Due morti strane, vicine nel tempo e circondate da un alone di mistero. Ma se state cercando un noir, un giallo o un thriller, questo non è il libro giusto. Un anno nero per Miki è semplicemente la storia di un uomo, o almeno di una parte della sua vita, vissuta con il suo paraocchi; è la tragica vicenda umana di un quarantenne, che non si sente più giovane ma che scappa dalla vecchiaia, troppo intelligente per farsi ingannare dagli specchietti del successo, troppo stupido per riuscire ad amare davvero qualcuno. Miki è uno che scappa: dal dolore, dai rapporti umani, dalla vita vera. Si rinchiude nel suo guscio fatto di internet, alcool, GHB, porno. Prova ad amare giusto per avere la conferma che è la solitudine quello che gli resta, perché ciò che lui cerca è una freschezza adolescenziale che gli è stata tolta per sempre. Miki ha solo desideri, nessun ricordo. E' l'homo sapiens che guarda al gradino successivo: solo che per quelli della sua specie non funziona così. La civilizzazione, con tutti i suoi oggetti asettici, le armi, le droghe sintetiche, i preservativi, quella è già arrivata. Non rimane nulla da scoprire, nessun traguardo possibile. Miki si è trasformato nel guscio in cui si è nascosto, quando ha smesso di ricordare.
Quello che si prova leggendo questo libro: non c'è niente da capire, niente da scoprire. Nessuna traccia da seguire per smascherare assassini, nessun racconto di vite passate, nemmeno troppa psicologia dei personaggi. Solo un pilota automatico, con le sue crisi di panico. Che sia un romanzo camp? Un'operazione di pop art, dove in quello che vorrebbe essere il climax (che poi si affloscia come certe torte cotte male) le immagini dell'attentato alle Torri Gemelle si alterna fino a sovrapporsi a quella di una fellatio.
Ovejero non ha paura a confessare: "Miki sono io. Miki è come ognuno di noi, quando cerchiamo di sfuggire a certe regioni oscure della nostra esistenza. La letteratura, in questo caso, è un po' la voce della nostra ombra".