Mario Monti cita Joseph Schumpeter e striglia, o almeno simula un tale atto di reprimenda, i suoi amici di “salotto” i quali hanno impedito che operasse liberamente, anche sul mercato italiano, il virtuoso principio della distruzione creatrice – concetto cardine, insieme a quello dell’imprenditore innovatore, della teoria economica del pensatore austriaco – precipitandosi a salvare, arroccati dietro il paravento dell’italianità da preservare, imprese decotte e destinate al fallimento. Diciamo che questa affermazione ci può stare, laddove effettivamente ci si è afflitti per società di basso profilo strategico, vedi Alitalia, che hanno drenato risorse pubbliche senza dare buoni risultati, ed anzi distraendo lo Stato in faccende nelle quali si sperperano solo tempo, denaro e forze. Ma se da questo punto di vista il Premier raccoglie qualche consenso, d’altro canto occorre fargli notare che sotto il suo “protettorato” (chiamarlo governo non si può per decenza, sia perché ogni sua azione viene ricalcata su ricette che piovono da fuori: UE, BCE, FMI; sia perché egli stesso non offre soluzioni originali disponendo degli stessi margini di movimento di un delegato sindacale della finanza internazionale) stiamo perdendo asset fondamentali, questi sì di una certa importanza e non svendibili senza rimetterci in libertà e sovranità nazionale, consentendo agli stranieri di conquistare best companies nei settori vitali dell’energia (Edison) o persino di farci minacciare nella proprietà di gruppi legati al comparto della Difesa (Oto Melara o Wass che stuzzicano gli appetiti francesi di Thales). Per non parlare dei favori che l’esecutivo ha concesso alle truppe bancarie cooptando nella sua compagine ex dirigenti e consulenti di vari istituti (primo su tutti Intesa San Paolo) e adottando provvedimenti troppo benevoli verso quest’ultimi. Siamo, pertanto, in presenza di un altro bluff istituzionale che mira a celare il vero ruolo di Monti in questa fase e non aiutano a modificare i giudizi assolutamente negativi quelle iniziative finalizzate a togliere ai poteri forti nazionali la possibilità “di sedere simultaneamente nei cda di banche ed assicurazioni” . Questa prescrizione, riferita alle persone più che alle logiche e ai contesti, è facilmente aggirabile poiché l’idra dominante dispone di molte teste di turco e di contrappesi consolidati che prescindono dai voleri dei singoli individui. I nostri sospetti, invece, crescono esponenzialmente quando sentiamo parlare della rivisitazione della golden share che costituisce l’unico modo per evitare lo shopping a man bassa sui gioielli industriali di famiglia da parte di soggetti esteri. Da un lato Monti ritiene che si deve dare rapidamente una risposta all’Europa la quale ci accusa di sbarrare il campo alla concorrenza con strumenti sleali (ma Francia e Germania si comportano anche peggio), dall’altro il Presidente si fa portavoce di una reciprocità richiestaci unilateralmente mostrandosi disponibile al primo passo verso una maggiore integrazione intercomunitaria dei mercati. Passo che però potrebbe rivelarsi anche l’ultimo prima della discesa nel baratro. Di fatti è allo studio dei tecnici uno strumento che consenta l’altolà alle scalate ostili sulle nostre aziende ma solo se rinvenienti da Stati extraeuropei. Si tratta di una misura inutile tenuto conto che i tentativi di scorribande sul nostro territorio provengono principalmente dai finti amici dell’Ue. Situazione, quindi, che risulta ancor più fuorviante laddove esponenti del gabinetto hanno lasciato trapelare che le loro inquietudini nascono dall’eventualità che potenze economiche e politiche con grandi liquidità come la Cina possano subdolamente insinuarsi, grazie ai loro capitali, nelle compagnie nostrane producenti output sensibili per carpirne i segreti militari. Ma mentre si sostiene ciò ci si rende assolutamente subalterni agli apparati tecnologici e ai sistemi militari statunitensi (vedi il discutibile acquisto degli F35 che ci mette completamente nelle mani di Washington http://www.geopolitica-rivista.org/16382/con-lf-35-litalia-si-mette-nella-mani-di-washington-a-colloquio-con-g-gaiani/). Se attendevate una nuova prova del servilismo dei tecnici, politicamente del tutto idioti anche se con un quoziente intellettivo e professionale elevato, l’avete ricevuta. Infine, come si introduceva all’inizio, Monti non ci convince affatto nemmeno sul versante economico perché si limita ad accettare e tradurre in pratica quel che viene imposto dagli organismi economici internazionali influenzati dagli Usa e secondariamente da altri paesi, ma ovviamente non dal nostro. Il Premier sostiene che non c’è via d’uscita oltre quella proposta da lui perché l’impalcatura finanziaria mondiale si regge su leggi naturali che possono essere governate ma non modificate o disattese. Così camminiamo guardando il cielo delle regole e finendo nel pozzo della storia mentre gli altri si ricamano la legalità economica su misura dei propri interessi geopolitici.