MERCATO DELL’ARTE, QUOTAZIONI ARTE CONTEMPORANEA – Aste e gallerie d’arte, di Cristina Palmieri, Milano

Creato il 08 ottobre 2012 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

LUCIO FONTANA, Concetto spaziale. Trinità, 1966, courtesy Fondazione Marconi Milano

MERCATO DELL’ARTE, QUOTAZIONI ARTISTI , tra aste e gallerie d’arte moderna. Cristina Palmieri per MAE Milano Arte Expo: Il Filo d’Arianna dell’arte contemporanea. > Abbiamo già avuto modo di sottolineare come – in un periodo di importante crisi economica quale quello che ormai da alcuni anni l’economia mondiale sta attraversando -  purtroppo anche il mercato dell’arte, già spesso vittima di naturali oscillazioni, dettate da mode e tendenze, soffra di un fisiologico “tumulto”. Squarci di verità, in queste circostanze, dovrebbero arrivare, o almeno in genere così ci si attende nell’ambiente, dalle aste. Questo perché la libera e pubblica gara fra persone per l’aggiudicazione di un dato bene consente, forse più di ogni altra transazione, di determinarne il valore.

Esistono quindi due mercati paralleli, in ambito artistico: quello delle gallerie e quello delle aste. Quale la differenza sostanziale? Ritengo in primis una di matrice culturale: il ruolo fondamentale, di proposta e orientamento,  sarebbe auspicabile che lo avessero le prime. Sono infatti le gallerie più prestigiose e serie che, in genere, determinano l’affermarsi di nuove tendenze e nuovi artisti, conservando quel compito di “orientamento estetico” che da sempre ad esse pertiene.

In fondo è verificabile che  le maggiori case d’asta cerchino di frequentare le più rilevanti Fiere d’arte internazionali per comprendere quali siano gli artisti che le  gallerie  propongono e a quali prezzi.

Rimane pur vero, però, che gallerie e case d’asta si rivolgono a due segmenti di pubblico, almeno in origine, differenti, poiché dissimile è – storicamente -  la loro genesi.

Quanto caratterizza l’asta è il fatto che, agli opposti di essa, agiscono due diverse figure: un venditore che cerca di ottenere dalla vendita di un bene il maggior profitto, avendolo molto spesso acquisito al di sotto del prezzo di mercato, nonché un acquirente che, ovviamente, cerca di aggiudicarsi tale bene al minor prezzo possibile.

In Italia, soprattutto nel contesto del mercato dell’arte, le aste hanno una storia recente. Questo per una ragione banale e precisa, di matrice fiscale. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, da sempre, chiunque erediti un patrimonio, a maggior ragione cospicuo, si trova a dover pagare imposte di successione così elevate che la maggior parte delle volte, per salvare qualcosa, principalmente  beni che producano un reddito o che non possano essere ceduti, è costretto a vendere mobili, argenteria, libri, opere d’arte.

Ecco perché Christie’s e Sotheby’s ormai da tempo immemore sono le case d’asta più importanti, con i calendari più incalzanti. Ed ecco spiegata la ragione per cui Londra è la piazza del mercato dell’arte più determinante e frequentata.

E’ evidente quindi che, se una casa d’asta mette all’incanto un dipinto di un artista, consegna  al mercato un segnale determinante  circa la sua valutazione.

In un contesto in cui le aste sono ormai  numerose, dovrebbe accadere che,  stabilendo una continua reale concorrenza, vi sia un maggior equilibrio nei prezzi e una diminuzione del rischio di manovre speculative, rendendole più complesse e costose. In realtà è palese a tutti come, soprattutto su alcuni artisti, le speculazioni si siano fatte e si facciano eccome. Da tempo il cliente delle aste non è più solamente  il collezionista in cerca di oggetti o opere particolari, o il mercante in cerca di rarità.  Negli ultimi trent’anni sono entrati in scena senza sosta nuovi investitori, la maggioranza dei quali non strettamente correlati all’ambiente.

MAN RAY, Venus restaurée, 1936-1971, courtesy Fondazione Marconi Milano

Sono comparse le Banche, le istituzioni finanziarie, le Fondazioni, i Musei. La conseguenza, a mio parere, è che molti degli attuali fenomeni artistici (soprattutto epigoni di certo concettualismo) siano stati creati ed imposti a tavolino da precise lobbies finanziarie. Infatti, nel contesto del mercato tangibile, certi nomi (che sicuramente hanno una collocazione nei più importanti musei del mondo) non trovano con facilità riscontro né di interesse, né, tanto meno, di vendita. Se un artista non ha un pubblico (ad esclusione di quello di qualche limitata élite) – quindi, per intenderci, non entra nelle case – qualcosa non torna.

Dall’avvento del nuovo millennio, lo abbiamo accennato,  l’arte contemporanea riscuote maggiore attenzione.  Si creano  operazioni commerciali sempre più dilatate e  costituite da una rete di artisti, critici, musei, gallerie, case d’asta, organizzatori di mostre che la  pongono sotto potenti  riflettori. A questo settore, un tempo di nicchia, fenomeno quasi strettamente culturale, vengono oggi applicati i medesimi strumenti  del marketing, nonché le più efficienti tecniche di  comunicazione, che si sostituiscono a quelli che per decenni sono stati i criteri di imposizione, legati a valori intrinsecamente innegabili da un punto di vista estetico.

La promozione delle opere diventa oggi quasi più importante delle opere stesse, e la moda del collezionismo d’arte contemporanea si estende a macchia d’olio. Innegabile che, in tutto questo, molta parte abbiano avuto e abbiano, appunto,  le case d’asta. Solo in Italia, negli ultimi vent’anni, ne sono sorte (a volte anche scomparse) decine e decine, organizzate e strutturate come moderne aziende.

Le più rilevanti gallerie  fanno così riferimento ad esse per sondare il mercato ed imporre, grazie a precise strategie, artisti come Damien Hirst, Jeff Koons, Maurizio Cattelan. Artisti giovani, non tanto da un punto di vista anagrafico, ma da un punto di vista di opere prodotte .

Questi nomi  sono resi eclatanti, appunto,   dai mercanti  influenti, dai critici più affermati che con essi collaborano, da tutta una summa di operatori del sistema che hanno un’ autorità da un punto di vista di comunicazione mediatica. Questo fa sì che alle aste i loro lavori partano già da prezzi elevati ed eclatanti, in grado di creare un’eco considerevole, sebbene spesso i medesimi  vadano poi, nel contesto dell’asta, invenduti, o acquistati da prestigiosi collezionisti che – a loro volta – hanno peso nel sistema. Ma queste quotazioni, come questi artisti, in che misura esistono davvero?

Concludendo, e – ovviamente – semplificando, possiamo affermare che le case d’asta rappresentano  il luogo ideale dove la domanda e l’offerta si incontrano.  Ma sono anche la realtà con il maggior potere, oggi, di garantire la commercializzazione e la circolazione delle opere d’arte, dal momento che il più delle volte  sono in grado di anticipare  i segnali delle tendenze di mercato. Se l’interesse del pubblico è alto, può accadere che il prezzo di aggiudicazione del bene artistico sia superiore alla quotazione riportata sul catalogo d’asta. Questo  è il primo e più chiaro riscontro di un incremento delle quotazioni ed è l’esempio più palese di quanto le aste siano in grado di anticipare  le loro fluttuazioni.

CRISTINA  PALMIERI

per informazioni, domande e richieste di consulenza: cristina.palm@libero.it

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MAE Milano Arte Expo -milanoartexpo@gmail.com- ringrazia Cristina Palmieri per la rubrica Il filo di Arianna dedicata alle quotazioni, al mercato dell’arte contemporanea e al collezionismo e, per questo articolo, la Fondazione Marconi di Milano per le immagini delle opere Concetto spaziale di Lucio Fontana e Venus restaurée di Man Ray .

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