Mia madre
Creato il 25 aprile 2015 da Kelvin
(id.)
di Nanni Moretti (Italia, 2015)
con Margherita Buy, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, John Turturro, Beatrice Mancini, Enrico Ianniello
durata: 107 minuti
★★★★★
Vi confesso una cosa: appena ho saputo che Mia Madre sarebbe andato in concorso al Festival di Cannes, la mente mi è subito corsa indietro al 2012, anno in cui ad aggiudicarsi la Palma d'oro fu Amour di Michael Haneke, altro film sul dolore e sulla preparazione al lutto di una persona anziana. Ecco, senza essere in alcun modo campanilista, e con tutta la coscienza critica possibile, non ho potuto fare a meno di pensare che se Haneke all'epoca fu ritenuto meritevole della Palma d'oro, allora quest'anno al nostro Nanni Moretti dovrebbero dargliela come minimo di platino... perchè, senza dubbio alcuno, a mio avviso Mia Madre è un film infinitamente più bello rispetto ad Amour (poi magari non vincerà per altri motivi, ma questo è un altro discorso).
Il dodicesimo lungometraggio di Nanni Moretti non è forse il migliore della sua carriera (continuo a preferire Bianca e Caro Diario ma, devo ammetterlo, più per motivi affettivi e personali), tuttavia può considerarsi il film più introspettivo e sincero del regista romano, dotato di una carica emotiva ed umana assolutamente pura e toccante, non paragonabile minimamente alla freddezza, l'ineluttabilità e la cupa disperazione del film austriaco. Anche perchè Mia Madre non è (soltanto) un film sul lutto, anzi forse non è nemmeno questo... o forse è questo e mille altre cose ancora. Che adesso proverò a descrivere.
Mia Madre è innanzitutto un film coraggioso, dove un regista (anzi, un uomo) ritenuto finora altezzoso e schivo (ma poi, in quanti possono dire di conoscerlo davvero?) sente il bisogno di mettersi a nudo e infliggersi una dura autocritica. Perchè lo fa? Semplicemente perchè quando si affronta un dolore inguaribile come quello della morte di un genitore, viene naturale porsi domande sulla nostra inadeguatezza di fronte a certi eventi, a cui per forza di cose non si è mai davvero preparati, anche se consapevoli. E specialmente se finora ti consideravi (aldilà di quello che pensa la gente) uno capace di affrontare a viso aperto le proprie paure, scoprendoti invece irrimediabilmente solo e fragile di fronte alla vita. Ed ecco che allora è la vita stessa che ti porta a farti un esame di coscienza, ad interrogarti sul tuo egoismo e sul tuo atteggiamento nei confronti di chi ti sta vicino, e sul perchè certi rapporti umani siano andati diversamente da come ti aspettavi.
Non è certo la prima volta che Moretti parla di sè in un suo film, ma è la prima volta che lo fa mettendosi davvero in gioco, spogliandosi di fronte al proprio pubblico. Di inadeguatezza era già permeato il film precedente, Habemus Papam (girato, guardacaso, proprio durante periodo di malattia della mamma... vedete come è difficile recensire i film quando non siamo a conoscenza delle cose?), e dunque si può dire che Mia Madre ne sia il seguito naturale, come se Moretti volesse metterci in guardia sul fatto che l'inadeguatezza riguarda tutti, da chi riveste la carica più importante possibile fino a chi, invece, deve affrontare un grande dramma privato, che inevitabilmente condiziona anche la vita pubblica e quella di chi ti sta accanto, o anche solo in parte...
Se da un lato infatti assistiamo alla preparazione al lutto di una figlia che non riesce ad accettare l'inevitabile (Margherita Buy, splendida alter-ego del regista, cui fa da contraltare Giulia Lazzarini, nel ruolo della mamma), dall'altro vediamo quella stessa persona cercare di realizzare un film sulle lotte operaie, con i dipendenti di una fabbrica prossima al fallimento che rischiano di perdere il posto di lavoro. Da una parte c'è la drammatica realtà della vita, dall'altra una fiction su un argomento importante, ma che appare sempre sfocato e in sottofondo rispetto al dramma principale. Il film passa con disinvoltura dalla realtà alla finzione, e Moretti è straordinario nel costruire una storia che, con lucidità e maestria, espone platealmente il proprio punto di vista nei confronti di se stesso, della società attuale e, a costo di bestemmiare, della sua visione politica.
Perchè, nonostante in pochi lo abbiano detto, Mia Madre è anche e soprattutto un grande film politico. Ma non sulla politica finta urlata nei dibattiti televisivi, bensì su quella che oggi è rimasta l'unica politica possibile, ovvero quella praticata dalle persone perbene nella vita di tutti i giorni, che magari sono disilluse e rifuggono come la peste i nostri falsi rappresentanti al potere, ma che in ogni istante si impegnano, soffrono, combattono con le proprie forze per rendere migliore l'esistenza del prossimo, fosse anche una persona cara ormai prossima alla morte... Mia Madre si apre con le riprese del film "socialmente impegnato" che Margherita Buy cerca con fatica di girare, nell'indifferenza o quasi della troupe (e già questo la dice lunga sulla visione 'morettiana' della politica attuale). Peccato che le comparse sembrino tutto tranne che operai (le donne hanno le labbra rifatte, gli uomini le sopracciglia finte), che il protagonista (John Turturro, impagabile) sia uno svogliato divo hollywoodiano che parla come Stanlio e Ollio e dimentica le battute, che fondamentalmente di un film del genere non gliene freghi niente a nessuno...
Moretti finora era stato sempre clamorosamente capace di avere una visione lucida e analitica del futuro, tanto da prevedere in anticipo ciò che accadeva intorno a noi (senza che noi ce ne accorgessimo: la vacuità tipica degli anni '70 in Ecce Bombo, la crisi degli ideali in Bianca e Caro Diario, lo sciagurata deriva verso il berlusconismo ne Il Caimano, la già citata inadeguatezza in Habemus Papam...). Qui invece confessa, quasi in lacrime, di non capirci più niente, di non essere più in grado mentalmente e fisicamente di interessarsi a ciò che accade 'fuori'. E' quasi un grido di dolore di un regista (anzi, ancora di un uomo) che fa fatica a capire la precarietà e la confusione dei nostri tempi e si rifugia negli affetti profondi, mostrando a tutti il suo lato più privato affinchè ognuno capisca quali sono le vere priorità della vita. Ne viene fuori un'opera commovente ma non melensa (potremmo dire 'eastwoodiana' per rigore e compostezza), che alterna momenti di grande ironia ad altri ben più dolorosi ma mai gratuiti.
Un film che parla di morte, e che allo stesso tempo ti insegna a stare al mondo.
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