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Metti, una domenica a pranzo, cinque generazioni a un tavolo…

Creato il 26 settembre 2011 da Marinobuzzi

Metti una domenica a cena dai miei. Intorno al tavolo ci sono mio padre e mia madre che hanno superato i sessanta, indaffarati e un po’ emozionati perché sono a pranzo con il mio compagno. Poi c’è mia sorella e il suo compagno che hanno superato la quarantina, io e il suddetto compagno che siamo a quota 35 anni, mia nipote Cecilia che ne ha quindici e la più piccola, Sofia, che ne ha sei.
Insomma intorno a questa tavola ci sono gli anni che vanno dal 1945 al 2011. Nel mezzo, fra noi, c’è un divario generazionale infinito. Mentre parliamo, a volte in modo confuso passando da un argomento all’altro e ascoltando le storie di vita del tempo che fu, comincio a capire che:
A) Mio padre e mia madre non capiscono la generazione di mia nipote Cecilia.
B) Mia sorella e il suo compagno non capiscono la generazione di mia nipote Cecilia.
C) Io e il mio compagno cominciamo a non capire più la generazione di mia nipote Cecilia.
D) Cecilia (lei in rappresentanza della sua generazione) non comprende il vissuto dei miei genitori e quello di sua madre.
Noi due ancora ci capiamo su alcune questioni anche se il mio modo di vedere le cose comincia ad essere un bel po’ distante da quello della generazione DV (dieci/venti, a noi TQ piace molto parlare così).
Poi mi rendo conto che mio padre e mia madre non capiscono neppure più la mia generazione.
Non solo, faticano a capire anche quella di mia sorella.
A nostra volta io e mia sorella abbiamo visioni diametralmente opposte su molte questioni.
Io parlo di spesa a chilometro zero lei parla di risparmio, mio padre parla di voler mangiare quello che vuole in qualsiasi momento dell’anno.
Io parlo di biologico mio padre parla di inutilità del biologico e di prezzi alti.
Lui mi parla di ragazzini e ragazzine che a tredici anni fanno quello che vogliono mentre lui a nove anni era a lavorare e la sera prendeva calci in culo dal padre.
Io sostengo che le generazioni sono cambiate.
A un certo punto, e quasi la cosa mi preoccupa, i nostri discorsi convergono in uno stato di apparente accordo ma quando io sollevo il dubbio che le generazioni di oggi, quelle che definirò “Generazione Cecilia” si sono ritrovate fra le mani un mondo che le generazioni precedenti non sono riuscite a gestire si apre il fuoco amico.
Mio padre rivendica il ruolo della sua generazione. Loro sono scesi in piazza e hanno fatto il sessantotto. Gli faccio notare che è stato un bellissimo momento storico ma che tutti i suoi amici si sono poi imborghesiti e qualcuno ha cominciato pure ad andare in chiesa. Lui sostiene che i diritti che abbiamo li hanno conquistati loro e scarica le responsabilità sulla generazione di mia sorella.
La quale, a sua volta, non ci sta proprio a caricarsi sulle spalle le colpe delle generazioni precedenti e comincia a dire che la sua generazione è stata troppo impegnata a studiare e a cercarsi un lavoro che le nuove generazioni non se ne rendono proprio conto di cosa significhi fare certi sacrifici.
Sta a vedere che adesso è colpa della mia generazione!
Trentenni d’Italia unitevi!
Poi ci penso.
Un po’ di colpa ce l’abbiamo pure noi trentenni, siamo stati abituati a fare ciò che ci dicono di fare, abbiamo guardato il tempo passare senza preoccuparci di quel che ci stavano rubando, tutti troppo presi dal realizzare i propri sogni. E poi i sogni si sono infranti e anche tutto il resto se è per questo. Poi penso che, però, al governo c’è la generazione CN (cinquanta/novanta) e che nei posti di prestigio oggi c’è la generazione CS (cinquanta/sessanta) e col cazzo che mi prendo tutta la responsabilità delle generazioni precedenti.
Così, visto che nessuno ha pensato a preparare qualcosa da mangiare per me (c’è pesce e carne e io sono vegetariano), mescolo la mia insalatina fatta con le mie manine e sostengo che, però, mica se ne possono lavare le mani le generazioni precedenti. Nel frattempo Generazione Cecilia mi mostra il nuovo buco all’orecchio e mi rendo conto che è davvero un problema generazionale.
Mio padre parla di “comunismo”, mia sorella parla di “risparmio”, io parlo di “sogni” e “ideali” e mia nipote parla di “buchi all’orecchio”.
Sofia guarda Raperonzolo e canta all’orecchio del mio compagno la canzoncina magica che ha imparato a memoria.
Un domani, forse, la Generazione Cecilia non comprenderà più la Generazione Sofia.
E così via all’infinito.
Marino Buzzi


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