Meritocrazia parola abusata nel DDL #Buona scuola

Creato il 13 maggio 2015 da Pedagogika2
IL DDL della #Buona scuola si propone di assumere dal prossimo anno a tempo indeterminato 150000 docenti precari e tra due anni 40000 nuovi docenti assunti tramite concorso con un investimento a regime di 4 miliardi all’anno. L’obbiettivo dichiarato è quello di dotare le scuole di tutti gli insegnanti di cui hanno bisogno ed eliminare la “supplentite”. L’obbiettivo di stabilizzare i precari può avere senso perché non è colpa loro se per anni sono stati tenuti a bada con  mezze promesse facendogli frequentare scuole di specializzazione , senza mai stabilizzarli. Il loro numero abnorme e crescente pende come una spada di Damocle sulla speranza di concorsi futuri perché la “stabilizzazione” è sempre in agguato ( come dimostrato da questa riforma ). Ma stabilizzarli tutti in una volta è sbagliato. Intanto perché un numero di supplenze brevi sarà sempre necessario visto che gli insegnanti di ruolo non si possono spostare a metà anno e , soprattutto alle medie e alle superiori ci sono sempre dei buchi da riempire. Ma, soprattutto, l’obbiettivo deve essere anche quello di incidere drasticamente sulla qualità del corpo insegnante creando un cammino , prevedibile, affidabile e meritocratico per l’accesso all’insegnamento che attragga i migliori. E questo è possibile solo avendo ogni anno dei concorsi che però sono poco credibili se si stabilizzano in un solo anno 150000 precari che equivalgono a 6 anni di turnover di 20-30000 insegnanti che ogni anno vanno in pensione. Contrariamente a quanto sostiene la riforma , la scuola italiana non ha bisogno di molte risorse aggiuntive , perché , anche dopo i “tagli “ il rapporto Insegnanti- studenti è più alto della media OCSE. Quanto alla meritocrazia , la riforma lascia molto a desiderare . Sulla selezione , perché i concorsi sono incerti e quindi si riduce la possibilità di attrarre i migliori. Sui 150000 un po’ di meritocrazia ci sarebbe. Per gli altri 600.000 insegnanti, per i presidi e per le scuole, l’obiettivo di più meritocrazia si perde. Secondo le linee guida della riforma, gli insegnanti dovrebbero avere stipendi differenziati, ma l’unico criterio concreto appare essere quello dell’aver frequentato dei corsi di specializzazione, che in Italia si sono sempre rivelati di scarsa utilita’ formativa. Le scuole verranno invece valutate in base ad una non meglio precisata “autovalutazione”. Cosa se ne fa il ministero con la valutazione delle scuole, poi, non e’ chiaro. Esistono paesi che hanno ottimi sistemi educativi ma non valutano le scuole e non differenziano gli stipendi degli insegnanti per merito. Ma ci riescono perchè puntano moltissimo sulla selezione all’ingresso degli insegnanti, una professione che attira i migliori laureati, e su una vera formazione, fatta in classe da insegnanti esperti e non attraverso corsi di aggiornamento. Proprio le due leve che questo decreto sembra ignorare o addirittura penalizzare, come avviene per la selezione attarverso concorsi. Inoltre la riforma punta proprio ad assumere quei precari storici, tra i quali esiste un numero immenso di "vecchi diplomati" anche "non abilitati", il cui unico merito è quello dell'anzianità anagrafica. Si aggiunga il fatto che, se va in porto il progetto di rete di scuole, un insegnante "di ruolo" può passare (per le supplenze) da un grado ad un altro di scuola, sia inferiore sia superiore anche senza titolo. Un esempio: un docente di liceo di matematica può supplire un docente di primaria o addirittura infanzia senza titolo per queste e viceversa, questo non mi senza che possa essere un progetto che punti veramente né sulla qualità né su quello della meritocrazia. Per gli altri bisogna valutare scuole e insegnanti. E farlo sulla qualita’ dei risultati, misurati in modo oggettivo, non su parametri burocratici o potenzialmente fasulli. Dovremmo rilanciare un metodo nuovo di valutazione dell'operato della scuola che tenga conto di diversi parametri ad esempio, io proporrei di prendere in considerazione, l'effettivo rispetto dei POF e dei PEI, l'effettivo svolgimento di tutti i progetti educativi e formativi proposti dalla scuola, il successo dello studente nei gradi scolastici successivi, la effettiva compartecipazione educativa tra scuola e famiglia e,dotarci di un ispettorato serio e usare i risultati su questi parametri almeno per dare trasparenza alle famiglie sulle valutazioni delle scuole, prima ancora di pensare a diffrenziare gli stipendi agli insegnanti e i fondi tra le scuole. Ma di questo ,nonostante l’obiettivo della trasparenza sia citato, le linee guida non parlano affatto.Il dubbio che emerge è che l’obbiettivo politico sia il leit motiv dietro questa riforma . Che verrà applaudita dagli insegnanti e dai sindacati.Il “patto tra insegnanti, scuole e famiglie” di cui parla la riforma rischia di peggiorare ulteriormente la disoccupazione giovanile nel nostro paese e la qualità della formazione scolastica.Forse si dovrebbe smettere di meritocrazia, parola abusata e tanto di moda, e parlare invece di meritorietà dove il  merito è il  criterio di selezione e attribuzione del potere tra persone e gruppi e merito come criterio di verifica di una abilità o di un risultato conseguito. 

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