Con ciò non voglio affermare che non vi siano soggetti che si prodigano per pura passione politica o squisitamente per amor patrio, ma sono molti quelli che perseguono il potere sia esso per il piacere stesso del detenerlo che per il vantaggio economico e di prestigio che ne deriva. Non sono poi rari coloro che hanno fatto della politica una professione anche ben remunerata, direttamente e indirettamente sotto forma di prestigio e promozione personale e professionale, pure nel microcosmo. È anche corretto affermare che le ridotte dimensioni del microcosmo fanno sì che i meccanismi che ne regolano il funzionamento sono di gran lunga meno complessi di quelli che muovono il macrocosmo Italia, cionondimeno essi ne ricalcano gli andamenti.
Nel microcosmo come nel macrocosmo, quindi, il potere è accentrato in mani piuttosto ben definite ma, al contrario del secondo, il primo vede una grande semplificazione tanto che chiunque può essere in grado di definire dove sono allocati i gangli del potere cittadino. Questi centri sono gli stessi da anni. Ricordo la mia passata e breve esperienza di politica partitica e le persone che entravano ed uscivano dal Palazzo (parlo di oltre vent’anni fa) erano grossomodo le stesse che ne entrano ed escono oggi, con qualche aggiustamento, senz’altro, con un certo ricambio generazionale dovuto a volte a questioni anagrafiche e altre volte a ragioni di opportunità, ma sempre rimanendo nell’ambito di cerchie ben definite. Nel mondo associativo vale lo stesso principio, se non che forse la cerchia è ancora più ristretta, molto più ristretta.
Va da sé che l’inserimento di un elemento alieno all’interno di questi meccanismi collaudati e sincronizzati crei una sorta di inceppamento degli stessi. Tale elemento, che magari si ponga squisitamente come spinto da passione per la politica e per il bisogno di dare un impulso di rinnovamento alla polis, evidentemente non viene compreso e, come accade negli organismi viventi, entrano in funzione le difese immunitarie, gli anticorpi che cercano di espellerlo. L’organismo, il meccanismo, le singole parti che lo compongono, non riconoscendo l’elemento estraneo, non lo capiscono e cercano di espellerlo.
È per questo motivo, credo, che Montegranaro ha una vita sociale e politica tanto statica: non è quasi possibile portare una spinta di rinnovamento, non è affatto facile inserirsi all’interno del meccanismo con scopi costruttivi senza esserne espulsi e, magari, distrutti. È una forma di autodifesa che blocca l’evoluzione della città.
L’analisi è molto complessa e non può essere svolta con un solo post senza diventare troppo pesante. Per questo, per ora, mi fermo ripromettendomi di tornarci sopra quanto prima, magari in maniera più diretta e precisa. È mia intenzione, infatti, effettuare una narrazione esatta e dettagliata della mia esperienza personale e di esaminare in particolare gli accadimenti e le cause degli stessi, avendone ora un quadro piuttosto preciso.
Luca Craia