17 NOVEMBRE – Lo posso dire? Posso? Allora lo dico, chiaro e forte: ecchissenefrega! Si, avete letto bene: EC-CHI-SE-NE-FRE-GA! Già, chissenefrega se “Interstellar”, l’ultima creatura del sempre talentuosissimo Christopher Nolan, non rispetta fino in fondo tutti i crismi scientifici; chissenefrega se i dialoghi non sempre sono aderenti all’effettivo “parlato” delle persone cosiddette normali ma risultano in alcuni frangenti un po’ troppo costruiti e irreali (soprattutto in qualche situazione a dir poco estrema e quindi meno incline al “fioretto verbale”); e, infine, chissenefrega se il finale effettivamente non regge al cento per cento o comunque si colloca un gradino sotto il resto del film. Ma davvero vogliamo fare gli “sputini” su una meraviglia del genere? La pellicola che vede il sempre più bravo Matthew McConaghey catapultato ai confini siderali dello Spazio è in poche parole un vero concentrato di emozioni, piccole e grandi. E noi riteniamo che sia questo il vero e unico fine di quest’arte chiamata CINEMA. Che deve si anche saper far riflettere e raccontare storie importanti, coerenti e non paradossali, storie che possibilmente abbiano, fra gli altri, anche qualche fine educativo, perchè no…ma in fin dei conti il cinema è prima di tutto un veicolo comunicativo che deve soprattutto emozionare, perchè senza le emozioni anche il messaggio più suggestivo del mondo, viene dimenticato dopo poco. A volte, fateci caso, anche mentre si sta uscendo dalla sala cinematografica, quando stanno ancora scorrendo i titoli di coda. Le emozioni, quindi, sono il collante fondamentale per chi vuole lasciare ai posteri effettivamente qualcosa. E in fondo se avessimo assistito ad un film scientificamente ineccepibile, ma privo di quel tipo di coinvolgimento emotivo che al contrario “Interstellar” ti regala in abbondanza, beh…probabilmente non ne parleremmo in abbondanza come al contrario stiamo facendo. Le tre ore di film, invece, hanno questa imprescindibile forza e da questa base poi si possono fare tutti i distinguo e le considerazioni del caso.
Le immagini che Nolan riesce a costruire sono di una tale potenza e bellezza – accompagnate peraltro dalle commoventi musiche di Hans Zimmer, un fedelissimo di Nolan – da far passare in secondo piano tutto il resto. Viaggi interstellari, discese all’interno di terrorizzanti buchi neri, pianeti ghiacciati o interamente coperti di acqua, onde gigantesche e navicelle rotanti nel silenzio assoluto dello spazio ci portano in una natura fantasiosa e terribile, magnifica e affascinante che ci ricorda, qualora ce ne fosse bisogno, quanto sia fragile la nostra piccolissima realtà terrestre. Le teorie quantistiche e sulla relatività di Einstein, di cui è impregnato il plot narrativo – nonostante i tentativi continui di spiegare e semplificare sparpagliati all’interno del film – da una parte richiedono uno sforzo enorme di attenzione, ma dall’altra incuriosiscono e stimolano lo spettatore, al punto che, usciti dal cinema, verrebbe quasi voglia di iscriversi seduta stante alla Facoltà di Astrofisica (pensiero che scacciamo immediatamente a causa dei nostri limiti oggettivi) e questo la dice lunga sugli effetti “positivi” di un film che, volenti o nolenti, rimarrà nella storia del cinema. Non solo come uno dei film di fantascienza più belli mai realizzati fino ad ora, ma anche e soprattutto per quell’omaggio, colto più o meno da tutti i cinefili, a quel grande “maestro” che porta il nome di Stanley Kubrick. Si sprecano, infatti, i riferimenti e le citazioni tutt’altro che velate al suo capolavoro “2001 – Odissea nello Spazio”, che all’epoca fece sognare milioni di spettatori fra cui anche il piccolo Christopher Nolan che oggi, a distanza di tanti anni, lo utilizza come imprescindibile modello per questa sua nuova fatica. Non è un caso se i robot, che hanno un ruolo tutt’altro che secondario nel film, hanno tutti l’inconfondibile forma di “monolito nero”, una circostanza che avrà procurato più di qualche brivido lungo la schiena dei fan del regista di “Arancia Meccanica” e “Full metal jacket”.
“Interstellar”, ripetiamo, nonostante la consulenza dell’astrofisico Kip Thorne di cui si è avvalso Nolan, pare non sia privo di qualche incongruenza e forse persino qualche errore scientifico (interessante, in questo senso, un articolo uscito sul Post.it a firma di Phil Plait – Slate), ma commuove per il suo messaggio di “speranza- nonostante-tutto”, il suo inno alla vita e alla capacità tutta umana di rigenerarsi e trovare sempre e comunque una via d’uscita alle soluzioni più estreme. Come quella che vede il pianeta Terra – in un futuro non ben definito, ma non molto lontano da noi – arrivato ormai con poche risorse da offrire all’umanità (curioso che in questi giorni in Italia stia facendo il suo tour per gli atenei Serge Latouche, il filosofo della “decrescita-felice” che teorizza proprio la fine delle risorse a nostra disposizione in non molto tempo), nel frattempo decimata da carestie e cambi climatici innescati dall’Uomo stesso. La soluzione è trovare un nuovo mondo che possa accogliere l’umanità e un manipolo di eroi si ritrova a tentare l’impresa per salvare la nostra specie, a costo dell’estremo sacrificio personale. Ritroviamo in questo senso tematiche già esplorate da Nolan in qualche film del suo recente passato, da “Inception” alla trilogia di “Batman – Il Cavaliere Oscuro” , che in qualche modo hanno preparato il pubblico alla complessissima visione di “Interstellar”.
Oltre a McConaghey, partecipano a questa super-produzione anche altri ottimi attori, capitanati dal “sempre-sul-pezzo” Michael Caine (per il quale, non lo nascondiamo, nutriamo un’antica passione), la bellissima Anne Hatheway (abbonata ormai al taglio “corto” dei capelli che ne valorizza i lineamenti), Jessica Chastain (ormai entrata stabilmente nello star system dopo la sua prova maiuscola nell’altrettanto meraviglioso “Zero Dark Thirty” di qualche anno fa), Matt Damon e il fratello meno famoso di Ben Affleck, Casey (nei panni del figlio dell’eroe), rassegnato al suo destino di morte imminente, al contrario della sorella che segue le orme da scienziato del padre e la cui relazione è il file rouge dell’intero film.
Insomma, l’invito per tutti gli amanti del genere è di non perdersi la visione al cinema di questa meraviglia, perchè solo il grande schermo può rendere giustizia al talento visionario di Nolan. E se alla fine non vi avrà comunque convinto…beh…per una volta ci arroghiamo il diritto di dirvi…ecchissenefrega!
Ernesto Kieffer
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