Mi sono rinnamorata dell'Italia

Da Allaroundthefood

E' successo così, d'un tratto, come avviene sempre con i colpi di fulmine.E' bastato un secondo e l'ho riconosciuta, l'ho sentita mia, l'ho sentita così prossima a me come cultura, storia e modo di pensare.Il primo segno della nuova infatuazione è stata lo smarrimento, poi è sopraggiunta la lentezza e subito dopo la velocità nel calcolare quanti giorni mancano al mio rientro: 48 esatti. 
18 maggio, mattina: arrivo al bar per iniziare il turno e mi accoglie il cartello: "Coffee machine out of order, we can serve you only tea". Meraviglioso, penso. Poca gente e ovviamente massima facilità nella gestione della cassa: dovrò schiacciare solo un tasto.Intanto il mio capo mostra chiari segni di insofferenza nei confronti della situazione, comincia a guardare l'orologio, si spertica in scuse con i clienti, continua a chiamare il manager per poter calcolare quante ore di business perderemo, mi dice di sorridere più del solito.Io faccio del mio meglio per non far trasparire la mia più assoluta gioia per la situazione, una calma irreale che in effetti, però, mi fa proprio sorridere più del solito.Poi d'un tratto sento fischiare, un motivetto che fa anche mio padre quando guida e mi giro: lui, l'addetto alla riparazione della coffee machine è appena arrivato e con un romano dall'accento inglese si presenta: "I am Pino, from Rome".Sorrido, già la parlata è adorabile. Scopre che sono italiana e mi confida che è poeta, "compongo pensando d'esser sui colli de Roma", passano appena due minuti e comincia a recitarmi le sue creazioni, incredibilmente belle devo dire.Il mio capo mi fa segni inequivocabili, devo togliermi di lì, non perdere tempo e andare a pulire tavoli ancora puliti. Mi scuso con Pino, che alza gli occhi e mi dice "non te preoccupare, li conosco questi, lui (il mio capo, ndr) ucciderebbe per un caffè", non posso che sorridere e dentro di me comincio a pensare.
E' vero non possiamo fare caffè, che per un bar è piuttosto limitante. Ma per dio, può ben succedere che la macchina del caffè si rompi e che il cliente per un giorno non abbia il suò caffè in 20 secondi.Pino intanto continua a fischiettare, a recitare poesie sottovoce ("e pazienza se non le capiscono") davanti all'incredulità e nervoso del mio capo: cosa penseranno i clienti di questo meccanico farneticante cose incomprensibili mentre smonta una macchina del caffè? 
In Italia, insieme alle poesie di Pino, sarebbero arrivate le opinioni degli altri clienti sul guasto, la telefonata a quell'amico che aveva un parente che mi sembra abbia avuto lo stesso problema e alla fine, poi, si sarebbero tutti accesi una sigaretta, finendo, perchè no?, con una birretta.
Visione romantica? Forse. E' proprio per questo che poi in Italia non funziona niente? Vero anche questo.Però, c'è un però grande come una casa: la qualità della vita non è data solo dal lavoro in sè, ma da come esso si svolge. Se non posso neanche perdere cinque minuti perchè altrimenti il business ne risente, forse a fine mese avrò più soldi ma la qualità della mia vita sarà uguale a zero.
E' così che Pino finisce la sua riparazione, il grande capo sorride sollevato e lui prima di salutarmi mi dice "bambina, se puoi tornatene in Italia che qui son solo lacrime e sangue", lo ringrazio, gli do la bella notizia che un volo prenotato c'è già e immagino me stessa avvolta da sapori, odori e suoni italici.
Dura poco, un cliente vuole già il cappuccino dalla nuova coffee machine.
Non c'è problema sorrido e mi viene in mente la foto qui sopra, scattata in un pomeriggio d'estate l'anno scorso. Non c'è foto più italica di questa: anziani che giocano come ragazzi a calcetto, nella piazzetta di un paesino uguale a se stesso a memoria d'uomo.
Grazie a Dio abbiamo ancora tutto questo.

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