Mickey Rourke: una faccia piena di pugni

Creato il 02 aprile 2013 da Veripaccheri
Ne ha presi tanti nella vita, e non solo dagli altri, perchè Mickey Rourke, attore sessantenne da Schenectady, i pugni in faccia se li è creati su misura. Più degli avversari, reali o immaginari hanno potuto gli alti e bassi del carattere ed i demoni di un anima assai inquieta. Appassionato di moto, boxe e belle donne, Rourke non ci mise molto a conquistare le pagine dei gossip e della cronaca per gli amori turbolenti e le amicizie con i boss mafiosi. Ad un certo punto ebbe il mondo ai suoi piedi, conquistato suo malgrado con l'esplosione di "Nove settimane e mezzo" fenomeno innanzitutto mediatico e poi cinematografico, in grado di immortalarlo  come esempio di una virilità dolce e selvaggia. Invece che giovarsene, continuando a lavorare sulla scia di un consenso femminile planetario, Mickey Rourke fece di tutto per disfarsi di quell'immagine incominciando a minarla con scelte di senso opposto, in cui decandenza fisica - "Angel Heart" (1987) noir allucinato e luciferino diretto da Alan Parker e poi "Barfly"(1987) biografia alcolica dello scrittore Charles Bukowski - e pauperismo produttivo (i film successivi lo furono tutti con poche eccezioni) gli inimicarono lo star system hollywoodiano, a quei tempi odiato, e platealmente sbeffeggiato ad ogni uscita. Un'incontinenza che tracimo nel privato, con la decisione di iniziare una carriera da boxer, brevissima ma sufficiente a deturpargli il volto, poi "aggiustato" a colpi di bisturi che lo consegnano ad un destino da freak neanche di lusso. Quello che segue sono lutti familiari - la morte dell'amato fratello assistito fino all'ultimo - ed una depressione annichilente, con Rourke, segregato e solo, tenuto a galla dall'inseparabile Beau Jack, il chihuahua capace di curarlo con il calore di un'amore gratuito ed incondizionato. Il resto è storia recente, con il successo di "The Wrestler" (2008) in cui l'amico Aronofsky mette in scena la resurrezione dell'attore in maniera paradossale, costringendolo ad una "morte in diretta" fermata da un ultimo fotogramma che ne registra l'addio in maniera plateale. Come sempre accade quando c'è di mezzo Mickey Rourke.

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