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Menù per PRANZO della BATTITURA DEL GRANO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio '900 (Romagna)

Da Patiba @patiba1

La trebbiatura è l'attività conclusiva del raccolto consistente nella separazione della granella del frumento e degli altri cereali dalla paglia e dalla pula.

La battitura terminava per S. Lorenzo (10 agosto). Spesso il lavoro era accompagnato da canti popolari, appresi e tramandati oralmente. Finito il lavoro, la sera si faceva grande festa.

La festa più caratteristica della campagna romagnola era quella della sfujareja, a settembre. Dopo la raccolta del granoturco o mais avveniva la spannocchiatura sull'aia. Era un evento cui partecipavano tutti i membri della comunità.

Le fasi della trebbiatura possono essere riassunte in:

  1. Battitura della fascina di grano;
  2. Separazione della paglia dalla granella tramite la ventilazione e scuotitura della paglia;
  3. Concia del grano:
  4. Raccolta del grano nel contenitore in legno posizionato nella parte anteriore bassa.
Wikipedia
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Menù

Minestre
Spaghetti asciutti o Tagliatelle asciutte o maccheroni asciutti o  riso asciutto
Pietanza nel Ravennate

Pollo alla cacciatora con
piselli freschi o patate in umido
Pietanza nel Forlivese Cotolette in umido con piselli freschi o con patate in umido Formaggi di Romagna
Ricotta e di vacca
Frutta

di stagione
Dolce
Ciambella   Pollo alla cacciatora Un pollo, 300 grammi di prosciutto, 25 grammi di burro, 100 grammi di pomidoro, olio, cipolla, sale, pepe, 3 bicchieri di vino nero secco e alcune foglie di alloro. Mettere in una casseruola l'olio, il prosciutto tagliato a dadi, la cipolla tritata e fare rosolare. Tagliare a pezzi il pollo pulito dalle interiora, infarinatelo ben bene e riporlo entro la casseruola suddetta. Salare e pepare il pollo e farlo rosolare aggiungendo vino nero secco e pomidoro tagliati a pezzi. Profumare il tutto con le foglie di alloro che verranno tolte alla fine della cottura. Versare un po' di brodo e lasciare cuocere il pollo a fuoco lento fino a cottura completa.

Cotolette in umido (per 6 persone) Fate colla carne sei grosse bistecche. Tritare 200 grammi di prosciutto e unitelo a due uova e ad una cucchiaiata di formaggio pecorino. Impanare le bistecche passandole più volte in ovo, pangrattato e nel composto suddetto. Friggere le cotolette in padella con grasso bollente e riporle in un tegame con abbondanti pomidori freschi e ben maturi, tagliati a pezzi e con due bicchieri di vino nero secco. Salare e pepare e profumare di alloro e basilico che verranno tolti alla fine della cottura e lasciare insaporire il tutto per venti minuti. Le cotolette si possono fare con carne di bovino, di suino, di coniglio, di tacchinio, di pollo e di anatra.
Ciambella (leggi)
  • da "Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare": Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

***

I momenti principali dell'anno erano scanditi da usanze molto sentite dal popolo.

  • Febbraio: il 2 febbraio è il giorno della Candlóra (Candelora). Scrutare il cielo indicherà come sarà il tempo in primavera. Il proverbio dice: Madòna Candlóra, che neva o che pióva, da l'invéran a sem fòra; e se sta e' sulatël, un gni è incora un msarël (Madonna Candelora, che nevichi o che piova, dall'inverno siamo fuori, se c'è anche un pallido sole, l'inverno durerà ancora un mese). La Candlóra è associata alla festa della Purificazione di Maria. In chiesa si benedicono le candele, che vengono distribuite alle famiglie,
  • Gli ultimi tre giorni di febbraio e i primi tre di marzo si fa Lôm a mèrz (luce a marzo) con l'accensione dei grandi fuochi (al fugarèn) per propiziarsi quel mese, caratterizzato da un tempo molto incerto. Alla fine della stagione fredda i contadini accatastavano in un ampio sterrato gli sterpi, i rami secchi e i resti delle potature. L'ultimo giorno di febbraio, da tutte le case si elevava un grande fuoco con il materiale bruciato. Se il fumo andava verso la collina era di buon auspicio (significava che i prodotti, abbondanti, avrebbero dato una mano ai montanari). Si faceva a gara a chi produceva il falò più alto di tutti Un'altra usanza propria del mese di marzo erano i Fuochi di San Giuseppe. Questi falò illuminavano le notti tra il 18 e il 19 marzo, in coincidenza con la data dell'equinozio. Anche questa celebrazione aveva intenti purificatori e propiziatori.
  • Marzo: a fine mese, attorno al 25 marzo (Madòna d'j garzòn) arrivava il momento della semina della canapa.
  • Maggio: Sânta Cròs (croci propiziatorie). Un mese dopo la Pasqua i contadini ricordavano la solennità della Santa Croce. La mattina del 3 maggio confezionavano, a digiuno, sottili croci di canna. Dopo avervi legato un ramoscello d'ulivo (benedetto la Domenica delle Palme), le piantavano in mezzo al campo per proteggere il raccolto, che era sulla via della maturazione, dalle intemperie. Il 3 maggio era ritenuto adatto anche per la tosatura delle pecore. Lo testimoniano alcuni detti popolari della Bassa: Par Sènta Crosa pigra tosa (Per Santa Croce pecora tosata) e Par Sènta Crosa ciàpa al tusur e tosa (Per Santa Croce prendi le forbici e tosa).
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< Contadini al lavoro: mietitura tradizionale all'inizio del Novecento.    
  • Con l'inoltrarsi della bella stagione andavano a maturare le coltivazioni. I contadini erano impegnati nei seguenti lavori:
  • grano: mietitura e trebbiatura (batdùra);
  • granoturco: raccolta e sfogliatura delle pannocchie (sfujareja o spanucèda);
  • vite: vendemmia.

La battitura terminava per S. Lorenzo (10 agosto). Spesso il lavoro era accompagnato da canti popolari, appresi e tramandati oralmente. Finito il lavoro, la sera si faceva grande festa. La festa più caratteristica della campagna romagnola era quella della sfujareja, a settembre. Dopo la raccolta del granoturco o mais avveniva la spannocchiatura sull'aia. Era un evento cui partecipavano tutti i membri della comunità.

  • Agosto: avveniva taglio delle canne di canapa.
  • Autunno: avveniva la lavorazione della canapa. La fase più importante era la gramolatura. Il nome deriva dall'attrezzo, la gramola per macinare le pannocchie, che veniva azionato a mano. La gramolatura era anche l'evento socialmente più atteso poiché, per tradizione, gli adulti lasciavano questa incombenza ai ragazzi, i quali ne approfittavano per parlare fra di loro e conoscersi. Nascevano anche nuovi amori. La gramolatura andava avanti fino a tarda notte. L'occasione era propizia anche per le proposte di matrimonio. L'espressione T'a m' dé un sciaf ch'a t' dagh un bés è associata a questi momenti, quando un giovane, entusiasta di stare vicino alla propria amata, scambiava il 'no' (schiaffo) per il tanto atteso 'sì'. Le donne di casa eseguivano la cardatura e la filatura durante l'inverno.
  • Novembre: Sân Martén (San Martino). L'11 novembre, ricorrenza del santo, è il giorno che chiudeva l'annata agricola. Si celebravano feste di ringraziamento a Dio per i doni della terra, Sân Martén, oltre a segnare la fine dei contratti agricoli, rappresentava anche l'inizio del ciclo invernale con la svinatura del vino nuovo, la raccolta delle castagne e la macellazione del maiale nelle aie. San Martino portava anche l'appellativo di Sân Martén d'j Bec (San Martino dei becchi). A Santarcangelo di Romagna si celebra tuttora la Fiera dei Becchi, famosa in tutta la Romagna. Un tempo l'11 novembre era riconosciuto giorno festivo anche dallo Stato.
  • A Natale si accendeva in tutte le case un grosso ceppo (e' zoch) di tronco d'albero e lo si lasciava bruciare accanto al focolare. Il ceppo doveva ardere fino al giorno dell'Epifania. La sera del 5 gennaio le tavole venivano imbandite perla cena lauta dell'Epifania, che era di buon augurio per l'anno appena iniziato. Alla cena seguiva la veglia. La veglia non si svolgeva a stomaco vuoto, ma era interrotta da un pasto. Si mangiava una piadina dolce, ricca di conserva di frutta. Un'usanza di questo pasto notturno era la vintura (ventura, sorte). Dentro la piadina l'arzdora aveva messo una monetina (era questa la vintura). Poi la piadina era tagliata a fette e mangiata dai familiari. Chi si ritrovava tra i denti la vintura, era il “lovo”, il mangione della famiglia. Costui conservava gelosamente la monetiva, perché aveva il potere di un talismano. Wikipedia

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