Migliorare la Banda larga in Italia....mancano i soldi

Da Roxioni
In Italia sono scarsi gli investimenti per la banda larga.
Uno dei pochi settori in cui le tariffe italiane sono allineate a quelle Europee riguarda la connessione internet, lo stesso però non si può dire per quanto riguarda la velocità media offerta.
L’indagine è stata svolta da SOS tariffe prendendo in considerazione 11 nazioni Europee ( Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Irlanda, Norvegia, Svezia, Grecia e Polonia) e calcolando il costo per Mbps (Megabit per secondo) al mese per le varie tipologie di offerta ai privati.....
L’Italia come dicevamo raggiunge la sufficienza sul fronte dei prezzi, sebbene la velocità media risulti decisamente bassa, a testimonianza che gli investimenti nella banda larga fino ad ora non sono stati una priorità del nostro Paese.
Tornando ai prezzi, le tariffe relative alla sola Adsl sono risultate meno convenienti tra i provider nordeuropei, Polonia e Norvegia in testa con un costo mensile pari rispettivamente a 7,37 e 7,75 euro a Mbps (Megabit per secondo). source

Rappresentazione di velocità ottenibili per le tecnologie ADSL diverse

Tutti sembrano essersi dimenticati dello sviluppo della banda larga in Italia, nonostante sia dimostrato che corrisponda con un notevole aumento del PIL. Tutti meno Giulio Tremonti che sta stringendo molto i rapporti con la Cina per farsi creare le reti di cui ha bisogno l’Italia. Ma sarà davvero una mossa intelligente o il solito rimedio all’italiana?
Grazie ai nuovi sviluppi della crisi europea e soprattutto di quella italiana moltissimi progetti per il paese sono stati accantonati in attesa di nuovi fondi. Uno dei più importanti quello dello sviluppo della banda larga e delle reti ad alta velocità. Importante perché, come ha recentemente illustrato uno studio della World Bank , lo sviluppo di reti ad alta velocità in paesi dove la crescita del PIL è ridotta ne comporta un notevole ed immediato aumento (1,38 punti per un aumento del 10% della penetrazione del broadband ), seguito ovviamente dalla creazione di nuovi settori di business e la conseguente creazione di innumerevoli posti di lavoro. Questo l’hanno capito in molti, da Obama alla Merkel, ma in Italia il messaggio pare non essere arrivato. O forse no?
Da luglio di quest’anno si susseguono le visite dei nostri ministri dell’Economia e dello Sviluppo oltre che dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti in Cina e anche visite dei vertici cinesi in Italia. Si sono infatti incontrati per discutere di possibili investimenti della China Investment Corporation nel debito pubblico Italiano (che ha sfondato il tetto dei 1900 miliardi di Euro). Non solo, pare, come rivelato dal Financial Times, che i cinesi siano interessati ad investire in strutture strategiche ed infrastrutture in Italia. Come? Oltre a riversare fondi nella Cassa Depositi e Prestiti per sbloccare l’avvio del progetto NGN fibra per l’Italia sarebbero intenzionati a finanziare le proprie imprese che lavorano nel settore broadband(Huawei e ZTE) per permettere loro di entrare nel progetto in modo estremamente concorrenziale e garantire quindi lo sviluppo della rete di nuova generazione in Italia.

Dato che i fondi italiani promessi, prima 1,2 miliardi, poi 800 milioni e ora i rimasugli della vendita delle frequenze della vecchia tv analogica meno il necessario per il rimborso alle tv locali per l’abbandono delle frequenze, sono davvero scarsi, un intervento cinese sembra essere un’ottima novità per il paese, ma occorre fare un’analisi attenta.
Innanzitutto è inammissibile che non si sia ancora nemmeno riusciti a capire “chi deve fare cosa” in un progetto così vitale ed importante per l’Italia. Ma soprattutto, perché dobbiamo lasciare che siano i cinesi a creare un’infrastruttura così importante per il paese, che molto probabilmente sarà il futuro della nostra economia. La banda larga nel futuro rappresenterà la linfa vitale delle nostre infrastrutture, permettendo di collegarle, i servizi pubblici saranno sempre più online e le aziende si stanno muovendo verso il cloud computing, quindi perché lasciare alla Cina la gestione di una risorsa così importante? Bisogna anche ricordare che in Cina la censura del web è fortissima, tanto che aziende come Google stanno pensando di uscire dal loro mercato. E se una cosa del genere succedesse anche in Italia grazie al loro controllo sulla rete?
La lista dei pro e dei contro è lunghissima, ma non andrebbe nemmeno stilata. L’Italia deve o dovrebbe essere in grado di crearsi da sola la propria rete, senza interventi esteri e in base alle proprie esigenze. Il problema rimane uno soltanto: Telecom. Se la rete in rame fosse rimasta pubblica e non svenduta assieme a Telecom ora lo stato potrebbe averne il controllo e avrebbe la possibilità di trattare tutte le TLC alla pari, garantendo loro un semplice e sicuro investimento nella nuova rete in fibra, con il conseguente risparmio di denaro pubblico grazie al maggiore intervento privato. Invece il governo e il paese stanno regalando ai cittadini uno scontro a tre tra le varie compagnie di telecomunicazione, Telecom e l’AGCOM dove ad ogni nuova partita ne esce un solo ed unico vincitore, Telecom, che di fatto continua ad intralciare lo sviluppo del paese con la sua inutile rete in rame.
Fondamentalmente e come al solito quindi, ci troviamo a dover scegliere il male minore, sottostare allo strapotere Telecom o accettare l’ingresso della Cina. Ma è possibile che in questo paese non si possa fare nulla liberamente? source

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