“Un chirurgo robot è equipaggiato con un manipolatore che si divide ricorsivamente e sempre più finemente in subdiramazioni, fino a risultare costituito da miliardi di dita sensibili di scala nanometrica. Il paziente siede comfortabilmente (sebbene probabilmente con la sua testa serrata in una morsa) e sveglio, mentre il chirurgo penetra col suo manipolatore nella testa del paziente. Le minuscole dita del manipolatore cominciano a scostare via cellule di tessuto, esponendo il cervello ma suturandone, mano a mano, i vasi sanguinei così che le dita non lavorino creando troppa confusione. Con i sensori elettrici e chimici posizionati sulla punta delle dita, il manipolatore monitora l'attività di tutte le cellule esposte del cervello. Quando il computer del robot ha memorizzato tutto quello che esse stanno facendo [e la loro struttura fisica], configura una simulazione per riprodurre la loro attività. Il manipolatore rimuove queste cellule e, ancora una volta per mezzo delle sue “magiche” nanodita, connette il rimanente tessuto celebrale alla simulazione. Livello dopo livello esso procede in questa maniera fino a che la testa del paziente, rimasto cosciente durante tutta la procedura, è svuotata ed è tutta “trasferita” nella simulazione. “
Per ora una simile procedura è decisamente fantascienza, tuttavia questo "gedankenexperiment" rende chiaramente l’idea di come la sostituzione graduale dei neuroni biologici con dei loro equivalenti computazionali (la simulazione) possa conservare l’identità e la coscienza soggettiva del paziente. In generale però l’uploading può anche non essere graduale; questo è vero ad esempio nell’”uploading tramite procedura microtomica“, un procedimento di questo tipo appare di più facile realizzazione dal punto di vista tecnologico rispetto al precedente. Sempre prendendo spunto dall’articolo reperibile su Estropico.org:
“Il cervello del paziente è trattato con un fissante chimico oppure congelato alla temperatura dell'azoto liquido. Successivamente viene sezionato in strati molto sottili; ogni strato è sottoposto a scansione, ad esempio, tramite un microscopio elettronico in modo da mappare l’intero cervello con risoluzione nanometrica (proprio come nel protocollo sperimentale per la connettomica che vi ho descritto qui). Infine questi dati vengono utilizzati da un computer per ricostruire una accuratissima simulazione del cervello del paziente su un substrato artificiale. Quando la simulazione viene viene fatta “girare” ed interfacciata con adeguati imput sensoriali, oltre che, eventualmente, ad un corpo robotico, il paziente, ormai “uplodato” in un supporto non biologico, riprende conoscenza esattamente con la stessa personalità e ricordi che aveva prima di sottoporsi alla procedura.”
E’ questa la speranza di coloro che decidono far preservare in azoto liquido il proprio corpo dopo la morte. Il fine di questa pratica, detta crionica (a cui abbiamo già accennato nel post in cui si parlava della conferenza di Seung citata prima), è infatti, proprio quello di preservare le strutture del cervello che conservano l’informazione sulla personalità e sull’io del defunto. In questo modo, in un futuro più o meno lontano, grazie al progresso di scienza e tecnologia, qualcuno potrebbe eseguire una procedura simile a quella descritta sopra per “svegliare” i pazienti congelati, regalando loro quella che potremmo chiamare "immortalità cibernetica". Come spiega Seung nella conferenza appena citata (e nel suo recente libro "Connectome"), proprio la connettomica potrebbe testare la validità scientifica delle attuali procedure crioniche, valutandone l’efficacia nel preservare intatto il connettoma. Sull'interessante sito della "Brain Preservation Foundation" (qui il link) potrete trovare molte informazioni a questo proposito. Per chi invece volesse approfondire ulteriormente argomenti come mind uploading e crionica rimando alle rispettive sezioni su Estropico Blog, al sito del"LIFEXT Group" o al relativo Forum (sezione Mind uploading e sezione Crionica).