MILANO. Tutti i segreti di uno Stradivari alla luce di Raggi X e UV
Creato il 22 luglio 2013 da Agipapress
MILANO. Raggi ultravioletti, raggi X e, persino, la tecnica
di datazione che si usa per gli alberi, la dendrocronologia. È il mix di
tecniche non invasive utilizzato per far luce sulla composizione e le
caratteristiche della tavola armonica di un violino costruito da Antonio
Stradivari circa tra secoli fa.
La ricerca, realizzata dal Laboratorio Arvedi
dell’Università degli Studi di Pavia, in collaborazione con il Centro
Universitario per le Datazioni dell’Università di Milano-Bicocca e il
Dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano è stata pubblicata di
recente sulla rivista Applied Physics A (M. Malagodi, C. Canevari, L.
Bonizzoni, A. Galli, F. Maspero, M. Martini, A
multi-technique chemical characterization of a Stradivari decorated violin top plate).
La tavola Stradivari appartiene all’inglese Charles Beare,
uno dei più noti esperti di violini a livello mondiale, che l’ha messa a
disposizione grazie alla partnership di ricerca avviata con la Fondazione
Antonio Stradivari Museo del Violino di Cremona e la Civica Scuola di Liuteria
di Milano.
Durante lo studio della tavola Stradivari, il gruppo di
ricerca dell’Università di Pavia che fa capo al CIRSRIC-Centro
Interdipartimentale di Studi e Ricerche per la Conservazione del Patrimonio
Culturale, diretto dal prof. Marco Morandotti e al Laboratorio Arvedi, con il
dr Marco Malagodi, ha utilizzato le più recenti tecniche di indagine per il
riconoscimento e la caratterizzazione dei materiali costitutivi della vernice e
delle decorazioni.
Il Laboratorio Arvedi di Pavia infatti, costituito grazie al
contributo della Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Buschini di Cremona, è un
centro di alta specializzazione nella ricerca scientifica e diagnostica per la
conservazione del legno, punto di riferimento per lo studio dei manufatti
lignei policromi e degli strumenti musicali antichi.
In particolare, nel caso dello Stradivari i ricercatori del
Laboratorio Arvedi hanno condotto una mappatura fotografica sia in luce
visibile sia ultravioletta, per il riconoscimento dei residui di vernice sulle
superfici della tavola armonica e per l’identificazione degli adesivi
utilizzati.
La campagna di rilievo micro dimensionale delle superfici e
degli elementi decorativi della tavola è stata eseguita in microscopia ottica
in luce riflessa con ingrandimenti fino a 100x e ha permesso di mappare gli
aspetti strutturali e morfologici della tavola, comprensivi anche delle fasi di
alterazione.
La parte di ricerca realizzata all’Università di
Milano-Bicocca ha impiegato diverse tecniche di indagine, tutte assolutamente non
distruttive, ed è stata condotta dal professor Marco Martini, direttore del
dipartimento di Scienza dei Materiali e dai suoi collaboratori Anna Galli
(ricercatore CNR-IFN) e Francesco Maspero (tecnico del CuDaM, il Centro Universitario per le
Datazioni di Milano-Bicocca).
In particolare, mediante la tecnica EDXRF, basata
sull’irraggiamento dell’opera con raggi X e condotta in collaborazione con
Letizia Bonizzoni del Dipartimento di Fisica di Unimi, sono stati studiati i
materiali e le decorazioni della tavola armonica ed è stato possibile
caratterizzare i materiali delle strisce decorative, rivelando l’utilizzo di un
particolare inchiostro, chiamato ferro gallico, noto per essere utilizzato
all’epoca come inchiostro da scrittura.
Applicando, inoltre, la tecnica della dendrocronologia sulla
tavola, la stessa tecnica che si usa per datare i tronchi degli alberi, il
gruppo di lavoro dell’Università di Milano-Bicocca ha potuto confermare che il
periodo di fabbricazione dello strumento corrisponde al periodo di attività del
famoso liutaio cremonese. Questa tecnica di datazione assolutamente non
distruttiva lega lo spessore degli anelli degli alberi al loro periodo di
crescita: confrontando le misure sperimentali con opportuni database è
possibile risalire alla collocazione storica dell’oggetto ligneo in esame.
“Questo studio - afferma il Dottor Marco Malagodi,
Ricercatore del Laboratorio Arvedi dell’Università di Pavia – fornisce un
contributo alla conoscenza delle tecniche costruttive di Stradivari e delle
antiche ricette usate nella decorazione dei suoi strumenti”. “L’utilizzo di
tecniche scientifiche sofisticate e non invasive – dicono Martini e i suoi
collaboratori - contribuisce sempre più alla conoscenza del patrimonio
culturale, permettendo di studiare i manufatti
senza lasciare traccia dell’intervento”.
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