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MILANO. "Un laboratorio europeo: la riflessione sulla giustizia a Milano da Beccaria a Manzoni": s'inaugura la mostra alla Braidense.

Creato il 27 ottobre 2014 da Agipapress
MILANO. S'inaugura domani martedì 28 ottobre (ore 17.30)presso laBiblioteca Nazionale Braidense in Sala Maria Teresa (Via Brera, 28 - Milano) la mostra "Un laboratorio europeo: la riflessione sulla giustizia a Milano da Beccaria a Manzoni", che resterà aperta fino al 12 febbraio. L'appuntamento sarà aperto da un concerto di brani dalla “Creazione” di Haydn.
Nel 2014 ricorrono i 250 anni dalla prima edizione del libro di Cesare Beccaria "Dei delitti e delle pene"stampato nel luglio 1764 a Livorno.
E' l'opera fondamentale del diritto italiano, uno dei capolavori dell’illuminismo non solo italiano, tappa decisiva nel rinnovamento dei sistemi giuridici e della riflessione sul problema cruciale della definizione del "delitto" e del suo rapporto con la "pena". Le pagine relative alla tortura e alla pena di morte sono tra i passaggi più utili per comprendere il lungo processo di costruzione delle società civili moderne, che ancora non è terminato. Dalla prima edizione ad oggi è uno dei testi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo.
E' l'opera fondamentale del diritto italiano, uno dei capolavori dell’illuminismo non solo italiano, tappa decisiva nel rinnovamento dei sistemi giuridici e della riflessione sul problema cruciale della definizione del "delitto" e del suo rapporto con la "pena". Le pagine relative alla tortura e alla pena di morte sono tra i passaggi più utili per comprendere il lungo processo di costruzione delle società civili moderne, che ancora non è terminato. Dalla prima edizione ad oggi è uno dei testi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo.E' l'opera fondamentale del diritto italiano, uno dei capolavori dell’illuminismo non solo italiano, tappa decisiva nel rinnovamento dei sistemi giuridici e della riflessione sul problema cruciale della definizione del "delitto" e del suo rapporto con la "pena". Le pagine relative alla tortura e alla pena di morte sono tra i passaggi più utili per comprendere il lungo processo di costruzione delle società civili moderne, che ancora non è terminato. Dalla prima edizione ad oggi è uno dei testi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo. La questione considerata da Beccaria era all’ordine del giorno della critica “filosofica” e del processo di razionalizzazione dei sistemi politici settecenteschi. Tuttavia il libro deve specialmente la sua nascita alle riflessioni che un gruppo di giovani patrizi, guidati da Pietro Verri, sviluppò a Milano nei primi anni Sessanta del '700, radunandosi in quella che venne chiamata l’Accademia dei Pugni, lo stesso gruppo cui si deve l’ideazione e la stesura di un periodico del tutto innovatore come "Il caffè". Da allora, a Milano, per un seguito di generazioni strettamente connesse, in un ambito sociale che si riconosceva solidalmente accomunato da una responsabilità intellettuale e civile che si rivolgeva innanzitutto alla propria città ma che continuava a guardare all’Europa, nell’arco di alcuni decenni la questione della giustizia resta centrale.
Nel 1776 Verri elabora le "Osservazioni sulla tortura" cui un cinquantennio dopo, con la "Storia della colonna infame", si richiamerà Manzoni, che di Beccaria è nipote. Entrambi, Verri e Manzoni, si misurano, attraverso gli stessi documenti, con un episodio della storia di Milano di cui la città deve come liberarsi: si tratta del processo agli untori del primo Seicento. Un "delitto impossibile" che rappresenta il concentrato dei difetti sociali e morali del mondo che si vorrebbe trasformare e superare. In questo percorso storicamente connesso, da Beccaria a Manzoni, la critica razionale si unisce all'esigenza dell’analisi storica e pone di per sé il problema dei modi della propria comunicazione, della ricerca di una forma narrativa, e dell’intreccio tra verità raccontata e verità reinventata, in un percorso che sfocia nel primo romanzo italiano moderno, ma che finirà per approdare alla sua stessa crisi.Per tutti questi aspetti, si tratta di un percorso che tocca problemi della nostra cultura attuale, per i quali Milano e la sua storia possono ancora proporsi al centro di una riflessione ormai globale.L’esposizione, composta in massima parte da manoscritti e testi a stampa e che trova la sua collocazione ideale e di grande prestigio nella sala Maria Teresa della Biblioteca Braidense, intende illustrare e commentare nel suo complesso tale percorso, che è possibile seguire attraverso una ricchissima e suggestiva serie di documenti (in special modo gli autografi di Beccaria, Pietro Verri e Manzoni), in gran parte conservati presso istituzioni milanesi, in particolare la Biblioteca Ambrosiana, la Fondazione Raffaele Mattioli, la Biblioteca Nazionale Braidense, oltre alle edizioni di Beccaria conservate nell'eccezionale raccolta di Luigi Firpo, oggi custodita nella Fondazione che porta il suo nome. Accanto a loro molte altre raccolte pubbliche e private hanno cooperato perché l’esposizione fosse completa. Il percorso sarà arricchito, come un commento, da una documentazione iconografica poco nota e la cui connessione con i temi dell’esposizione sarà per la prima volta messa in evidenza. Presso la sede della Pinacoteca Ambrosiana, nelle sale 2 e 3 sono esposti cimeli personali e familiari del Beccaria, l'editio princeps del suo capolavoro e numerose sue opere manoscritte.

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