In ritardissimo, vi propongo una recensione al cubo delle ultime tre novelle delle
Cronache di Magnus Bane. Perché lo sapete, lo sapete che le amo alla follia, no? *sospira* Probabilmente
lo ripeterò altre volte
che le amo alla follia, ma non spaventatevi,
sono pazza non sono pazza. E' che ciascuna di essa rappresenta una storia da scoprire, breve assaggio che contiene le parti migliori e peggiori di uno dei personaggi che più amo all'interno del mondo creato da
Cassandra Clare e le sue sadiche compagne di viaggio,
Maureen Johnson e Sarah Rees Brennan. Non ho scritto i titoli completi completi delle tre
short stories nel titolo del post per ovvi motivi, ma sarò più dettagliata qui.
Info qui.Dare ad una novella di alcune pagine il massimo dei voti, potrebbe sembrare un voto di parte -e ammetto che, in parte un po' lo è. Perché parliamo di Cassandra; perché tratta di uno dei personaggi che amo di più nel mondo dei Cacciatori di demoni; perché posso ritrovare personaggi che temevo non avrei incontrato più dopo la fine della trilogia
TID. E' così un po' per tutti: quando ci si affeziona, ma che dico, ci si innamora di un mondo del genere, lasciarlo andare via è fuori discussione.
Ma vi dirò, siamo all'ottava novella, e non ho ancora trovato traccia di noia nei miei giudizi. Da un punto di vista puramente oggettivo, non c'è niente di queste storie brevi che mi abbia fatto tentennare nel giudicarle, nel parlare di loro con entusiasmo, nel desiderare fortemente quella seguente.
Sono complete, in poco più o poco meno di 40 pagine, e
il fatto che riescano ad essere così soddisfacenti ma mai abbastanza appaganti le rende ipnotiche, ammalianti, deliziosamente piacevoli da leggere
non da mangiare. Scusate le mie allusioni al cibo, ma è vero che non ci si sazia mai di frugare nei pensieri di
Magnus Bane e di chi viene a contatto con lui, nel bene e male, personaggi così interessanti e ben costruiti che, un po' alla volta, nel quadro generale della storia -che abbraccia anche le due saghe più lunghe-, mi stupisco ancora di quanto dettagliato sia il Mondo Invisibile, di quanto posso ancora scoprire, delle tantissime cose che non so e che Cassandra schiude di fronte ai miei occhi, un pezzo alla volta.
Uno dei personaggi che mi incuriosisce da sempre, e che quasi non speravo di più di vedere in modo maggiormente approfondito, è
Raphael Santiago, co-protagonista della novella in cui figura il suo nome. Dopo aver urlato un ringraziamento a Cassie e alle sue
sempre sadiche amiche scrittrici, ho avuto la possibilità di comprendere le dinamiche che hanno reso Raphael il
ragazzo vampiro che abbiamo conosciuto in
TMI. E mai avrei sospettato un rapporto così vicino e allo stesso tempo così lontano, fra il Sommo Stregone di Brooklyn e il vice-capo/capo dei vampiri di
Manhattan. Ho avuto la sensazione che Magnus soffrisse di solitudine e che, nel breve periodo di coabitazione con il cucciolo di vampiro, se ne sia reso conto anche lui. Raphael, e tutte le persone che, prima di lui, hanno in qualche modo toccato Magnus, gli hanno via via lasciato qualcosa; una sorta di ricompensa per la sua magnifica presenza nella loro vita? Con lo stregone non si può mai sapere. Ma
c'era uno strano calore fra i due, niente a che vedere con il sentimento amoroso impregnato di sfortuna che ha spesso colpito Magnus -e che continua a colpirlo!-, direi più
un senso di affiatamento contorto, quasi un rapporto padre-figlio che evidenzia il triste passato dello stesso Magnus, privato di una famiglia a causa della sua vera essenza. E' ciò che mi premeva sottolineare riguarda questa novella. Vi ho trovato
ironia, il solito pungente sarcasmo che suscita grandi risate a sfavore del bersaglio della presa in giro, i contorni oscuri e minacciosi tipici della stile di Cassie e questa
malinconia di fondo che rimane sospesa, invischiata in un finale che non è davvero tale, solo un altro capitolo chiuso, in attesa del successivo.
Altrettanto malinconico, ma decisamente commovente.
La caduta dell'Hotel Dumort ha il sapore della decadenza impresso in ogni parola. Ero lì lì sul punto di versare qualche lacrima con un mezzo sorriso sulla faccia. E' uno di quei momenti in cui non importa chi ha la parte del cattivo o del buono, o chi ha giocato in quei ruoli in precedenza. Questa vale anche per Magnus. Sarà pure uno stregone, ma l'umanità che persevera dentro di lui, il desiderio per i piccoli piacere della vita e l'abbandono ai grandi sentimenti a volte distolgono l'attenzione dal peso degli anni, dei secoli, che porta sulle spalle. Non lo definirei un personaggio triste, o saggio per questo, piuttosto
rassegnato alla perdita e allo scorrere del tempo, ma ho sempre ammirato il modo in cui fa di ciò che ha visto e sperimentato, provato e causato, un
insegnamento personale, senza la stizza e la vanitosa presunzione di saperne più di tutti e andarlo a sbattere in faccia agli altri. Eppure qui
emerge un altro lato di Magnus che mi ha profondamente colpita. L'amore rappresenta forse l'emozione più intensa, nella via di una persona, ma quando si perde nei ricordi, mischiato al dolore, liberarsi di quell'eco è una sofferenza pesante persino per chi, come lui, vive da centinaia di anni. E New York si scatena il panico per una serie di omicidi, sparizioni, cadaveri rinvenuti nei vicoli, trascinando nel buio una delle città più affascinanti d'America, con l'odore di sangue e putrefazione nell'aria, Magnus capisce di dover ritrovare una sua vecchia fiamma, la più ardente. In questo caos di mode e tendenze, droghe e dipendenze, persino la composta e saccente
Camille appare disastrata, scomposta,
sbagliata come l'intera città in cui si svolgono le vicende. Questa condizione, e tutto ciò che ne consegue, faranno arrivare Magnus ad un livello di sopportazione tale da proclamare la propria debolezza -non intesa come mancanza di forza fisica ed emotiva, piuttosto come un
punto e a capo deciso intenzionalmente, e in modo inevitabile- e lasciarla decadere con quella New York irriconoscibile, tetra e inquietante. Ecco, è questa
debolezza, quest'umanità così ben adagiata su di lui, profonda ma stanca, centenaria, questo
cedimento improvviso, in Magnus così come in Camille, che mi ha commossa di più. Per un attimo, per qualche pagina, gli indifferenti e i più sinistri personaggi del Mondo Invisibile perdono la loro maschera di baldanza, spavalderia, minacce e derisione, e diventano più nitidi, dettagliati, ma con i bordi sfuocati, come se i loro ruoli fossero andati fuori fuoco, o attori che si svestono delle figure che interpretano e mostrano scorci di se stessi.
La terza ed ultima novella che recensirò in questo post è stata stranamente breve rispetto alle altre. E' volata via, lasciandomi qui, sulla sedia, a struggermi perla tenerezza. Perchè
dopo le più disparate digressioni nel passato di Magnus, è strano sentirgli nominare
Alec, Jace o Isabelle e Clary. Un piacere per tutti i sensi, oltre che per l'extra sorriso che mi è spuntato in faccia quando ho iniziato a leggere.
Un regalo di compleanno per Alec racchiude tutte le sfaccettature della personalità di Magnus, che si incontrano e si concentrano alla ricerca del regalo perfetto per il Nephilim dagli occhi azzurri e i capelli neri. E' divertente, sarcastica, malinconica, commovente, romantica, intrigante, misteriosa... si, me ne sono innamorata. Si, anche di questa! E si, si,
si, i Malec solo la mia ship preferita nell'intera saga -dopo i Clace, anzi, forse a parità di voti! Le nostre autrice preferite si divertono a sottolineare nei modi più esilaranti quanto la nuova cotta di Magnus sia assurda e sconveniente.
Catarina gli sbatte il telefono in faccia e altrettanto fa
Ragnor Fell, stregoni che, in teoria, dovrebbero i migliori amici secolari del Sommo Stregone di Brooklyn. Perciò, con un demone bavoso imprigionato in un pentagono accanto al divano del suo appartamento, che accenna vagamente ai trascorsi di Londra con Bill Herondale, detto anche
Will, Magnus deve spremersi le meningi alla ricerca del regalo perfetto per Alec. Ciò che mi ha commosso è il travagliato viaggio mentale dello stregone nelle ombre del suo passato e nelle dolorose delusioni accumulate lungo i secoli. Avendo vagato anch'io in alcuni degli episodi principali della lunga vita di Magnus, riesco a percepire il modo in cui
la meraviglia per i suoi sentimenti nei confronti di Alexander -
amo quando lo chiama con il suo nome per esteso-
lo colpisca fino in fondo, come prima non era mai successo. Se non, forse, con Camille, anche se lì inganni ed illusioni avevano un sapore diverso. Qui, sebbene Alec sia meno infido e calcolatore, del tutto spontaneo, lusingato e sorpreso dal fatto che qualcuno come Magnus possa interessarsi a lui, la certezza del loro legame non è salda come lui vorrebbe. L'ombra di Jace e delle insicurezze dello stesso Alec, senza contare il suo status di Shadowhunters e di ciò che la sua comunità potrebbe pensare di lui, sono insidie che ne Magnus ne Alec pensano di trascurare. Problemi che, certo, Magnus non può risolvere con uno schiocco di dita e qualche ghirigoro luccicante per aria, ne far sparire come regalo di compleanno. Per quest'ultimo proposito, invece, ci penserà
Isabelle a tirarlo fuori dai guai. Ci sarebbe anche da tener conto dell'
insidiosa minaccia fatta dal demone evocato per una donnetta impaziente, rigida estremamente insopportabile, ma certe
distrazioni portano facilmente l'attenzione di Magnus -e del lettore- all'immediato presente. Per quello c'è ancora CoHF, no?
★ ★ ★ ★ ★Ora vi aspetta la nona, gente. Ci sono Jocelyn e Valentine e Luke e Stephen HAI TEMPI DEL CIRCOLO. Non so se ci capiamo, dovete assolutamente leggerla!