Non lo fanno neppure oggi e siamo arrivati alla fine del preambolone per arrivare alla notizia: a tre anni esatti dal Mondiale 2015 di Londra, la Rugby Football Union per bocca del Chief Executive Ian Ritchie, del responsabile del Rugby Development - da loro c'è - Steve Grainger assieme al giocatore inglese con più caps della storia, Jason Leonard, hanno presentato il Master Plan "Participation Legacy" titolato 2015 and beyond.
Si tratta delle guidelines per lasciare al Paese e al Mondo intero del rugby una eredità in solido (legacy appunto), in modo che i Mondiali non passino di lì per caso, incidano nel profondo e non lascino le cose come stavano prima.
Ah la mentalità anglosassone: sintetica, straight to the point, a volte anche retorica ma mai bizantina, obliqua ("florentine", si traduce non a caso da loro), senza vane trombonate. Soprattutto niente fuffa qualitativa: son buoni tutti, persino i partiti politici italiani, a fare un programma senza commettersi in precisi traguardi quantificabili.
Così il piano per costruire l'eredità rugbistica da lasciare al Paese col progetto Mondiali, è articolato in sette obiettivi precisi e quantificati; elementari se vogliamo, addirittura minimalisti non per risorse ma per il contesto apparentemente poco exciting, fatto di basics e low profile. Robe che in Italia si lascerebbero presentare e gestire al sottocomitato. Qui invece se ne occupa il capintesta esecutivo, il responsabile dello sviluppo del movimento e una leggenda: solo chi semina e quindi ara nel profondo, poi raccoglie.
I punti su cui la Federazione inglese si focalizzerà dunque, letti da un italiano:
1. Strutture: da noi si inizia col censimento - manco sappiamo dove siamo e su cosa possiamo contare; in Inghilterra si parte con lo stanziare 10 milioni di sterline che ne faranno muovere altri 25, per ,igliorare le strutture dei club della nazione. Non stiamo parlando del nuovo Stade de France né degli stadi dove si giocherà il mondiale: i soldi andranno "a pioggia" ai campi e campetti di oltre 500 club, a finanziare gli equipaggiamenti, le magliette i sistemi di drenaggio del campo, i nuovi spogliatoi etc.etc.
2. Personale: un milione di sterline investite in Accademia, questa è la sintesi. Con l'avvertenza che da loro Accademia significa ... anziani, cioè sviluppare maestri prima che allievi. L'obiettivo è formare nel periodo più di 6.500 (seimilacinquecento) nuovi arbitri e coach. Elementare Watson. Non solo maestri ma anche ... no non allievi bensì "bidelli": la Federazione pianifica di contribuire ad attirare nei club più di 5.000 nuovi volontari. Gli allievi poi arrivano da sé, se ci sono le strutture in place e il personale che le rende funzionali.
3. Scuole. Lancio del programma "All School" che ha come bersaglio le 4.000 scuole secondarie inglesi dove NON si pratica rugby: interessante per l'Italia? L'intento è di incentivare gli istituti con pacchetti di risorse a loro dedicati, al fine di raggiungere col rugby un milione di ragazzi in più. Immaginate l'efficacia di un piano analogo nelle scuole italiane, esposte a tagli di ogni tipo che ne falcidiano la capacità di erogare il tempo pieno.
4. Ex giocatori: la Federazione inglese destinerà risorse per recuperare una quota - si parla di migliaia - di 16-24enni che han giocato ma che per qualsiasi motivo si siano allontanati, per riportarli nei club con qualche ruolo anche attorno se non dentro il campo. Si dirà che noi non abbiamo quel problema, semmai l'opposto e invece no, gli ex perduti ci sono anche da noi: uno sta seduto sulla mia sedia, anche se non ha più 24 anni.
5. Touch rugby: fare in modo di avere 15.000 muovi giocatori di touch, mediante la costituzione di 200 nuovi club e 100 centri basati nelle Università. Modo furbo e ludico, poco invasivo per attirare gente nel "tunnel".
6. Fuori dall'Inghilterra: promuovere e approfondire i legami con almeno 15 realtà nazionali dove il rugby sia in fase di sviluppo. Altro modo furbo per creare legami e selezionare giovani promettenti.
7. Cultura del rugby: dall'arte alla fotografia, l'intento è trovar scuse affinché si parli costantemente di rugby nelle Comunità. Non nelle televisioni, tra la gente. Poi magari il servizio al tiggì o a Buona Domenica ci scappa pure.
Meditate gente, meditate.
In una delle parabole meno amate da preti popolari e dai buonisti, quella dei "talenti", Gesù apostrofa così il servo sciocco che aveva nascosto l'unica moneta datagli dal padrone per paura di perderla, invece di farla fruttare: "Toglieteli dunque il talento, e datelo a chi ha dieci talenti. Perché a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 25,14-30; cfr. Lc 19,12-27). E' esattamente questo: chi ha tanti praticanti pianifica la sua legacy e mette a frutto i talenti che ha; chi ne ha pochi come noi, se continua così a vivere di contingenze e a non partire mai dalle fondamenta, perderà anche quel poco che gli resta.