La duttilità tattica di Conte ha la meglio sull’involuto Allegri
la doppietta di Caceres regala il successo ai bianconeri
Signore e signori la semifinale più brutta degli ultimi anni consegna verdetti pesanti come macigni che rischiano di condizionare la stagione di Juventus e Milan con i bianconeri che certificano un record di imbattibilità che oramai supera le venti partite ed un Milan in caduta libera.
I rossoneri ieri sera sono apparsi lenti, prevedibili e privi di grinta, l’assetto tattico assolutamente e cocciutamente ancorato ad un 4-3-1-2 inutile contro una Juve che lavora enormemente sulle fasce (sopratutto la destra da cui guarda caso sono arrivati i due gol) proprio per allargare le maglie della mediana avversaria e concedere più respiro al cuore del gioco di Conte, quell’Andrea Pirlo rinato all’ombra della mole.
La partita è lo specchio di queste stringate e risapute valutazioni, Allegri si ostina a presentare un Milan intrappolato in uno schema inadatto agli uomini a disposizione e non rafforza gli esterni al fine di costringere quelli Juventini a restar bassi, concede terreno poi proprio a sinistra mettendo titolare un inguardabile Antonini (assolutamente e pienamente responsabile sui due gol di Caceres, perdendo l’uruguagio nel primo caso e facendosi trovare fuori posizione nel secondo) e fomando una diga a centrocampo in cui il solo Van Bommel combina qualcosa di buono, mentre Ambrosini attacca ma è perennemente in ritardo in copertura -normale quando si parla di un mediano non di corsa ma di posizione- ed un Seedorf trequartista da brividi ma per l’orrida partita disputata non per altro.
L’attacco rossonero non è certo esente da colpe, El Sharaawhy esagera per egoismo e presunzione (nella ripresa lo si è visto provare a segnare da posizione defilata da quasi trenta metri) ed Ibrahimovic bè, dopo il folle gesto di domenica su Aronica, tutti lo attendevano motivato e furioso, lui si presenta lento, menefreghista ed indisponente ed a fine partita regala il bis del buffetto contro Storari (saranno mica i primi segnali di un addiao, viste anche le parole sibilline di Raiola e che queste scene ricalcano i titoli di coda dell’avventura nerazzurra dello svedesone tutto genio e sregolatezza?).
Per un Allegri che sbaglia tutto e il cui 4-2-4 finale è più frutto di disperazione che di acume tattico, c’è un Conte perfetto, che schiera mezza panchina ed il suo giocattolo perfettamente oliato non scricchiola nemmeno per un secondo – molto merito va anche alla pessima prova rossonera – gli estrni volano e sono sempre pericolosi, le mezzali laterali flottano e si alternano al fianco di Pirlo con tempi e modalità tatticamente perfetti, la punta centrale – Borriello- si muove in verticale costringendo sempre uno dei centrali difensivi rossoneri fuori posizione e favorendo le diagonali offensive delle due ali di turno, Del Piero ed Estigarribia (falso quarto uomo di centrocampo per l’occasione) che si inseriscono in maniera perfetta costringendo gli esterni difensivi rossoneri a stringere ed aprendo così eventuali spazi per gli inserimenti sulle fasce del terzino o della mezzala bianconera di turno, a proposito, Giaccherini in versione centrocampista è un vero spettacolo per intensità e qualità.
La Juve vince in gioco e solidità prima ancora che nel punteggio e se ciò che ai bianconeri si rimproverava fin’ora era la mancanza di personalità, oramai gli uomini di Conte hanno superato il problema dimostrandosi forti e consapevoli oltre ogni immaginazione e le parole parche di Conte nelle varie conferenze stampa si dimostrano strumento per tenere umile l’ambiente e non volte a svalutare il gruppo.
Per un Milan che scende c’è una Juve che sale dunque e la finale di Coppa Italia appare ipotecata contro una squadra piccola ed insicura come era ieri sera quella di Allegri che ancora continua a vivacchiare in campionato ma che dovrà stravolgere tatticamente e psicologicamente gli equilibri dei suoi uominii se non vuole rischiare di perdere, nelle prossime due settimane, campionato e coppe tutto in un sol colpo e con quelli anche la panchina del club più titolato al mondo, anche se adesso gli slogan roboanti valgono ben poco difronte ad un’involuzione calcistica ed umana quasi incomprensibile.