Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell'essere

Da Silvy56

“Tutte le lingue che derivano dal latino formano la parola ‘compassione’ dal prefisso «com-» e la radice ‘passio’ che significa originariamente «sofferenza». In altre lingue, ad esempio in ceco, in polacco, in tedesco, in svedese, questa parola viene tradotta con un sostantivo composto da un prefisso con lo stesso significato seguito dalla parola «sentimento» […]. La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce diversa e le dà un senso più ampio: avere compassione (co-sentimento) significa vivere assieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore. […] designa quindi la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni. […] Non c’è nulla di più pesante della compassione. Nemmeno il nostro proprio dolore è così pesante come un dolore che si prova con un altro, verso un altro, al posto di un altro, moltiplicato dall’immaginazione, prolungato in centinaia di echi.