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MINATORI: dal Sudafrica, al Sulcis, al Kentucky, il sindacato può fare una differenza, parola di figlio di minatore, cresciuto in miniera. E una poesia.

Creato il 01 settembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

MINATORI: dal Sudafrica, al Sulcis, al Kentucky, il sindacato può fare una differenza, parola di figlio di minatore, cresciuto in miniera. E una poesia.di Rina Brundu. Il lavoro dei minatori non finisce mai. E quando finito, se non li fa ammalare, può ucciderli nel tentativo di difenderlo. È stato questo il destino dei 34 minatori freddati dalla polizia il mese scorso in Sudafrica. Il brutale scontro, meglio noto come il Massacro di Marikana, durante il quale 78 altri minatori sono rimasti feriti, non è stato ancora completamente chiarito nelle sue dinamiche. Secondo la polizia gli agenti sarebbero stati minacciati dai lavoratori in sciopero, mentre è di oggi la notizia del ministro della giustizia di quel Paese che avrebbe chiesto spiegazioni alle autorità competenti sul perché i 270 minatori arrestati sarebbero stati anche accusati dell’omicidio dei colleghi.

Mentre il Sudafrica è in stato di shock, in Europa, nella zona del Sulcis (Sardegna), altri minatori sono pure impegnati a difendere il loro posto di lavoro e a scongiurare la chiusura dell’ultima miniera di carbone attiva d’Italia, la miniera di Nuraxi Figus. Con in mente le immagini delle loro proteste, e nel tentativo di capire meglio se la qualità della vita dei minatori moderni è davvero migliorata, ho deciso di fare alcune domande a Roger L. Philpot, figlio di un minatore del Kentucky e autore del sito “Coal miners”, un luogo virtuale ricco di informazioni sul mondo delle miniere e sulla cultura di riferimento.

C’è infatti qualcosa di bello, di commovente e di molto profondo nelle motivazioni che hanno portato Roger a creare il suo sito:

Sono figlio di un minatore del Kentucky. Sono stato allevato in un campo carbonifero, e con parole MIE voglio documentare online quella vita, affinché coloro che fossero interessati possano leggere di una tale esperienza. Prima di tutto voglio precisare che ci sono svariati settori della società civile che sperimentano sofferenza e stenti e che quello di cui racconterò io è solo uno dei tanti. In un “campo carbonifero” la Company possedeva ogni cosa, le case e tutto ciò che faceva parte del “campo”. I minatori che vi lavoravano erano solamente dei salariati, mentre la paga che ricevevano non era mai sufficiente a far vivere le loro famiglie con dignità. Le case erano per la maggior parte composte da quattro stanze senza servizi o impianti idraulici interni. Non c’erano strade, solo vicoli sporchi riempiti con cenere di carbone proveniente dalle stufe scalda-mattinata che venivano usate per dar calore alle case. Alcune abitazioni avevano un solo caminetto per riscaldarle nei freddi inverni. Un negozio di alimentari di proprietà della Company, permetteva ai minatori di acquistare i generi di prima necessità. I minatori usavano dei Buoni emessi dalla Company e chiamati script, i quali venivano accettati soltanto in quel negozio. Tennessee Ernie Ford aveva ragione quando compose i versi: debbo la mia anima al negozio della Company. Frequentai una scuola costruita sul lato di una montagna. Dovevo camminare tre, quattro miglia per arrivarci. Il nostro campo di pallacanestro era pietroso e sporco. Alcuni compagni indossavano abiti cenciosi, laceri e sporchi…

La segregazione era un altro elemento della società povera di allora….. La discriminazione razziale era la norma e la cosa mi infastidiva, in quanto bambino intuivo che era sbagliata.

Non era sempre che i minatori si godevano il lusso di una intera settimana di paga. I fagioli borlotti diventarono così la dieta principale sia per gli operai che per le loro famiglie. Sono convinto che i borlotti ne abbiano salvato alcune dalla fame. L’industria estrattiva carbonifera nel ventesimo secolo era molto pericolosa, per non parlare del lavoro davvero duro.  Spesso l’estrazione veniva fatta a mano, mentre la sicurezza del lavoratore non era un fattore tenuto in conto. Ricordo minatori uccisi con una certa frequenza quando il soffitto della miniera crollava loro addosso, ma la Company se ne disenteressava completamente per assicurarsi maggiori profitti”.

E ancora: “La silicosi era diffusa e la maggior parte dei minatori la contrassero. L’estrazione del carbone è un lavoro schifoso. Ho visto mio padre tornare a casa ogni giorno coperto in polvere di carbone. Ho giurato che non avrei mai lavorato in una miniera come quella. L’organizzazione sindacale dei lavoratori fu possibile grazie alla United Mine Workers (Associazione sindacale dei minatori) e a John L. Lewis. Grazie a loro cambiarono sia il regime salariale che le condizioni di lavoro. Prima dei sindacati la vita non era facile. I poveri cristi dovevano “riuscire”, la quale cosa secondo me ha generato persone più forti e migliori. Quella vita infatti non mi ha arrecato danno ma mi ha reso migliore. Ha fatto di me una persona che oggi sa apprezzare quello che ha. Sono sicuro che altri che hanno sperimentato un simile genere di vita possano concordare. Ho quindi creato questo sito per tutti coloro che hanno vissuto una tale espoerienza e possono capire cosa significa essere figlio o figlia di un minatore…”.

Impossibile, dopo avere letto queste considerazioni di Roger, non chiedergli che cosa è rimasto del mondo da lui “celebrato” nei nostri tempi virtuali.

D. Che pregnanza ha oggidì l’industria mineraria in Kentucky e negli Stati Uniti in generale?

A. Il mio Paese dipende dall’industria estrattiva e dipende dalla produzione di carbone. Ci sono più di 1000 miniere di superficie e più di 1000 miniere sotterranee negli Stati Uniti. Dal carbone viene prodotta più della metà dell’elettricità impiegata in un Paese dove ogni persona fa uso di 3.8 tonnellate di carbone l’anno. La produzione di carbone statunitense ha raggiunto il record di 1133 miliardi di tonnellate nel 2005, mentre il record dei consumi è stato di 1128 miliardi di tonnellate. La sola produzione di corrente elettrica utilizza il 92% – ovvero 1309 miliardi di tonnellate – di tutto il carbone consumato negli Stati Uniti.

Q. Vale dunque ancora la pena estrarre carbone?

A. Credo che ciò che ho appena detto risponda perfettamente alla domanda.

Q. Come sono migliorate le condizioni di lavoro dei minatori americani dal tempo di tuo padre?

A. L’influenza del sindacato dei minatori (UMWA), ha reso la loro vita molto migliore. L’applicazione di una più severa normativa sulla sicurezza ha pure aiutato molto.

Q. Qual è il ricordo di tuo padre minatore a cui sei più legato e quale potrebbe essere l’insegnamento impartito da quegli antichi lavoratori?

A. La capacità di ripresa del minatore mentre lavorava senza protezione per nutrire la sua famiglia.

Q. I minatori sardi, in Italia, come altri loro colleghi nel mondo, stanno lottando per salvaguardare il posto di lavoro, cosa potrebbe aiutarli nella lotta?

A. Semplice, l’organizzazine sindacale.

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­­­­­­E una poesia:

Fatiche del minatore

Da bambino conoscevo un uomo

Che per quanto introverso, a suo modo

Sognava!

Sebbene prigioniero dei campi di carbone

E degli stenti, rifiutava di arrendersi al dolore

Della sua realtà!

Sognava e spesso si immaginava

Lontano da miniere e colline desolate

In luoghi meravigliosi e momenti

Migliori!

A volte, mi pareva che il suo mondo di sogni

L’avesse fatto invecchiare presto, oltre gli anni concessi,

così come potevano soltanto le più profonde vene di carbone

Scoperte!

I solchi sul suo viso e sulle mani

Lo scintillio negli occhi, e il sorriso

Raccontavano la sua storia se ci si rifletteva un po’

Una storia di sfortuna confusa con speranza

Non poteva fuggire la sventura

Ma vagheggiava un tempo in cui i figli lo avrebbero fatto

Perché in quel futuro la sua perdita sarebbe stato il suo guadagno

In Paradiso!

©Floyd Jett

Original title: Coal Miners Plight

All Rights Reserved

Published: The Breathitt Advocate 08-27-09

Italian translation Rina Brundu, September 2012

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Nel ringraziare Roger Philpot per il tempo dedicatomi e, soprattutto, per lo straordinario modo  con cui ha scelto di onorare la memoria di suo padre e dei minatori americani del passato, non posso non ricordare qui che egli è anche l’autore di diversi e-books sul mondo dei minatori e delle miniere.

Uno in particolare, “Poesie del minatore” (The coal miner’s poems), si propone quale straordinaria raccolta di versi liberi dedicati ai minatori e composti da una molteplicità di autori. Da questa particolare raccolta, con il permesso di Roger, ho ripreso qua sopra, e liberamente tradotto, la poesia “Coal Miners Plight” di Floyd Jett che pure ringrazio.

La versione originale di questo articolo e della poesia la trovate qui:

http://rinabrundu.com/2012/09/01/miners-from-south-africa-to-sardinia-to-kentucky-organised-labor-can-make-a-difference-so-says-son-of-a-miner-raised-in-a-coal-camp-and-a-poem/

Per sfogliare tutto l’ebook seguite questo link:

http://www.bookrix.com/showbooks.html?qq&pageart=showbooks&showbookonly=dodger1_1293909943.9344139099&showbooktitle=roger-l-philpot-coal-miner-039-s-poems&ThisPageArt=showbooks&user=dodger1

Visitate se vi va anche il sito di Roger che è ricco di informazioni sulla vita degli antichi minatori d’oltreoceano. Di questi uomini che per destino o mancanza di alternativa hanno scelto una vita di stenti e spesso a causa degli stessi sono morti. A tutti loro, così come alle lotte dei minatori di tutto il mondo, dovrebbe andare il nostro appoggio. E il nostro affetto. Incondizionato.

Featured image, interno di una miniera sotterranea spagnola, fonte Wikipedia.


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