Tornata da un fine settimana lungo e piacevolissimo trascorso a casa con la famiglia e in giro con gli amici, poche cose semplici ma importanti e quattro giorni d’amore. Sembra tanto sdolcinato, ma così è. Una delle cose però che nell’ultimo anno mi sono mancate è il cinema. Ho visto tanti film a letto nella penombra della mia camera fiorentina, ma credo di aver raggiunto in assoluto il minimo storico di film visti sul maxischermo, io che riuscivo a vivere la sala buia anche due volte a settimana, che adoro emozionarmi davanti a una pellicola e travolgo tutti con le mie proposte di film “assolutamente da vedere”. Venerdì sera finalmente ho rivissuto quell’emozione e sono ritornata al cinema con un film che aspettavo da tempo.
Midnight in ParisAnno di produzione: 2011Paese: USADurata: 94 minRegista: Woody AllenCast: Owen Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, Adrien Brody, Marion Cotillard, Kathy Bates, Carla BruniCanzone cult: "Si tu vois ma mère" di Sydney Bechet
Su Woody Allen e sulla sua ultima fatica ho letto tantissimo in questi mesi, comprese numerose interviste al regista e agli attori, alcuni così calati nel personaggio che alla fine sul set si sono innamorati per davvero (Rachel McAdams e Michael Sheen). Le aspettative però, è risaputo, rischiano sempre di essere più grandi della cosa in sé e la delusione può nascondersi dietro l’angolo. Midnight in Paris invece è una pellicola leggera e piacevole, nonostante i dialoghi tipicamente alleniani, i lunghi monologhi e i fitti pensieri fatti recitare per la maggior parte a un bravissimo Owen Wilson, da sempre confinato in commediole americane, ma stavolta talentuoso in un ruolo davvero interessante che avrebbe potuto recitare il regista stesso e che in realtà molto lo ricorda.
Gil è uno sceneggiatore hollywoodiano che sogna di diventare scrittore, in viaggio con la sua futura e molto snob sposa Inez e due suoceri di troppo borghesi e perbenisti, in una Parigi già visitata ma ai suoi occhi sempre meravigliosa. Penserebbe di trasferirsi, ma la sua donna sogna Malibu, preferisce a lui l’idea di un matrimonio fastoso e alla fine cede alle avances di ex compagno di studi decisamente pedante. Solo e incompreso l’aspirante scrittore si ritroverà a camminare per le strade deserte di una Parigi in notturna e a desiderare anche solo per un attimo di poterla vivere al massimo del suo splendore negli anni Venti, quando la Ville Lumiere era gremita di giovani artisti un po’ folli che sarebbero diventati famosi nel giro di qualche decennio. E come nelle favole più belle, basta poco, anche solo lo scoccare della mezzanotte, per avverare i desideri. Gil di colpo si ritrova catapultato nei luoghi frequentati dai suoi tanto amati scrittori e artisti, da Zelda e Francis Scott Fitzgerald, a Ernest Hemingway, da Pablo Picasso a Salvador Dalì, e a vivere ogni notte tutto il potere della sua fantasia, tra jazz, night club, bistrot e fiumi di alcol, spinto dal desiderio di vivere in un’epoca che non l’appartiene, ma fascinosa perché tanto diversa dal suo mondo fatto di frustrazioni e incomprensioni.
Un omaggio di Woody Allen a Parigi innanzitutto. Il suo amore incondizionato per questa città lo si constata nei suoi precedenti film e lo si comprende bene sin dalle prime immagini di apertura, quando, come in una sequenza silenziosa di diapositive proiettate, si susseguono gli scorci più famosi di Parigi dall’alba alla notte, dai monumenti alle viste dei bistrot tipicamente francesi, fino all’immancabile Tour Eiffel illuminata da mille bagliori colorati e intermittenti.
E poi c’è lui, Gil come Woody Allen, a sua volta come Owen Wilson. Quell’attore che ricorda moltissimo il regista negli sguardi persi, nei modi lenti, nel tocco leggero e nei dialoghi carichi e romantici. Un uomo che desidera evadere da un presente che opprime e trova così rifugio nel passato che non porta a nulla. L’illusione di incontrare personaggi celebri e importanti c’è, come la voglia di ricercare il bello e il meglio nel tempo che è stato. La vera sfida però non è accettare di poter tornare indietro, ma proseguire nel cammino difficile della vita, fatta spesso di dure decisioni da prendere, ma che fanno crescere.
L’atmosfera restituita allo spettatore è delle più dolci e rende l’opera del settantaseienne regista newyorkese, un gioiellino di pellicola surreale. A Woody Allen, che di fermarsi non ha proprio voglia ed è già pronto con il nuovo film Nero Fiddled, il merito quindi di aver dato voce a una favola moderna, con un personaggio bizzarro e un finale tutto da inventare. Perché le storie sono ancora più belle se le si può continuare a proprio piacimento e soprattutto se la morale di fondo è di provare soddisfazione per le piccole cose, da condividere con la persona giusta, magari conosciuta da pochissimo, ma che come te adora la pioggia e trova assolutamente magnifico passeggiare per Parigi a notte fonda.
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