Mercurio al centro di uno sciame meteorico

Creato il 15 dicembre 2014 da Media Inaf

Crediti: NASA

Mercurio, il primo pianeta del Sistema solare e il più vicino al Sole, sta passando un periodo davvero movimentato trovandosi, almeno come affermano i dati inviati dalla sonda della NASA MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging), nel mezzo di una pioggia di meteore. Questo evento, comune anche attorno al nostro pianeta, è probabilmente associato al passaggio di un asteroide o di una cometa e alla sua scia di detriti, polveri e gas: le particelle più piccole di polvere, roccia e ghiaccio subiscono l’influenza della radiazione solare che le spinge lontano creando la famosa coda della cometa (che appunto è visibile solo durante l’avvicinamento al Sole). I pezzi più grandi, invece, si depositano lungo tutta l’orbita della cometa creando moteoridi sempre più grandi.

«La possibile scoperta di una pioggia meteorica su Mercurio è davvero emozionante e particolarmente importante perché l’ambiente di plasma e polvere attorno al pianeta è relativamente inesplorato», ha detto Rosemary Killen, una planetologa presso il Goddard Space Flight Center della NASA nel Maryland, e autrice principale dello studio pubblicato su Icarus. Nello specifico, la NASA parla di Encke, la seconda cometa periodica ad essere denominata dopo la ben più celebre cometa di Halley. Si tratta di un oggetto di circa 2/3 chilometri di diametro che termina la sua orbita attorno al Sole ogni tre anni e mezzo. Encke genera durante l’anno due sciami meteorici visibili dalla Terra, le Tauridi di novembre e le Beta Tauridi tra giugno e luglio.

Come detto, il fenomeno degli sciami di meteore si verifica anche attorno alla Terra. Durante le notti estive spesso può capitare di vedere, soprattutto se il cielo è limpido, una pioggia di meteore (le famose Perseidi) generata da una cometa che passa. MESSENGER ha dimostrato che le rocce che sta incontrando Mercurio non sono poi molto diverse da quelle che sfrecciano attorno alla Terra, anche durante l’inverno (come lo sciame meteorico delle Geminidi, che hanno raggiunto il loro picco lo scorso weekend e che derivano dai frammenti lasciati dall’asteroide 3200 Phaethon). Tuttavia, l’impatto visivo è diverso su Mercurio, a causa del picco di calcio che viene prodotto quando passa una cometa nelle “vicinanze” dell’esosfera, quel sottile strato a bassa densità di particelle e che, quindi, contiene solo atomi leggeri (tracce di idrogeno, elio, ossigeno, sodio, calcio, potassio e vapore acqueo). Le misurazioni effettuate dal Mercury Atmospheric and Surface Composition Spectrometer a bordo di MESSENGER hanno rivelato picchi stagionali di calcio che si sono verificati regolarmente nel corso dei primi nove anni (la sonda ha iniziato in orbita attorno al pianeta nel marzo 2011).

Per i ricercatori della NASA, l’aumento regolare di calcio è provocato dall’arrivo di un’enorme quantità di particelle di polvere che colpiscono il pianeta lasciando libere molecole di calcio. Si tratta di un processo (si chiama evaporazione da impatto) che permette il rinnovo dei gas e delle particelle nell’esosfera. Gli esperti però dubitano che da sola la polvere interplanetaria presente nel Sistema solare interno possa provocare picchi periodici di calcio. Per questo le responsabili sono le comete e i loro detriti.

Pensate, quindi, a Mercurio come a un’enorme “aspirapolvere” spaziale, un pianeta che attrae polvere e detriti. Joseph Hahn ha spiegato: «Il pianeta è sotto assedio costante da polvere interplanetaria e poi passa regolarmente attraverso questo altro tempesta di sabbia, che riteniamo sia da cometa Encke. «Il pianeta è sotto l’assedio costante della polvere interplanetaria e poi passa regolarmente attraverso questa tempesta di sabbia, che riteniamo provenga dalla cometa Encke». A sostegno delle loro ipotesi i ricercatori hanno portato delle dettagliate simulazioni al computer. Tuttavia, i dati sui picchi di calcio raccolti dalla sonda MESSENGER sono leggermente diversi dai risultati delle simulazioni, questo a causa della forza gravitazionale di Giove e di altri pianeti che ha cambiato leggermente l’orbita della cometa.

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni