alle sue mani,
alla sua forza
Per chi non avesse mai avuto la gioia di ascoltare la musica di Michel Petrucciani, Body & Soul (2011) è un'occasione imperdibile. Il regista, Michael Radford, non è un appassionato di Petrucciani della prima ora, l'ha scoperto dopo la commissione per questo film, ma la sfida di un documentario e dell'artista estraneo l'hanno portato a incontrare una musica che non ha eguali. Poche espressioni sonore hanno la vitalità che esibisce, sfodera, quasi spreca questo piccolo, indimenticabile pianista con il suo jazz: dalla sofferenza della sua vita, scaturisce un estro e un fervore che rendono Michel Petrucciani un argomento meritevole di un atto d'amore verso la musica e le sue forme.
La biografia di Michel Petrucciani, del resto, si presta alla narrazione fiabesca. Nato a Orange nel 1962 con un'osteogenesi imperfetta, da piccolo letteralmente si rompeva per ogni movimento men che accorto. Le sue ossa tendevano a deformarsi sotto i colpi del caso e mal contenevano una volontà invece granitica. Non andava ancora a scuola che già fracassò con un martello un pianoforte giocattolo perché ne voleva uno vero. E la famiglia, piuttosto indigente, ha scommesso tutto su di lui, ha investito anche quello che non aveva, tutti i sogni per un bimbo che a stento e con estrema cautela - dicevano i dottori - sarebbe arrivato ai vent'anni.
Michel Petrucciani, amava il cambiamento, amava le forme, amava ciò che lo portava lontano, ma soprattutto era impastato di musica. Se è vero che la biografia costruita da Michael Radford - su documenti filmografici editi ed inediti - è infarcita di certi toni trionfalistici e quasi agiografici, non manca uno sguardo disincantato e sincero sulle imperfezioni sentimentali e relazionali della persona. Più volte si allude alla felice inventiva dei meridionali, stemperando l'entusiasmo in uno scanzonato buonumore. Ma Petrucciani ha voluto essere sé stesso fino alla fine e non ha voluto rinunciare al suo specifico esistenziale: si è deformato, ha suonato fino a distruggersi e con ciò è arrivato fino ai 36 anni, la mia età, morendo nella sua amatissima, peccaminosa New York nel 1999, senza l'aria di spendersi, ma come un dono al mondo della musica e dell'arte.