Mi chiamo Maya

Creato il 10 maggio 2015 da Lo Sciame Inquieto

Come sanno tutti quelli che leggono il mio blog, tendo ad essere piuttosto cauta nei giudizi e difficilmente grido al capolavoro, né mi piace stroncare quello che vedo o leggo. Il mio amico M. mi prende ormai in giro perché sostiene che l'80% dei miei post portano il voto 3 e ogni volta si lamenta perché secondo lui dovrei esprimermi in termini più netti. Forse ha ragione lui, ma io sono fatta così, soprattutto nella manifestazione pubblica delle mie opinioni e dei miei giudizi. E poi il voto - che pure è un modo sintetico efficacissimo per esprimere il proprio giudizio - mi mette sempre in difficoltà e dunque è giusto che chi non si prende anche la briga di leggere quello che scrivo non sia aiutato nella scelta dai voti che metto. In un post di qualche tempo fa, Il perché di tutto sommato avevo anche spiegato che le stroncature di solito nel mio blog non ci sono perché le cose che non mi piacciono spesso ne restano fuori.

Insomma tutta questa lunga premessa per dire che il voto che ho messo a questo film è uno dei più bassi che incontrerete nel mio blog. E vi assicuro che mi è costato tantissimo scriverlo lì in fondo a questa pagina; e anzi - vi dirò - che se dovessi mettere un voto per tutto ciò che si è mosso intorno a questo film gli darei anche 4.

Provo a spiegarmi. Non credo che avrei deciso di andare a vedere Mi chiamo Maya se non me l'avesse consigliato S., consiglio tra l'altro non dovuto a una visione in anteprima dello stesso ma all'affetto verso un amico coinvolto nella sua realizzazione. E vabbè, mi dico, sosteniamo questo povero cinema italiano e i giovani (e nemmeno più tanto giovani) che faticosamente tentano di trovare una strada in questo mondo ultracompetitivo. Leggo la trama e - nonostante le recensioni non proprio entusiasmanti - trovo che possa essere interessante. Convinco L. a venire con me a vederlo e lei a sua volta convince S. Alla fine saremo solo in tre nell'enorme Sala 1 del Cinema Quattro Fontane (probabilmente - me lo auguro - un po' più di gente arriverà per lo spettacolo successivo, a cui saranno presenti anche il regista e il cast).

Devo dire che la situazione appare ridicola fin dal principio e man mano che il tempo passa diventa sempre più divertente. Sembra di stare in un salotto di casa enorme col maxischermo, cosicché a poco a poco le inibizioni calano e tutt'e tre cominciamo a commentare ad alta voce come in una serata tra amiche un po' sceme...

Ma insomma, veniamo al film, ché non gli voglio fare troppo torto...

Mi chiamo Maya racconta la storia di Niki ( Matilda Lutz), una ragazza sedicenne, che ha una sorella più piccola, Alice ( Melissa Monti), con cui condivide (pur non essendo figlia dello stesso padre) una madre piena di vitalità e di energia. Questa però muore all'improvviso in un incidente stradale, cosicché le due ragazze vengono affidate ai servizi sociali, in particolare alla giovane assistente sociale Cecilia (una improbabile, ma sempre bellissima Valeria Solarino, con gonnellone, mocassini e occhialoni).

Niki e Alice scappano e inizia così una specie di viaggio picaresco attraverso una Roma un po' suburbana ed estrema. Prima il contatto con una compagna di scuola, vera borgatara che balla sul cubo in discoteca con la parrucca azzurra e va in giro con Niki, Alice e le sue amiche con la grande limousine rosa, regalo che qualcuno ha fatto a una sua amica. Poi l'incontro con un'annoiata ragazza di buona famiglia, generosa e viziata, che organizza feste per sballarsi a casa sua mentre i genitori sono via per lavoro. Poi la conoscenza di Marc ( Giovanni Anzaldo), un giovane gentile che fa l'artista di strada, ma si guadagna da vivere lavorando come cameriere (al quale Niki si presenta come Maya e con il quale finisce a letto), infine l'avventura - che si conclude con bacio lesbo e vomito da eccesso di alcol (che avevate capito, eh?) - nei bassifondi romani con una giovane dark depressa che fa piercing e tatuaggi. La fuga di Niki - che poi è principalmente una fuga da se stessa - continuerà fino all'incontro e al riconoscimento della vera eredità della madre nella propria vita, e dunque con l'accettazione del proprio destino.

Cos'è che non va in questo film?
L'idea di raccontare la vita degli adolescenti nelle grandi metropoli è interessante (e il film comincia con una scritta in sovraimpressione che ci ricorda che esso è stato realizzato a partire dai risultati di una ricerca sociologica in questo senso), la regia di Tommaso Agnese (anche co-sceneggiatore) è attenta e dimostra mestiere, la fotografia è a tratti molto bella e riesce a offrire anche scorci inediti di una delle città tra le più rappresentate sul grande schermo.

Non reggono però l'impianto narrativo, troppo meccanico e con passaggi troppo bruschi tra i mondi così diversi attraversati da Niki, la sceneggiatura, semplicistica e a tratti decisamente poco realistica (con qualche punta quasi esilarante!), la recitazione, che appare in alcuni momenti piuttosto amatoriale, i simboli utilizzati per rappresentare il percorso psicologico di Niki, davvero troppo banali (il mare e il cavallo: c'è persino una scena che ricorda quella di una famosa pubblicità di un famoso bagnoschiuma). E - quando il film finisce - non capiamo cosa ci ha trasmesso questa storia e Niki resta un personaggio poco conoscibile esattamente come all'inizio della visione.

Insomma, pur apprezzando le intenzioni, faccio fatica a dire che Mi chiamo Maya sia un film riuscito. La serata però - e nonostante tutto - lo è stata sicuramente.


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