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Mercificare la Cultura “sfiducia” gli italiani

Creato il 29 gennaio 2011 da Lalternativa

Con 324 no, 292 sì e 2 astensioni si è così concluso, in un’atmosfera che sapeva di farsa, il voto sulla sfiducia contro il ministro della cultura Sandro Bondi. In Aula numerosi assenti (veri e presunti) e due astenuti (freschi di compravendita). Mai fidarsi di strumentali e schizofreniche azioni politiche il cui unico risultato, certo e prevedibile, è la banalizzazione di ogni tipo di discussione.

Bondi è colpevole, ma non è il solo. L’ingente taglio dei finanziamenti ai Beni Culturali (tre miliardi tra il 2008 e il 2013) è causa del degrado in cui riversa tristemente la maggior parte del nostro patrimonio, ma anche effetto di una politica culturale governativa che già da molti anni – troppi – pospone la redditività culturale alla redditività economica.

All’imperativo di conservazione – “categorico come l’imperativo morale” (Brandi) – corrisponde da anni il meticoloso svuotamento delle soprintendenze, tra pensionamenti e mancate assunzioni di personale tecnico, direttivo e dirigenziale. A questo si aggiungono le continue ingerenze che l’amministrazione dei beni culturali è costretta a subire.

Emblematico il ruolo assunto nel 2002 dal Ministero dei Lavori Pubblici (attualmente delle Infrastrutture e dei Trasporti), con la cosiddetta Legge Merloni (recentemente abrogata dal d.P.R. n.207 del 2010). La legge, pur riguardando sostanzialmente gli appalti pubblici, introduceva una nuova regolamentazione in materia di restauro dei beni culturali, mobili e immobili, inserendo questi ultimi nelle “Categorie di opere generali e specializzate – strutture, impianti e opere speciali” (art.107, d.P.R. n.207/2010), quasi esautorando il Ministero per i Beni Culturali di una delle sue principali competenze.

Nel frattempo le nostre Scuole di Alta Formazione in materia di restauro, legate al Ministero, afflitte dalla esiguità dei fondi, diventano sempre più elitarie o costrette a trasformare il proprio statuto giuridico (Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro- ex ICR, dal 2007 organo del Ministero dotato di autonomia speciale). Nullo è il confronto tra il Ministero e l’Università.

Ulteriore conferma di questa svolta economicista del dibattito culturale, è la recente invenzione di una Direzione generale per la Valorizzazione, affidata a Mario Resca – dirigente d’azienda, sino al 2007 Presidente e amministratore delegato di McDonald’s Italia – che ha avuto la leggerezza di parlare dei nostri musei in termini di “Profit-making”: Arte ridotta a prodotto di consumo.

In preda ad una evidente confusione semantica, il concetto di valorizzazione è diventato sinonimo di sponsorizzazione pubblicitaria: la riscoperta del nostro patrimonio e del suo valore affidato a brevi spot nei quali si intima di tornare a visitare i nostri capolavori “altrimenti li portiamo via”, il tutto condito da un rumoroso sottofondo di elicotteri e gru (che dire, la realtà supera di gran lunga la fantasia!). E nell’ottica di una spettacolarizzazione della cultura si punta su veri e propri brand culturali, Colosseo, David di Michelangelo e il Cenacolo di Leonardo, in barba alla ‘tutela e promozione delle minoranze’.

Mai si era vista, in Italia, una tale ignoranza del valore culturale del patrimonio, un tale disprezzo per la sua funzione sociale e formativa, una simile riduzione dell’arte a pura merce. Risultato: stiamo letteralmente consumando senza pensiero il nostro patrimonio.

Insomma, per dirla con Settis, “quella in favore del nostro patrimonio culturale non è una battaglia né di destra né di sinistra (almeno non di questa destra né di questa sinistra): è una battaglia di civiltà”.
Freschi di celebrazioni per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, non farebbe male ripensare alla nostra secolare tradizione culturale, giuridica e istituzionale: l’Italia, prima di ogni altro Paese al mondo, ha avuto coscienza del profondo legame che intercorre tra la propria storia culturale e la propria identità civica.
Una storia lunga e coerente che ha trovato la sua massima affermazione in uno dei principi cardine della nostra Costituzione, l’art.9: “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione”. L’art.9 rientra tra i “Principi fondamentali”, esso giustifica “il richiamo, che ha valore speciale per l’Italia, ad uno stato di cultura e tutela dell’eredità di storia e bellezza del nostro Paese” (Così il Presidente Ruini nella seduta dell’Assemblea costituente del 22 dicembre 1947).

Il nostro patrimonio è innanzitutto un nostro prodotto, un prodotto culturale, elaborato da una “civiltà che ha valorizzato singoli monumenti grandi e piccoli, come parte di un insieme incardinato nel territorio, di una rete ricca di significati identitari…e questa cultura ha in primo luogo garantito in Italia la conservazione dei monumenti più che altrove.” (Settis)
Mi chiedo, se non fosse stata “Pompei” a crollare? Il clamore suscitato è l’eccezione al silenzio e l’indifferenza di tante coscienze sopite.

Nell’ambito dei “beni e delle attività culturali” la decostruzione sistematica di valori e funzioni e l’abuso legittimato si pongono, invece, come una regola piuttosto che l’eccezione.
Ed ecco l’ennesimo esempio: http://www.firmiamo.it/no-alla-legge-per-l-istituzione-della-guida-nazionale

Claudia Liturri


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