Approfitterete della giornata di festa per dedicarvi a un libro?
Io ho voluto iniziare la giornata (tante ore fa ormai!) come sempre con un’indispensabile tazza di caffè ed un’altrettanto necessario quarto d’ora di lettura. Ho preso in mano “Per legge superiore” di Giorgio Fontana ed ho capito che mi piacerà molto. Non solo per il suo bel modo di scrivere e per la storia. Perchè il sostituto procuratore Roberto Doni ed il suo dilemma morale, il tema della legge e della giustizia, non sono gli unici protagonisti del libro. Lo è anche Milano, e Fontana lo mette in chiaro fin dall’inizio, alla quarta pagina!
Dove ci regala questo dialogo tra Doni e il collega Michele Salvatori per raccontare l’anima della città: aspra e coriacea all’inizio, ma che sa aprirsi a chi ha la volontà e l’entusiasmo di scoprirla. Perchè alla fine la luce della primavera arriva anche qui. Buona lettura.
“Sei stufo di star qua, eh?”
Doni alzò le spalle e bevve un sorso d’acqua. La cameriera portò il conto.
“Io ne ho le tasche piene”, disse Salvatori. “Milano mi fa schifo. Son quattro anni che ci lavoro e già non ne posso più. Ma come si fa? Sì, lo so, si sopravvive. E’ appunto questo il problema. Milano è una città che si attraversa. Io ancora non l’ho capita, e sopratutto non la conosco. Ci passo sempre sotto, a questa città del demonio. Abito a Piola, prendo la verde, poi cambio con la rossa, esco a San Babila al mattino e percorso inverso la sera. Mi vuoi dire dove minchia vivo?”
“A Piola”
“Sì, buonanotte”
“Puoi passeggiare la sera, se ci tieni tanto”
“Ma no. Dove vuoi andare? Poi d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo”
“Beh, ora si sta bene”
“Ah, come posso spiegarti, è una questione di tempi, di passi”. Doni allargò un sorriso. “Di gratificazione”
“Milano è una città avara. Devi pregarla, per ottenere qualcosa”
“Ma non sono abituato. Io sono abituato che una città mi arrivi in faccia, non che debba mettermi in ginocchio e combattere per ogni pezzetto di pace. Sarà che sono del Sud come da luogo comune, che ne so. Sarà quel che sarà, ma per vivere qui ci va l’aiuto di Dio”.“Amen”, disse Doni. E prese un altro sorso di birra artigianale. Era fresca e forte: sentì la bocca rilassarsi e un dolore piacevole alle mascelle. Salvatori lo fissò e si fece una risata.
“Amen”, ripetè. “E gloria nell’alto dei cieli”
Ma uscendo dal ristorante, Doni vide un raggio di luce tagliare i palazzi all’incrocio con via Conservatorio. C’era una calma innaturale in quel momento, una bellezza scritta nel contrasto: la teoria di Salvatori confutata, e Milano improvvisamente splendida.