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Merloni, sorpresa! il tribunale entra in azienda e trova l’amianto…

Creato il 09 aprile 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

merloniSopralluogo in stabilimento del perito nominato dal giudice dopo la denuncia dello Studio legale Federici

di Stefania Piazzo

Il Tribunale fallimentare di Ancona, accogliendo l’istanza del Comitato dei lavoratori (non del sindacato, che di istanze non ne ha presentate e che, anzi, si è costituito parte civile a favore della Merloni) è entrato negli stabilimenti ex Merloni, ed  ha trovato amianto, linee di produzione ferme, bloccate dalle ragnatele, circondate ancora dalle fascette del brand Merloni, nonostante la cessione risalga al dicembre 2011. Lì, non ci ha lavorato più nessuno. O meglio, una trentina di lavoratori, “diversi dei quali sindacalisti e tesserati Triplice, quella stessa che ha firmato l’accordo della vendita ora sotto il giudizio della magistratura e che si è costituita addirittura dalla parte della Merloni in sede giudiziaria, contro le istanze avanzate e accolte dal giudice Ragaglia, presentate dal Comitato dei lavoratori metalmeccanici rappresentato dallo Studio legale Federici e dalle banche creditrici, che avevano dato credito per 980 milioni per un piano di rilancio. Quale?”.

L’evento ispettivo e di sopralluogo raccontato dall’avv. Rosa Federici è a tutti gli effetti un fatto storico. L’8 aprile si è consumato uno degli atti più importanti della vertenza che vede due fronti contrapposti: da una parte la Triplice con l’azienda, e dall’altra, appunto i lavoratori costituitisi in Comitato che non hanno visto chiaro nella cessione e nelle operazioni di cassa integrazione, esattamente come la cordata di banche che ora reclama indietro il credito di quasi un miliardo di euro. Per un nulla di fatto.

La tappa successiva, quella definitiva, è il 23 maggio prossimo, quando, anche proprio sulla scorta della verifica ispettiva del Ctu nominato dal tribunale grazie all’istanza di Comitato e banche, dirà se la vendita va annullata o meno, perché illegittima o corretta. Se vendere per poco più di 10 milioni di euro fosse congruo e di conseguenza capire come mai furono incassati 980 milioni delle banche, per fare cosa?

Amianto in stabilimento, si diceva. E solo una trentina di lavoratori, in buona parte sindacalisti e tesserati della Triplice dentro la Merloni di Nocera. E poi, ancora, ragnatele, targhette distintive della Merloni nonostante il passaggio al nuovo acquirente dal dicembre del 2011, come raccontato dal legale che ha partecipato al sopralluogo assieme a Gianluca Tofi responsabile del Comitato lavoratori, Franco Frate, dello stesso Comitato, dal Ctu dr. Luca Mandrioli, dal perito di parte, ing. Morettini, dall’avv. Simona Romagnoli, in rappresentanza delle banche che pretendono la restituzione del denaro.

Tre gli stabilimenti oggetto del sopralluogo espressamente autorizzato e voluto dal Tribunale: Nocera Umbra, dove sono stati rinvenuti elementi di amianto e fibra di vetro, alla portata dei lavoratori; Santa Maria a Fabriano, anche in questo sito presente l’amianto, dove è stata appurata l’inesistenza di unità operative, semmai abbondanti i segni di polvere e ragnatele sulle linee di produzione, accanto ai segni distintivi dei prodotti dell’Antonio Merloni, come se nulla avesse cambiato casacca dal dicembre 2011 ad oggi, dopo anni di avvenuta cessione.

Il quadro non muta nello stabilimento di Maragone: fabbrica fantasma, dove doveva essere prodotta la ricambistica, nessuno ricambia. La ricambistica così non è più neppure in commercio.

Momenti di tensione tra il Comitato e il direttore dello stabilimento si sono avuti a Nocera, quando Gianluca Tofi ha fatto notare come non vi fossero operai in produzione bensì più che altro impiegati. “Stiamo rubando lo stipendio?”, reagiva il direttore.. “No – replicava Tofi – faccio solo notare che noi non lavoriamo più, altri sì”.

E non si lavora più, nonostante gli accordi e il silenzio sindacalpolitico umbro. Che non ha avuto la forza di scavare per la ricerca della verità.

Ora la consulenza tecnica servirà al giudice per capire se la produzione sia stata o meno azzerata. Nel guado si trova anche l’imprenditore Porcarelli che, intervenuto a Fabriano nel corso di uno dei sopralluoghi, ha lamentato di essersi dovuto fermare perché le banche non aprendo nuovi crediti, hanno causato lo stop dell’attività. “Avanzando – spiega l’avv. Federici – qualche domanda. Se svendere non è servito alla fin fine a far riprendere l’attività, se svendere è servito a far morire l’azienda, è fantaimprenditoria pensare che vi sia un terzo acquirente pronto a raccogliere i cocci, dopo che il subentrante è stato sfiancato? Sono solo illazioni?”.

E’ ovvio che la procedura lascia una serie di pesanti lacune, la svendita della Merloni non è servita a ciò che contrattualmente era stato previsto, ovvero l’attività produttiva.

Nei giorni scorsi in diretta su Agorà, su Rai3, tutta l’Italia ha visto alcuni cassaintegrati umbri, alcuni dei quali ex Merloni, accanto ad alcuni dei loro sindacalisti e alla presidente della Regione Umbria. Si è parlato di crisi, di recessione, di consumi in calo. Nell’annuncio del collegamento da Nocera si è parlato di fallimento della Merloni. Non è così. La Merloni non è fallita, è stata posta in amministrazione controllata, ceduta sulla base di un piano di rilancio… Ma sulla vendita per due lire, sull’amianto in azienda, sul procedimento in corso presso il Tribunale sulla legittimità della vendita sottoscritta da chi era dall’altra parte dello schermo, non una parola.

Forse perché l’istanza non l’hanno presentata, come sarebbe stato più ovvio che fosse, i sindacati?

Tanto, basta attendere il 23 maggio prossimo. Chi ha avvallato quegli atti, ponendosi dall’altra parte del Comitato dei lavoratori, chi sta rappresentando oggi?

E ora un po’ di cronistoria.

IL CROLLO DEL MURO. L’ORDINANZA

E’ il 30 luglio 2012. La svolta che cambia il destino della vicenda Merloni arriva non grazie alla Regione Umbria né grazie alle sigle sindacali, bensì attraverso due denunce, quella del Comitato dei lavoratori metalmeccanici rappresentati dallo Studio legale Federici e quella delle banche creditrici che avevano finanziato il rilancio aziendale con un prestito di 950 milioni di euro alla Merloni in cambio della promessa che il livello occupazionale sarebbe stato mantenuto. Nell’accogliere le loro istanze, il giudice fallimentare del Tribunale di Ancona accoglie le loro richieste per l’annullamento della vendita.

Dopo mesi di indagini, il 23 maggio prossimo il Tribunale emetterà una sentenza storica che deciderà sull’annullamento che rimette in discussione l’intera operazione che portò a:

- cassaintegrare 1.700 dipendenti, nonostante Merloni avesse incassato i 950 milioni delle banche promettendo di conservare l’azienda produttiva

- cessioni in blocco di tutte le aziende di Antonio Merloni alla QS Group di Porcarelli per 17 milioni di euro contro un bene del valore di almeno 180 milioni di euro, così come da stime sia del Tribunale di Ancora che di periti del Tar, che si era pronunciato su ricorso delle banche

- credito delle banche di 950 milioni di euro alla Merloni per il rilancio mai avvenuto dell’azienda

Sia l’accordo di vendita che la cassa integrazione, erano state avallate e sottoscritte dai sindacati della Triplice e dalla Regione Umbria e inizialmente dal Tribunale di Ancona sulla base delle relazioni dei commissari liquidatori, oggi tutte impugnate dallo stesso Tribunale che li aveva nominati.

Il Comitato dei lavoratori si costituisce infatti perché non ritiene che dietro le operazioni vi sia chiarezza e non sentendosi rappresentato dalle sigle sindacali ufficiali, chiede di essere rappresentato legalmente da un soggetto terzo, per far valere davanti alla legge i diritti che si ritengono siano stati lesi, con dolo e imperizia. La cassa integrazione è ritenuta infatti illegittima dallo Studio Federici, poiché non c’è stato un calo di produzione economica ma Merloni ha deciso di non prendere più ordini così da chiedere il ricorso alla cassa integrazione.

Il giudice del tribunale fallimentare di Ancona, Edi Ragaglia, accogliendo così l’istanza di banche e lavoratori, dispone subito gli accertamenti e nomina un ctu dandogli potere di verificare gli atti e di ispezionare le carte. Si apre un fronte civile, ma contestualmente lo Studio Federici ne apre uno altrettanto importante attraverso le querele e le documentazioni sui danni da amianto dei lavoratori del Comitato. Viste le carte dello Studio Federici, il magistrato del Tribunale di Perugia, il pubblico ministero Pietrazzini , dà  mandato alla polizia giudiziaria di sequestrare la documentazione medica dei lavoratori e di avviare l’indagine penale, tutt’ora in corso e quasi giunta a termine. Nelle carte vengono certificate patologie connesse all’amianto e si fa istanza di danno biologico, con conseguenze quindi anche in sede civile per il risarcimento. Nella documentazione risultano vari casi di decesso, casi su cui il magistrato ha aperto un’approfondita indagine. La Triplice, anziché difendere le istanze dei lavoratori, nella causa in corso presso il Tribunale di Ancona, si è costituita parte civile a favore delle istanze di Antonio Merloni e contro il Comitato dei lavoratori Merloni.

L’8 aprile viene disposto il sopralluogo del ctu del Tribunale.

Il 23 maggio ad Ancona la sentenza, senza dimenticare a breve l’esito dell’indagine della magistratura sui danni e sulle morti da amianto denunciati dal Comitato con lo Studio legale Federici, e non dai sindacati.

fonte. http://www.piazzolanotizia.it



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