#Mind the gap: cronache da Palermo edition

Creato il 13 ottobre 2015 da Abattoir

E alla fine sono tornata. Sì, ho fatto il percorso inverso prendendo un aereo Londra-Palermo di sola andata, ho mollato tutto: stanza, amici e carriera per tornare a Stigghiolandia, in barba a tutte le statistiche di sto cavolo che dicono che noi giovani (oh, ancora per poco, ma sono ancora nella categoria “GIOVANE”), ce ne andiamo a frotte dall’Italia, il che è anche vero ma dopo tre anni di Londra e di, nell’ordine: bambini a cui badare, metro da prendere per attraversare la città, coinquilini che “la pulizia non è il mio mestiere”, cibo demmerda che t’ammazza le papille gustative (sono andata in overdose da kekab, ora non posso sentirne neanche l’odore senza star male!) e, soprattutto, rientrare in una casa vuota dove nessuno, ma proprio nessuno, ti aspetta, mi hanno convinto che la soluzione giusta fosse rientrare alla base. 

Devo ammetterlo: Londra comincia a mancarmi, mi mancano le lunghe passeggiate al parco, la birretta coi buddies di sempre all’Old George di Bethnal Green, i pic nic improvvisati con le schifezze prese al Tesco, le foglie di Hyde Park in autunno, i vestiti comprati al Charity Shop, i Mocha, le caffetterie indie di Brike Lane, le bancarelle di Covent Garden, le luminarie di Natale, il mercato all’aperto di Waterloo, i caffè sui battelli di Paddington e tutte quelle cose che rendevano Londra, la metropoli più caotica del mondo, un luogo del cuore.
Sono stati tre anni intensissimi, che mai dimenticherò, perché niente più sarà mai come prima.

Neanche Palermo è come l’ho lasciata; non so ancora dire se per fortuna o purtroppo, ma passeggiare tra le sue vie non mi provoca più brividi lungo la schiena, talvolta ho paura, perché sembra sempre di più un far west e i luoghi che amavo frequentare adesso faccio fatica ad amarli nuovamente, come se non avessi più la voglia di ri-scoprirla e ri-amarla. Forse le ragioni del mio ritorno interessano solo la mia sfera personale, e hanno poco a che vedere con la nostalgia che, fortissima, un tempo ho provato. Mi sono arresa di fronte a un’evidenza: se potessi me ne andrei anche domani. Ma nel frattempo, cerco di vivere la mia nuova vita, nella mia nuova casa, con il mio nuovo lavoro, con l’uomo che amo, come se questo leggerissimo “male di vivere” non mi toccasse: che io abbia fatto passi indietro?
Me lo chiedo tutti i giorni a dire il vero. Avevo una carriera che stava prendendo il volo, ma l’ho mollata sul più bello perché non reggevo più lo stress di vivere senza regole, senza stabilità… Tornare mi è servito a capire che non ho bisogno di stabilità ma di caos, quel caos che solo io so dove trovare, quel caos che alberga dentro di me e che mi porto appresso ovunque vada, non importa se vivo a Londra, a Palermo o a Berlino. Io ci tengo al mio caos e non ho voglia di stabilirmi, di costruire una casa di mattoni, fare un mutuo e vivere per pagarlo, e grazie a Londra questo mi è più chiaro che mai.

Questo per ora è l’ultimo episodio di una “saga” cominciata tre anni fa, ma chi lo sa che io non possa riaprire il capitolo lasciato a metà.

NOTE:
Buddies: amici, compagni di merende.
Old George di Bethnal green: pub che si trova in una zona dell’east London.
Mocha: moka, bevanda calda a base di latte, caffè e cacao.
Charity shop: negozietti dove vendono oggetti e vestiti usati.
Tesco: catena di supermercati.
Brike Lane: via famosissima nell’east London, considerata la zona cool di Londra.