2008
Ecco un'altra delle mie "recensioni riciclate" (qui l'originale) di uno dei miei dischi preferiti: il secondo album dei Metronomy. Proprio ora che è appena uscito il terzo, decisamente inferiore a questo.
New Rave, Electroclash, Indietronic...tanti nomignoli scemi per definire quella musica che altro non è che un incidente stradale in un incrocio pericoloso fra indie rock, elettronica e un altro genere a scelta (a discrezione dell'artista). Sia chiaro: a volte (molto spesso, anzi) questi incroci di ferraglie e lamiere provocano spettacoli obbrobriosi e qualcuno finisce per farsi molto male. Oppure, assai di rado, capita che uno di questi sfaceli si riveli essere un fantastica scultura avanguardisticamente sexy e truculenta.Questi Metronomy, per dire, sono dei fighetti qualunque: vengono dall'Inghilterra, abusano del falsetto, abusano delle tastierine vintage, abusano delle drum-machines vintage e hanno precedentemente dato alle stampe un disco di debutto che hanno ascoltato solo i loro parenti. Probabilmente soltanto per queste caratteristiche NME gli ha dato quasi il massimo dei voti.
Ma andiamo oltre. La prima volta che ascoltai questo "Nights Out" (la cui copertina - tre freakkettoni che guardano il tramonto appoggiati su una ibrida Toyota Prius - non mi faceva presagire nulla di buono) esclamai qualcosa come un lamento, un "bwawwaawmamsmamwmwamamwmssamssmsgàààààààààààà", un qualcosa che voleva significare tipo "Urca, questo suona NuOvO. Anche se magari non lo è affatto, suona oscenamente nUoVo!". Immaginate delle formiche su una spiaggia, immaginate che stiano facendo un rave con un mega soundsystem (proporzionato alle dimensioni di una formica), ecco, adesso immaginate di ascoltare questo rave in miniatura dall'alto della vostra umanità: avrete una lontana idea di come come suona questo disco. È un disco in cui c'è davvero di tutto. Si parte con una sbilenchissima fanfara sbronza che ricorda di sguincio la malaticcia "Polkamatic" di Vitalic, si scivola poi nel pieno del party con "The End Of You Too" che rispolvera pomposità anni '70 riprocessate con cornamuse e flicorni sintetici in un tripudio orgiastico e bambinesco da treehouse addobbata con luci viola e strobo; si approda, quindi, nel primo singolone sfibra-polpacci: "Radio Ladio", voce annoiata su incasinato synth anni boh?!anta, handclapping a cazzo di cane, marcia funebre in cui tutti ridono rimbambiti in ecstasy, un fottuto bordello easy-listening. Già. Che dire poi di "My Heart Rate Rapid"? Un coro di vocine sceme che avvolge un basso molleggiante e un synth prepotente mentre il nostro cuore pompa rapido. E ancora la ginocchiata in fronte di "Heartbreaker": ballata soulelectrodiscomoroderiana che utilizza il cigolio di una porta (!) come base ritmica. Tutto sto gran popò di roba e siamo solo a metà disco. L'altra metà diventa vagamente più riflessiva ma sempre all'insegna dell'electropop stonato, sbronzo, che si piscia sui piedi, che si sporca di vomito la maglietta con lo smoking disegnato sopra. Basta sentire "Holiday" le cui voci ricordano molto gli ormai imprescindibili TV on the Radio. Ma poi, sbadambumbabubum!, si insinua un altro pezzone floorfilla che riporta tutte le frangette ingellate in pista e i cari occhiali di plastica colorata à la Kanye West si incrinano sotto la slamdance al rallentatore di "A Thing For Me". E infine l'outro: una bella chitarrina scordata che riporta tutti a casa, tutti abbracciati, tutti stretti che sennò si cade, stanchi, fighi, e felici, col cazzo duro d'entusiasmo.
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