Passa il tempo e mi accorgo, specie nelle mie passioni, che ho diverse lacune. Decine, se non centinaia, di film rinomati che non ho visto, libri importantissimi che non ho letto e via dicendo. Io credo di mettercela tutta, ma vedo che non si fa mai abbastanza. E me ne sono reso conto quando al tiggì ho sentito della morte di Mike Nichols, regista considerato importante ma che, purtroppo, non conoscevo se non di una fama riflessa. Di suo avevo visto solo Il laureato, ma così tanti anni fa che ne avevo solo un ricordo nebuloso, e dei suoi altri lavori a malapena conoscevo il titolo. C'era però questo Closer, film che non sapevo fosse suo ma che però avevo avuto modo di sentire citato in innumerevoli occasioni. Se ne parlava come di una pellicola complessa, sofisticata e bellissima... eppure non sono mai andato a reperirlo. In compenso però ero andato a reperirmi A Serbian film, quindi quelli che sono convinti che io sia un po' idiota devono avere un minimo di ragione. Così, quando la comunità blogger si è organizzata per fare il tributo a questo regista, ho deciso che era arrivato il momento di reperire questo benedettissimo film, in modo da farmi una mia idea su una pellicola che ha fatto così tanto parlare di sé. Tutto questo quando la polemica scatenata da quella storia e da quelle immagini è ben sopita, cosa eccelsa, perché così posso evitare di farmi condizionare dalle varie correnti di pensiero che si formarono all'epoca.
Dan è uno scrittore di necrologi che, un giorno, incontra Alice, soccorrendola dopo che è stata investita da una macchina. L'incontro con quella ragazza si conclude con un fidanzamento e la nuova storia riesce a dare a Dan l'ispirazione per scrivere il suo primo libro, che viene pubblicato. Ha così modo di conoscere la fotografa Anna Cameron, che ha il compito di fare la foto dell'autore per la quarta di copertina, che però rifugge le sue avance. Così, tramite uno scherzo in una chat, ha modo di farla incontrare con Larry, dottore dalla forte sessualità. Il destino di queste quattro vite è più legato che mai in un folle gioco di gelosie e tradimenti...
La prima cosa che ho pensato nel vedere questo film è che, per via dei dialoghi, doveva essere per forza tratto da una pièce teatrale. Ho scoperto poi che è proprio così e che l'autore di quello spettacolo, tal Patrick Marber, ha curato anche la sceneggiatura - così come ha curato quella di Cinquanta sfumature di grigio, ma non divaghiamo. L'altra cosa che ho pensato invece che questo è il classico film 'per grandi', affermazione che effettivamente può sembrare strana se detta da uno che i diciotto anni li ha passati da un bel pezzo. Il fatto però è che c'è una bella differenza fra il diventare 'legalmente maturi' e 'grandi', nel senso di adulti completi, e in parte questo film ne è la prova. La pellicola infatti parla del tema più abusato ma, al contempo, più difficile del mondo: l'amore. Si sa che al mondo ci sono diversi tipi di amore e che lo stesso muta, perché tutte le cose sono costrette a evolversi nel tempo. Prendiamo due persone che si fidanzano molto giovani e hanno la fortuna di invecchiare insieme, e potremmo dire che, pur continuando ad amarsi, si sono amati in maniera diversa in ogni momento della vita. L'amore che provano due ventenni è diverso da quello provato da due quarantenni, così come quello di due ottuagenari, ma sempre di amore si tratta. Anche se è come paragonare Otto e mezzo e Oldoby: sempre di film si tratta, anche se son due cose totalmente diverse. L'amore quindi si evolve e per comprenderlo appieno bisogna passare certe fasi che io, pur essendo fidanzato da molto tempo, non ho trascorso. Mi manca il convivere, il provare la noia (per certi versi, credo che quella sia il nemico peggiore di un rapporto insieme alla mancanza di misteri, come cantava Jacques Brel) e il sentirmi schiacciato dagli impegni quotidiani, quindi non credo di riuscire a capire in fondo una pellicola come questa, che sembra rivolgersi a chi ha già passato tutte queste cose. Posso quindi cogliere da principio solo quelli che sono i demeriti tecnici, ovvero quei dialoghi troppo teatrali e quindi poco credibili nella nuova natura filmica, insieme a una regia che non riesce a valorizzare troppo il passare del tempo e fa comprendere un paio di sequenze inizialmente destabilizzanti solo dai discorsi fra i personaggi - quando invece il film dovrebbe comunicare maggiormente a immagini, stando a una delle mie solite pippate mentali. Posso aver compreso quindi quello che è solo un messaggio di fondo, quello più superficiale e che quindi mi offusca la vista, impedendomi di fare un'analisi maggiormente approfondita. Fondamentalmente, quello è un gioco svolto da tre personaggi, ovvero Dan, Anna e Larry, le persone adulte e apparentemente 'responsabilizzate'. Alice è l'elemento neutro, quello più ingenuo e, come ci fa intendere il suo apparire in quelle strade londinesi con quegli improbabili capelli, quasi estraneo a quel mondo. Lei è l'unica in grado di amare spassionatamente, un amore sincero e che dona tutto sé stesso al prossimo. E infatti non sarà mai una partecipante attiva nella partita e, se le sue scelte avranno modo di cambiare gli eventi, sarà sempre per un motivo istintivo, per nulla premeditato. Ma cosa resta ai partecipanti, alla fine? Nulla. Solo dubbi, contro le convinzioni che speravano di trovare. "Senza verità siamo animali" dice Dan a un certo punto, ma la verità è così necessaria? Abbiamo bisogno di sapere oppure di credere? Amare vuol dire fidarsi o avere una conferma? Si ha però la sola certezza che c'è questa partita dei sensi da portare avanti. E come ci farà intendere il bellissimo finale (che però fa perno su una situazione poco credibile, a mio avviso, ma è un fattore secondario), l'amore forse è davvero un gioco. Dinanzi a esso ogni cosa perde logica e senso e finiamo per mostrarci in quello che siamo realmente, nonostante le fattezze e le apparenze: dei bambini immaturi. Ma nel comprendere certe cose, spesso il cervello risulta d'impiccio.
Molto probabilmente non l'ho capito per i fatti di cui sopra ma, nonostante alcuni difetti tecnici, è un film che mi ha fatto pensare. E mi ha fatto capire che forse è meglio che mi rispolvero la filmografia del compianto Mike Nichols.
Voto: ★★★ ½Partecioano anche gli amici:Onironauta Idiosincratico Non c'è paragone
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Mari's Red Room