-Attacco della profondità, i calci d’angolo, i cross dei terzini-
Mister Allegri dovrà stimolare la squadra alla concentrazione ed ad una maggior risolutezza.
A due mesi dalla fine della stagione agonistica, Il Milan ha raggiunto una sua riconoscibilità di gioco, una sua espressione agonistica che non muterà più fino alla prossima stagione, sebbene, già a partire dalla prossima gara, alcune questioni specifiche possano essere perfezionate.
La squadra ha andamento ondivago sui 90 minuti, aldilà degli interpreti differenti. Non abbiamo trovato infatti che l’ingresso di Boateng abbia cambiato la cifra tecnica messa in campo contro il Napoli, men che meno con la Juventus, né quello di Pato a Verona di per sé; piuttosto l’aver cambiato modo di costruire il gioco offensivo per favorirlo, poiché generlamente tende a NON sfruttare a pieno le differenti risorse che offrono gli interpreti a disposizione.
Partiamo da un fatto acquisito: la squadra ha saputo rimanere equilibrata anche con il centrocampo di Londra, giocando una gara “pronta”: il fil rouge che lega le ultime prestazioni lo troviamo nella solidità difensiva… segno che “il messaggio di fondo” di Mister Allegri è stato recepito.
Non esiste “il bel gioco” in sé, e, quando ne parliamo, ne valutiamo in realtà la sua efficacia: il Milan di Sacchi, se si fosse fermato a quel “bel” 0-2 casalingo contro la Fiorentina, certamente non sarebbe assurto a modello. Il calcio è cambiato -privilegiando l’aspetto atletico a quello tecnico-, ed in attesa del “calcio che verrà”, l’armonia di una squadra la possiamo trovare nella sincronia fra i reparti e nella razionalità
Troppo spesso manca un raccordo tecnico tra fase di riconquista e riproposizione, ed è naturale riscontrare due aspetti: i due centrali difensivi sono chiamati ad un lavoro supplementare in fase d’impostazione; se manca il movimento a sostegno -inserimento- dei cc, la squadra perde in efficacia non appena il centrattacco ha un calo -naturale- nel rendimento. Diventiamo prevedibili e prepararci la gara “contro” non diventa impossibile: basterà andare a prendere i centrocampisti che accorciano sulla sponda della prima punta -ma alla Juve non è riuscito, in occasione dello 0-1-.
L’appannamento di Ibra personalmente non lo riconduco alla mancanza del gol, ma nella frequenza della giocata, e nei tempi della stessa. Questo porta ad una serie di conseguenze: la più evidente ed in parte legata a questo aspetto, è il movimento di Robinho, che fa “la virgola”: spesso determinante, questo spostamento rischia di perdere in efficacia… perché al movimento di Robinho non fa seguito l’inserimento di un centrocampista, tanto da farci dire “Ma cosa giochiamo, a 4.3.3.?” Naturalmente no, ne cogliamo se mai la degenerazione, non essendo supportato da un movimento senza palla e una costruzione adatti a sostenerlo.
- Variare il proprio modo di stare in campo: a seconda degli interpreti e dell’avversario, ricercare differenti soluzioni
Non fermiamoci quindi “ai numeri” -che possono ingannare-, cerchiamo di cogliere cosa e dove un modulo trova concretezza: nel movimento d’assieme, non sulla disposizione statica. Da sabato sera, la squadra si vedrà pure obbligata a giocare la profondità anche in maniera diversa, da ricercare dietro alla linea difensiva per Pato, “cercato” solo a singhiozzo nel suo calcio istintuale: quello che lo vede primeggiare nello spazio da attaccare.
Un altro aspetto nelle ultime uscite salta all’occhio: la mancanza di un battitore sui calci d’angolo. Premettendo che calciarli non è solo questione di sensibilità del piede, ma anche di possedere un certo gusto nel batterli, ci sono un paio di aspetti salienti che possiamo cogliere, in breve.
La battuta corta ha due ragioni di essere: la prima è quella che ci preserva dal subire il contropiede; la seconda è duplice e consta nel poter giocare profondo sulla risalita contro una difesa particolarmente abile sulle palle aeree o creare una superiorità con un compagno che mette in mezzo l’uomo in copertura della traiettoria.
Ultimo aspetto: i cross di Abate sono migliorati per frequenza e anche in qualità -stanno poco per aria-: su questi, troppo spesso non viene attaccato né il primo né il secondo palo, né dalle punte nè da un centrocampista.
Vediamo allora come l’opportunità che offrono le palle alte in entrambi gli aspetti sia malgestita, dato pure il numero di ottimi colpitori di testa a disposizione, richiamandoci ad una critica che vuole ricondursi alla crescita della squadra, a quella di chi la segue con passione e gusto per quel che accade in campo e non in un mondo di suggestioni cui sarà meglio impedire di prendere il sopravvento.