Mientras Duermes (J. Balaguerò, 2011)

Creato il 16 maggio 2012 da Frank_romantico @Combinazione_C

Pensiamo al cinema horror sotto un'ottica analitica, del tipo: cos'è che fa paura in un film horror? Non il sangue, non i "buu" telefonati, ne il comparto tecnico (musiche, scenografie...) che però, lo ammetto, è molto importante. No. A me quello che fa paura in un film horror è, appunto, l'orrore, quello invisibile e subdolo che prende forma quando si materializza nel quotidiano. Ad esempio, a me non fa paura la figura dell'uomo nero in se, che dell'horror è ed è stata un'icona, ma spaventa il lato oscuro che caratterizza ogni essere umano e che quando prende spazio in esso lo trasforma, appunto, nell'uomo nero.Ok, continuiamo con la nostra riflessione. Quel è uno dei registi horror che più di altri si è fatto notare in questi ultimi (e scialbi) anni? Sì, ce ne sono alcuni, ma noi ne prendiamo uno in particolare e diciamo Jaume Balaguerò. Perchè Balaguerò ha fatto proprio quello che dicevo sopra: ha preso un orrore invisibile e subdolo e lo ha traspositato nel quotidiano, dandogli forma. Lo ha fatto in Rec, lo ha fatto in Para entrar a vivir e Darkness. E della stessa cosa parliamo nel suo ultimo film, Mientras Duermes, del 2011.
César lavora come portiere in un condominio di Barcellona ed è un uomo depresso e infelice. Per colmare il vuoto che sente dentro ha trovato uno scopo: rendere infelici tutte le persone che lo circondano. Per questo ha preso di mire la solare Clara, una condomina che molesta proprio quando lei non è in grado di difendersi, ovvero di notte, mentre dorme.

Molti hanno definito questo un thriller, ma io non sono d'accordo. Mientras Duermes per me è un horror proprio perchè parla di un orrore subdolo, sociale. Del resto anche l'estetica di questo film richiama le opere precedenti del regista: l'ambientazione condominiale, che permette alle individualità un'interazione intima ma al tempo stesso superficiale; la componente iperrealista, che porta a concepire eventi incredibili come perfettamente credibili; il sadismo e la violenza e, per ultima, una certa dose di emoglobina (anche se in questo caso limitata ad un'unico momento). Lo stesso protagonista, Cesar, è un personaggio iperbolico, un essere umano che ha perduto la propria umanità e si è trasformato in un'icona (negativa), ovvero l'uomo nero. Come quest'ultimo infatti egli si nasconde nel posto più intimo del focolare domestico (la camera da letto) e vìola la stessa intimità personale nel momento di massima sicurezza ma anche di massima vulnerabilità per quest'ultima: il sonno. Una specie di Freddy Krueger che invece di colpire nel sogno trasforma in un incubo la quotidianità. 

Cesar (interpretato da uno straordinario Luis Tosar) è forse il personaggio più infelice mai apparso su uno schermo, un uomo precipitato nel baratro dell'esistenza e incapace di risalirlo. La sua sofferenza è talmente grande che egli non tenta più di essere felice, ma prova a trasformare la propria condizione in normalità rendendo infelici gli altri. Cesar è un reietto che dopo aver compreso e accettato la propria inadeguatezza alla vita, ha scelto di far saggiare la frustrazione e il dolore che prova al resto del mondo. Un modo forse per non sentirsi più solo o semplicemente una vendetta priva di qualunque elemento catartico. Per far questo prende di mira l'essere più positivo che gli è capitato di incontrare, Clara, la condomina sempre sorridente che solo per questo diventa oggetto di un esperimento/piano atto a dannare l'esistenza del prossimo. Esperimento condotto con atteggiamento quasi scentifico, metodico, privo di sbavature e proprio per questo atroce, insostenibile. Una violenza talmente subdola e crudele da far rimpiangere quella fisica alla torture porn. E' durante questo esperimento che noi conosciamo i due protagonisti dicotomici del film. Di loro infatti non ci viene rivelato niente, non vengono date informazioni che ci permettano di comprenderne le motivazioni ma solo esempi del tipo di esistenza che conducono. Soprattutto verso Cesar si tratta di un'indagine psicologica empirica che mette in luce una follia e violenza inaudita perchè programmata e mai plateale. 

D'altro canto Clara (Marta Etura, splendida) è un essere puro e cristallino, che prende la vita come viene ma che lentamente viene privata di tutto, spogliata e violentata come una bambola a cui vengono tranciate le braccia. Lei è l'oggetto di un gioco perverso che ha come scopo la distruzione dell'oggetto stesso. Probabilmente Cesar è innamorato di lei e per questo l'ha scelta come vittima: lui la plasma, la trasforma perchè gli assomigli, per condividere un'esistenza inutile e vuota in un gesto d'amore estremo. Lei però rimane sempre fuori dal film. Il suo punto di vista, se non nel finale (e rappresentato da una semplice espressione facciale) ci viene sempre negato. La storia la viviamo attraverso Cesar ed è per questo che fa così male, perchè volenti o nolenti dobbiamo condividere lo sguardo dell'uomo fino ad identificarci con lui. Per questo ci sentiamo sporchi, per questo voltiamo lo sguardo durante alcune scene: sappiamo ciò che sta per accadere mentre lei n'è ignara, soffriamo per la sua sorte ma non possiamo non sentire il peso della personalità del suo persecutore. Alla fine cadiamo anche noi in quel buco di disperazione, anche noi affoghiamo sopraffatti da tanta tristezza continuando comunque a provare pietà per una vittima che, una volta tanto, non merita quello che gli sta succedendo.

Attorno a loro una cornicie di personaggi variegati, un ammassarsi di umanità in spazi ristretti. Un'umanità verso cui è impossibile provare simpatia tant'è impegnata a fingere, a sembrare, a darsi un'apparenza. Si tratta di quotidianità, del mondo reale, si tratta di un universo virtuale corrotto nel profondo in cui la violenza non esplode ma si insinua virale. La follia di Cesar è legata a tutto questo perchè deriva da un mal di vivere sociale. Non che sia una scusa alla sua crudeltà, ma di certo è una spiegazione. Alla fine la sua finzione ha uno scopo diverso da quello comune: lui finge per distruggere un mondo che non gli appartiene, gli altri per farne parte.
Dopo aver provato la camera a spalla, Balaguerò torna ad uno stile di regia classico senza però rinunciare ad uno stile che fa dell'immedesimazione il suo punto di forza. Ad un certo punto infatti noi siamo Cesar. Siamo noi sotto quel letto dove lui si nasconde, siamo noi che facciamo i preparativi per la notte, siamo noi che proviamo a fuggire per non essere scoperti e tifiamo perchè lui ce la faccia, vergognandoci subito dopo di averlo pensato. Il nostro, che con il franchising avrebbe potuto vivere di rendita, fa una mossa scomoda ed esce con questo film. Ci vuole coraggio, ci vuole talento, ci vuole occhio. L'horror non è solo zombie, fantasmi e sangue. Sarebbe ora che oltra ad alcuni artisti illuminati se ne rendesse conto anche il pubblico. 


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