C. dice che Midnight in Paris è un film sugli stereotipi e sui luoghi comuni, perché tutto nell'ultimo film di Woody Allen, dalla città ai personaggi del presente e del passato, è in un certo senso lo stereotipo di se stesso.
Per esempio, la carrellata di immagini di Parigi che apre il film è una specie di vetrina fotografica di ciò che questa città rappresenta nell'immaginario collettivo. Una città bellissima e romantica. Sospesa in un altro tempo. In cui anche le piogge improvvise diventano straordinariamente suggestive. In cui i parigini (in realtà ci sono quasi solo parigine!) sono tutti proprio come ce li immaginiamo. Sofisticati e affascinanti. Le periferie brutte non esistono, il traffico impazzito neanche, l'immigrazione non c'è mai stata.
Anche i protagonisti di questa storia, Gil, la sua fidanzata Inez, i genitori di lei e gli amici che incontrano casualmente sono il prototipo dell'americanità nelle sue varie sfaccettature: Gil vittima della fascinazione di certi americani per l'immagine romantica dell'Europa e della città di Parigi, gli altri o ignoranti, culturalmente distanti dal mondo europeo, privi di qualunque poesia e di fatto superficiali, ovvero pedanti, primi della classe e decisamente un po' freddini.
Infine, i personaggi del passato che Gil incontra nei suoi viaggi notturni (interpretati da un cast di tutto rispetto), dai coniugi Fitzgerald a Ernest Hemingway, da Gertrude Stein a Salvador Dalì, a Luis Bunuel sono tutti un po' la caricatura di se stessi, personalità ad un'unica dimensione, normalmente corrispondente a quella più conosciuta o più divertente.
Ancora, la locandina del film (Gil che cammina lungo gli argini della Senna sotto un cielo stellato alla Van Gogh in una posa e con un abbigliamento che ricordano moltissimo il giovane Robert Redford di film come I tre giorni del condor o Come eravamo) conferma l'impressione complessiva di un film che è un divertito omaggio alleniano alla cultura europea e al cinema.
Tutto questo molti critici - e anche C. - l'hanno interpretato come un segnale della raffinatezza di Woody Allen e hanno apprezzato la capacità del regista di essere colto, profondo e leggero al contempo, come ai suoi tempi d'oro.
A me il film è risultato gradevole e divertente. Aggiungo che qualche pezzo di sceneggiatura è da manuale e certamente degno del miglior Woody Allen. Detto questo, a me l'Allen che si fa i suoi "viaggi mentali" continua a non appassionare e soprattutto a restare solo sulla superficie della pelle (ed ecco qui che mi accorgo che le mie considerazioni erano state molto simili per Basta che funzioni).
Le quadrature astrali (a proposito, di che segno è Allen?) devono essere tali che personalmente vado molto più d'accordo con la sua anima noir e un po' ambigua, quella meravigliosamente venuta fuori in Matchpoint (un po' meno in altri film di quella tornata come Sogni e delitti).
L'ex appassionato di psicanalisi, la cui vita mentale prende spesso il sopravvento su quella reale, tendo evidentemente a tenerlo precauzionalmente lontano da me, perché potrebbe catturare la mia sensibilità ;-)
Ciò detto, un film che vale il prezzo del biglietto, quanto meno per la bellezza di Marion Cotillard (la musa ispiratrice non solo degli artisti che gravitano a Parigi, ma anche di Gil) e per le risate che suscita.
Tutto il resto che i critici hanno voluto leggere in questo film mi sembra francamente "fuffa".
Voto: 3,5/5