Michael Phelps, quando lo sport diventa un idolo

Creato il 21 ottobre 2014 da Simo785

FEDE E SPORT – OTTOBRE – PHELPS – QUANDO LO SPORT DIVENTA UN IDOLO

A cura di Carlo Nesti

Quando Roberto Benigni, in dicembre su Rai Uno, svilupperà la sua esegesi dei Dieci Comandamenti, comincerà così: “Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio al di fuori di me”.

A distanza di secoli da Mosè, il primo Comandamento ha assunto un significato diverso, rispetto a un’epoca, in cui a ogni popolo corrispondeva una divinità. Nelle società evolute, oggi, troppi uomini escludono un aiuto superiore, per dedicarsi totalmente a una passione-ossessione terrena.

Michael Phelps, il più grande nuotatore della storia, con il primato di 22 medaglie complessive, delle quali 18 ori, alle Olimpiadi, è un esempio di come ciò possa avvenire anche nello sport.

Ultimamente, la guida in stato di ebbrezza lo ha portato a un arresto. Come in un altro caso del passato, alle prese con la cannabis, lo ha tradito il desiderio di “evasione”.

Il campione ha ammesso che il nuoto è la cosa più importante della sua vita, un “idolo”, dinanzi al quale, fin dal debutto olimpico, addirittura da quindicenne, il resto è diventato secondario.

La crisi di rigetto, tuttavia, è stata tale da rendere pubblico il desiderio di fermarsi, per ritrovarsi. Noi uomini, assi strapagati compresi, non siamo fatti per una sola espressione di noi stessi, basata sulla paranoia di ore e ore di allenamenti, se sopprime libertà e spiritualità.

E’ curioso che tocchi ora a uno statunitense, quando, prima del crollo del Muro di Berlino, erano gli atleti dell’Est europeo a subire spersonalizzazioni del genere: lo sport militarizzato dei regimi comunisti.

A ogni latitudine, infatti, il pericolo incombe, fin dalla notte dei tempi. La nostra priorità di cristiani non deve mai essere immanente e materiale, perché ci porta, comunque, fuori strada.

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