La morte c’è ma non si vede, ci tocca ma non le parliamo. È una presenza costante nella vita umana, che quando fa la sua comparsa colpisce allo stomaco e fa male, lentamente.
Con lei fanno i conti i personaggi dell’ultimo film di Nanni Moretti, “Mia Madre“ (2015), uscito nelle sale ad aprile e soli due giorni fa presentato al prestigioso Festival di Cannes riscuotendo una vittoria clamorosa da parte del pubblico con oltre dieci minuti di applausi.
“Mia madre” è incentrato sui sentimenti più pesanti dell’animo umano.
Il celebre regista ha tratto ispirazione dal triste lutto personale che ha visto mancare sua madre, e nel film ripropone proprio questa dualità genitore-figli: in questo ruolo i protagonisti sono Margherita (interpretata da Margherita Buy), Giovanni (lo stesso Moretti) e Giulia Lazzarini nei panni della madre.
Margherita è una regista nel pieno della lavorazione di un film complicato e politicamente impegnato, su un’azienda in crisi che deve affrontare dei licenziamenti, che la sfinisce fisicamente. Suo fratello è un tipo più tranquillo, invece, che si occupa in prima persona della madre ammalata e ricoverata saltuariamente in ospedale. Entrambi si ritrovano a gestire una notizia che avrebbero preferito non sapere mai: il genitore sta per morire.
Il dolore che scaturisce da tutto ciò potrebbe essere l’incipit per una pellicola angosciante, cosa che è se ci si ferma a una lettura superficiale.
Ma il suo vero nucleo sta nella fitta simboleggia, nei continui rimandi alla sua storia (personale e artistica) che il regista ha inserito nelle scene che si susseguono: dalla frase “Margherita, cambia almeno un tuo schema” (l’originale è “D’Alema, dì una cosa di sinistra”) alla panchina di “Caos calmo” su cui siedono Giovanni e Margherita, passando per i libri veri della madre di Moretti nella casa della Lazzarini.
Tanti piccole domande esistenziali si alternano nel corso del film, alla base di un’esistenza precaria e alla continua ricerca di risposte. Si cerca di andare oltre il passato ma il futuro spaventa, mentre il presente è un continuo tormento interrotto soltanto dall’ironia amara di un John Turturro, chiamato a fare il protagonista del film di Margherita e che ha grossi problemi di memoria, lottando dentro e fuori di sé per uscire dal mondo di finzione che è il cinema, capace di farti dimenticare chi sei realmente.
“Mia madre” è un viaggio lento che lascia angoscia, domande sul valore della vita, cosa ci si lascia dietro quando si muore e cosa raccolgono di noi i nostri cari.
È un film che fa sentire gli anni anche a un regista celebre come Moretti, che ammette qualche senso di colpa (“Il regista è uno stronzo a cui permettete di far tutto!” grida la Buy ai suoi collaboratori) e forse punta a celebrare una figura per lui essenziale come la madre.
Una “laudatio funebris” che va capita in silenzio.
Written by Timothy Dissegna