Tabu
(analisi prologo)
Come promesso, verrà proposta da I Cineuforici un'accurata analisi del capolavoro di Miguel Gomes: Tabu. L'analisi, come per Holy Motors, sarà particolarmente strutturata e verrà suddivisa in tre parti con altrettanti post. Da protocollo, si partirà dal principio, ovvero dal prologo. Prima delle parole, la visione...
Accompagnato
dalla musica di un pianoforte e dai titoli di testa, il prologo inizia con un
emozionante piano sull’esploratore al centro dell’inquadratura. La sua postura
è leggermente di tre quarti, lo sguardo rivolto verso il basso e le spalle
leggermente abbassate: ha la saudade.
Alcuni nativi del posto lo raggiungono e lo superano, allontanandosi verso lo
sfondo verdeggiante della giungla. La voce narrante, dello stesso Miguel Gomes,
ci illustra il personaggio dell’esploratore melancolico. Presentando allo
spettatore il carattere melancolico dell’intrépido explorador in maniera così diretta,
il regista fornisce la chiave di lettura della sua pellicola: un’oscillazione
fra gioia e dolore, tristezza e felicità. Edouardo Lourenço, saggista e filosofo
portoghese, descrive la saudade e la
sua influenza sui portoghesi (T.d.a):
“I portoghesi
sono talmente presi dal sentimento della saudade
che hanno rinunciato a definirla. Una sorta di melancolia allo stesso tempo
triste e felice? Una discesa, come quella di Orfeo, in un labirinto del tempo
sepolto, per percepire il volto vivo e morto, della felicità passata? La saudade non si spiega, si vive”.
Non è un caso
che Gomes non spiega, non definisce lo stato della saudade. Essa è presente nella pellicola, ma non va spiegata: deve
essere vista e vissuta sia dai protagonisti sia dallo spettatore.
Dopo aver
mostrato il lavoro dei nativi dell’Africa centrale, Gomes segue con un travelling la camminata di profilo dell’intrépido explorador, fuggito dalla sua terra natale per allontanarsi
dai ricordi della sua amata. “Il cuore è il muscolo più insolente del nostro
organismo”, sostiene Gomes. Talmente insolente, che fa vivere al personaggio
cose che razionalmente non si dovrebbe vivere. Emerge in questo piano, nella plongée successiva sul riposo dell’esploratore
e nella seguente contre plongée sul
fantasma della moglie, il duello fra razionalità e sentimento. La lotta fra questi
due poli, ossia tentare di dimenticare la moglie defunta, il desiderio di
rivederla da parte del muscolo insolente e la successiva visione, fa nascere
nell’intrépido explorador
proprio lo stato di saudade.
Non si può scappare al muscolo insolente,
sostiene la moglie. Alla melancolia nessun rimedio è possibile, se non con la
morte (così afferma l’esploratore in due magnifici controcampi con la moglie).
Il silenzio successivo della voce narrante,
nonchè l’immagine dell’esploratore che cammina nel cuore dell’Africa e la
musica del pianoforte che acquista un ritmo da comica di inizio novecento,
fanno intendere il passaggio a una nuova fase del prologo, la più emozionante.
L’esploratore, di spalle, guarda il fiume che si dispiega di fronte ai suoi
occhi, con la solita aria melancolica. Si volta verso la cinepresa e, con un
cenno della mano, saluta i nativi del posto. La voce narrante spiega che nelle
acque un coccodrillo attende il tuffo dell’esploratore, il quale, a sua volta,
è cosciente del suo destino. Dopo il tuffo, udibile fuori campo, la popolazione
del posto inscena una danza rituale. Essi hanno dei fischietti di plastica. È un
errore del film? No, si tratta dell’espressione di uno stato d’animo, non della
realtà. I fischietti hanno la funzione delle magliette della squadra di calcio
del Barcellona e che si ricordava nella recensione: è un atto di magia, di
coinvolgimento e di creazione, non la riproduzione fedele dell’Africa.
Da ultimo, una sequenza illustra il ruolo
del regista. Sulla danza dei nativi compare la notte e una luna piena. Un
coccodrillo triste e melancolico, come ricorda la voce del regista, è ai piedi
della moglie fantasma. Il coccodrillo è l’esploratore, si è cibato di lui e ne
ha assunto lo stato d’animo della saudade.
È con questo occhio, quello del coccodrillo e del regista, che deve essere
visto il resto della pellicola.
Mattia Giannone