto anatroccolo del viale, la psicotica, e con lei le sue cinque figlie convinte ognuna di soffrire di gravissimi disturbi mentali. Il padre invece, politico prossimo alle elezioni, continua a vivere lontano da casa per evitare il contatto con la famiglia e concedersi liberamente alle molteplici scappatelle che spesso gli capitano sotto mano.
E' innegabilmente esilarante il modo in cui "Mental" affronta gli argomenti dell'insanità mentale e della famiglia. Trascinato da una grottesca Toni Collette in versione catalizzatore Hogan innalza vette di comicità roboanti e taglienti, capaci di non limitare al minimo la morale del "non crederti pazzo solo perché sei diverso dagli altri", di certo non di primo pelo al cinema. Nella pellicola dell'australiano la normalità è pressoché inesistente, ogni personaggio ha la sua dose massiccia di stravaganza e/o disturbi psichici: c'è chi è morboso per la pulizia, chi considera le bambole pezzi di cuore e anche il classico cliché di chi sente le voci e vede presenze terrificanti.
L'Australia come campo da gioco torna utile allora proprio per giustificare questo intero discorso, con un monologo straordinario espletato dalla Collette, la quale spiega ai bambini di cui diventa "tata/educatrice/madre" - a seguito dell'internamento in manicomio di quella biologica - come anni or sono il loro continente fosse diventato una colonia di rilascio per matti e negli anni alcune specie meno aggressive siano state poi reintrodotte in disparati territori per verificare gli esiti degli esperimenti effettuati dai scienziati. Da qui i vari nomi di Nicole Kidman, Cate Blanchett ma soprattutto del povero Russel Crowe, del quale si sottolinea quanto con lui si sia stati un po' troppo generosi al riguardo.
La risata quindi è una reazione che si fa quasi persistente in "Mental", ma tuttavia non preclude affatto la fuoriuscita di altri sentimenti, come per esempio la commozione nel vedere una famiglia di nuovo unita che canta gioiosa sul palco di una conferenza politica la sua ritrovata felicità. Hogan in questo modo mette d'accordo qualsiasi tipo di pubblico e non fa quasi provare allo spettatore la percettibile distrazione finale in cui la pellicola cede di misura e concentrazione per favorire la chiusura meno rilevante della sotto trama misteriosa appartenente all'accoppiata Collette/Schreiber.
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