Un filone di ricerca molto interessante non solo sotto l'aspetto scientifico, ma anche sotto il profilo culturale ed umanistico è quello segnalato da un recente articolo di Nature dove si parla della possibile influenza che il microbiota intestinale eserciterebbe sullo sviluppo cerebrale e comportamentale degli individui.
La ricerca ovviamente interessa molto le aziende che forniscono integratori e probiotici e per questo si tratta di una tendenza ben finanziata ed in crescita.
La cosa in effetti rimanda alla cultura della sacralità del cibo, uno degli argomenti costantemente soggetti a regolamentazioni, normative, prescrizioni e divieti di carattere religioso, una sacralità che trova le sue radici ancestrali nelle abitudini di vita primitive e tribali, quando la posizione nella catena alimentare all'interno di una fauna naturale ed il tipo di cibo conquistato e consumato rappresentavano il primo obiettivo quotidiano per la necessità di sopravvivenza, ma anche la prima fonte di malattie e/o anche di morte per infezioni o veleni presenti negli alimenti.
L'interesse per il cibo continua ancora oggi ad essere uno degli elementi fondanti alla base di varie ideologie e filosofie di vita (vedi vegetariani, vegani, paleo dieta e via dicendo) che si propongono e promettono fra l'altro di migliorare la salute e perfino prevenire e battere malattie gravi come il cancro.
Come è intuibile lo stile alimentare condiziona la composizione della flora batterica intestinale ed il microbiota intestinale a sua volta condiziona sicuramente alcuni aspetti metabolici nell'organismo: si sa che la flora batterica intestinale si sviluppa nei primi 2-3 anni di vita ed è specifica di ciascun individuo, tende a conservarsi così com'è, salvo alterazioni accidentali da infezioni o alimentazione squilibrata ed inoltre alcuni profili microbiotici sono associati con obesità e diabete.
Uno dei motivi per i quali compare la tendenza ad ingrassare quando si smette di fumare sta nella modificazione del microbiota intestinale. Insomma, a dispetto dello stereotipo culturale che relega le nostre funzioni intestinali tra gli aspetti infimi e vergognosi del nostro corpo, la nostra pancia sembra invece importante negli equilibri generali dell'organismo e, stando a questi nuovi filoni di ricerca anche nello sviluppo della mente e delle caratteristiche temperamentali e di comportamento.
"L'uomo è ciò che mangia" sosteneva Feuerbach, una affermazione volutamente materialistica e trasgressiva per la sua epoca, antireligiosa in un certo senso se confrontata alla rigida scissione tra anima e corpo, predicata solitamente dalle religioni monoteiste (che pure abbondano in proscrizioni di determinati alimenti e prescrizioni di digiuni vari) ma che potrebbe rappresentare oggi la teoria sottesa ed ispiratrice delle ricerche mirate in questo senso.
Ma veniamo allo studio di cui ci parla Nature: il cosiddetto studio cacca viene condotto da anni dalla dott.ssa Rebecca Kinickmeyer sui bambini, ovvero durante la fase di formazione e definizione delle caratteristiche definitive del microbiota e confrontato con le caratteristiche di sviluppo e comportamento dei bimbi. A quanto pare si fa sempre più strada l'idea che la flora batterica intestinale possa effettivamente condizionare la neurochimica del cervello ed il comportamento: la teoria sarebbe accreditata soprattutto da studi su animali il cui intestino sia stato reso artificialmente sterile e per i quali effettivamente è dimostrata una tale influenza. Gli studi sulla popolazione umana al riguardo sono assai più limitati e non altrettanto suggestivi, benché alcuni ricercatori abbiano collegato sintomi come ansia, stress e depressione a specifici profili della flora batterica legati a patologie intestinali. Gli scienziati attualmente si stanno concentrando sulla produzione di ormoni, metaboliti ed ogni sostanza prodotta dal microbiota e che, passando nell'organismo possa portare la sua influenza sul cervello. La sintomatologia da colon irritabile, ad esempio, è stata associata a sintomatologia ansioso depressiva, ma è difficile in questo caso stabilire la corretta direzione del rapporto causa-effetto (da molti il colon irritabile viene considerata una patologia psicosomatica) ed inoltre seppure il nesso andasse dall'organico allo psichico sarebbe difficile scindere la quota di ansia normalmente conseguente ad una patologia cronica quale che sia, da quella specificamente condizionata da specifici prodotti del microbiota patologico.
Insomma da questo punto di vista si tratta di studi ancora in fase iniziale, benché interessanti per le suggestive implicazioni culturali di cui si parlava.
Lavori sperimentali veri e propri sono invece quelli condotti su animali da laboratorio, privando alcuni gruppi di topi della fisiologica popolazione intestinale di germi: in queste ricerche sono state dimostrate una serie di funzioni del microbiota, tra cui la fortificazione della barriera ematoencefalica, la produzione di serotonina nelle cellule di rivestimento del colon con aumento dei livelli nel sangue di questa sostanza. Nei topi con l'intestino sterilizzato è stata anche rilevata una diversa proliferazione neuronale in alcune zone del cervello ed inoltre modificazioni della mielinizzazione delle fibre in determinate aree cerebrali.
Si indaga anche sugli aspetti immunitari eventualmente condizionati dalla flora intestinale: insomma un filone interessante, ma certamente molto complesso per il quale attendiamo risultati in futuro.