“Mente, corpo e voce sono un tutt’uno nello sforzo di restituire qualche scintilla dell’essere”, intervista a Claudio Sottocornola

Creato il 20 maggio 2014 da Af68 @AntonioFalcone1

Claudio Sottocornola

La recente celebrazione da parte di Claudio Sottocornola del decennale delle sue lezioni-concerto sul territorio, attraverso la proposizione di due live (Zanica 12 aprile; Bergamo, 29 aprile, data cui si riferiscono le foto), andati incontro ad un notevole successo di pubblico e stampa specializzata, dei quali ho dato notizia sulle pagine del blog, è stata l’occasione per contattare il docente e performer bergamasco, così da coinvolgerlo in un’intervista a tutto campo, ripercorrendo e condividendo, anche insieme a voi lettori, le tappe di un particolare ed affascinante percorso interdisciplinare.
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Claudio, erano i primi anni ’90 quando decidesti d’entrare in sala di registrazione ed offrire una tua interpretazione di storici brani della canzone italiana, per poi affrontare la sfida delle lezioni-concerto sul territorio, presto abbracciate dal successo, di pubblico e mediatico. Ti va di raccontarci come nacque in te questa decisione? Semplice manifestazione di una passione o hai avvertito ulteriori esigenze, alla luce anche delle tue coeve riflessioni poetiche e filosofiche, che nel frattempo trovavano spazio in vari saggi, senza dimenticare le incursioni nelle arti visive?

“In effetti, si è trattato di un concorso di cause. Insegnando, avvertivo sempre di più i limiti di un pensiero dicotomico, ove vero e falso, bene e male, bello e brutto tendevano a contrapporsi semplicisticamente, mentre io cercavo sintesi, mediazioni, punti di vista inclusivi. Soprattutto nell’ambito della filosofia, trovavo triste che un sistema ne smentisse un altro e che il compito del docente fosse solo quello di farne la cronaca. D’altro lato, come giornalista, avvicinavo in quegli anni i personaggi della canzone e dello spettacolo che avevo amato di più, sin da bambino, da Morandi alla Pavone, da Manfredi ad Albertazzi, dalla Fracci alle Kessler, ed avvertivo nel loro approccio artistico una maggiore possibilità di sintesi, che l’incontro con l’Ermeneutica contemporanea, una rilevante corrente di pensiero del Novecento, ha ulteriormente rafforzato in me.
La conoscenza è sintesi, interpretazione, e come tale si presta ad essere espressa in modo eminente dalla musica, dalla poesia, dall’arte visiva… Entrare in sala di registrazione allora, studiare, reinterpretare i classici della canzone italiana e non, mi ha regalato una prospettiva del tutto nuova, grazie alla possibilità di esprimere nella medesima emissione vocale sentimenti, e dunque approcci sulla realtà, anche contrastanti, ove rabbia, amore, odio e tenerezza potevano esser detti, e dichiarati, con un atto armonico, unitario e rivelativo insieme.
La scelta di utilizzare la voce, e quindi il canto, come strumento privilegiato di espressione, ha poi contribuito a traghettare la mia ricerca poetica, sino ad allora del tutto prioritaria, verso la musica. La visione che però ho della musica – e questo spiega perché prediligo pop, rock e canzone d’autore – è performativa, teatrale, espressionistica: ecco perché ritengo che l’interprete, come la maschera del teatro greco, si costituisca come risonanza dell’essere, e dunque anche attraverso la sua immagine, gestualità, capacità scenica. E questo apparenta musica e arti visive… La lezione-concerto, come sintesi live di elemento critico e performativo, diviene allora per me la manifestazione più tangibile di questo compito, in cui mente, corpo e voce sono un tutt’uno nello sforzo di restituire qualche scintilla dell’essere …”

Una volta che ho potuto assistere via internet alle tue lezioni concerto grazie al recente progetto Working Class, sono rimasto particolarmente affascinato dal legame che hai efficacemente messo in atto fra la musica e la Storia, soffermandoti al riguardo su rivelanti eventi e mutamenti del ’900, tanto su scala nazionale che internazionale. Ora con i due concerti di Hasta Siempre!, volti a celebrare il decennale delle citate lezioni concerto, hai delineato un nuovo incontro, tra le note e la Filosofia. Ci descrivi le diverse modalità di tale particolare confluenza?

“Stabilire una relazione fra le espressioni artistiche e l’epoca storica in cui si manifestano è compito impegnativo ma abbastanza diffuso.
Ed in effetti, la novità più evidente delle mie lezioni-concerto non sta tanto nell’individuare tale relazione, ma se mai da un lato nell’attenzione alla cultura pop, che molti ancora sottovalutano senza rendersi conto che essa si è ormai configurata come il minimo comun denominatore di tutte le manifestazioni culturali più vive, anche se ambivalenti, del nostro tempo, e dall’altro nel “contaminarmene” personalmente attraverso l’esecuzione di canzoni. E’ però a tutti noto quanto siano ancora in discussione le priorità di tale relazione: se cioè canzone, letteratura e arte in genere siano mera sovrastruttura, anche se efficacemente rivelativa, di un’epoca (cui corrisponde la tendenza a leggere sociologicamente e/o storicamente i fenomeni musicali), o al contrario, motore e veicolo del cambiamento e dell’evoluzione, capaci, come voleva Heidegger, di istituire nuove configurazioni di senso (cui corrisponderebbe una lettura filosofico-ermeneutica degli stessi fenomeni). Poiché amo la sintesi, è ovvio che non vedo contrapposizione fra i due approcci: da un lato, l’espressione artistica è “condizionata” dal proprio tempo, dall’altro è profeticamente aperta a generare il nuovo, e le proporzioni di ciò sono da analizzare caso per caso.
Le mie lezioni-concerto di Working Class, prima sul territorio poi in Dvd e in Rete, sono state caratterizzate dalla sottolineatura di confluenze fra la Storia e la musica, evidenziando l’affinità di atmosfere fra la cronaca, la politica, il costume giovanile e sociale di un’epoca e il mondo della canzone pop-rock, mentre con Hasta siempre! l’accento è spostato sulla iconicità di cantanti, autori e musicisti, che diventano paradigmi di un’epoca nell’orizzonte della trasfigurazione mitica, come sarebbe piaciuto al Vico. Siamo quindi più vicini ad una analisi di tipo ermeneutico-filosofico, orizzonte che del resto mi ha sempre caratterizzato in questa mia attività di lezioni-concerto, ma che ora emerge in modo più evidente e viene esplicitamente dichiarata. Come emerge anche la mia affinità con il mondo della pop filosofia che, pur con tutti i suoi limiti, ha il merito di interrogarsi a partire dai dati del quotidiano e dell’attualità, per esempio media e web, più che dalla teoria filosofica stessa” .

Credo sia possibile individuare, correggimi se sbaglio, un legame fra la sopra descritta nuova proposta musicale e il tuo recente saggio mémoire Stella Polare, nelle cui pagine ti interroghi sulla crisi del contemporaneo analizzando i vari mutamenti, culturali e nei valori, avvenuti nel corso di questi ultimi anni sino alla situazione attuale. Riprendendo il titolo di un tuo recente intervento alla libreria laFeltrinelli di Bergamo, “quale direzione, quale canto” può, rispettivamente, intraprendere ed intonare un’umanità che appare sempre più scettica e smarrita?

“Credo che il cammino dell’uomo, come si configura nell’esperienza della crescita individuale ma anche nel divenire storico globale, proceda e riesca a motivarsi autenticamente solo nella direzione della universalità e del trascendimento del proprio io empirico, e che i diversi sistemi culturali, religiosi, etici, filosofici, estetici e relazionali siano un tentativo di realizzare ciò, in rapporto al proprio spazio-tempo … Mi si potrebbe obiettare che guerre, conflitti e diseguaglianze smentiscono almeno in parte tale approccio, ma in realtà credo che esse rivelino più che altro la parzialità e limitatezza con cui invece lo perseguiamo (anche il belligerante infatti si sente parte di qualcosa che lo trascende, magari una patria, solo che non è in grado di includere il “nemico” in tale senso di appartenenza, almeno sino alla fine del conflitto). La frammentazione dell’epoca in cui viviamo, dove non pare più possibile condividere valori, se non generici e in modo transitorio, impone quindi un ripensamento dei sistemi valoriali sino ad ora efficaci nel tradurre tale desiderio di universalità. E’ sotto gli occhi di tutti che il cambiamento più rilevante del nostro tempo, in termini ermeneutici, e cioè di comprensione profonda di noi stessi e del mondo, è costituito da una globalizzazione, che mette a contato in modo immediato culture, civiltà, popoli e religioni prima distanti, obbligandoli a scegliere fra una sintesi possibile o la totale indifferenza. Di solito, con qualche distinguo, si preferisce la seconda opzione, si procede come binari paralleli destinati a non incontrarsi mai…
Ma viene il tempo che ciò non sarà più possibile, e allora sembra opportuno, ancorché saggio, tentare di elaborare nuovi paradigmi di comprensione e dialogo, nel segno della maggior inclusività possibile. Questa mi sembra la direzione ineludibile ma anche praticabile. Naturalmente ci vorranno forse più generazioni perché ciò dia frutti visibili e duraturi, ma sin da ora occorre assumere un paradigma ermeneuticamente aperto e disponibile all’incontro. Cito dal mio Stella polare: «Parole d’ordine, direzioni praticabili e percorribili: pensiero divergente e prospettico, sapienza ermeneutica, ma anche assimilazione, laddove non basta identificare la forma di una virtuale interpretazione, ma empaticamente occorre coglierne il mythos di riferimento come degno e amabile, ancorché eventualmente così lontano, così diverso dal nostro, perché abbia luogo un’esperienza di condivisione, e quindi di tensione all’unità, che è poi aspirazione all’universalità, il luogo, come voleva Kant, della perfetta proporzione tra virtù e felicità». Le mie lezioni-concerto, il mio fare musica on the road, così bello e faticoso insieme, è proprio un tentativo di parlare, anche attraverso le canzoni, eludendo il racconto ideologico in favore dell’approccio ermeneutico, e quindi cercando di realizzare un’esperienza estetica aggregante, condivisa, non conflittuale ma semmai in grado di trasfigurare i diversi punti di vista nella ricerca di una possibile armonia”.


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