Miniatura, piccola guida per capire cos'è

Creato il 01 febbraio 2016 da Artesplorando @artesplorando

Taddeo Crivelli, Bibbia di Borso d'Este

Il termine miniatura indica in primo luogo la decorazione dei codici manoscritti. Ma viene anche impiegato in diverso senso: se la miniatura infatti è anzitutto il risultato del lavoro del miniator (pittore incaricato di decorare in rosso minio le lettere iniziali e i passi importanti di un testo), essa è passata però anche ad indicare (sotto l’influsso del latino minus) una pittura di dimensioni estremamente ridotte.
La decorazione dei manoscritti può rientrare in diverse tipologie di solito associate e mescolate, classificabili in tre principali categorie: le decorazioni puramente ornamentali, le scene con figure, e le iniziali.
Le composizioni ornamentali, che i manoscritti bizantini e orientali hanno saputo sfruttare in modo eccellente, comprendono le cornici, i cartocci, i frontespizi, la decorazione dei colofon e le decorazioni dei margini: ne fanno anche parte le decorazioni marginali dette "à drôleries" dei manoscritti gotici, nonché le "pagine-tappeto", quelle pagine intere invase da intrecci e figure geometriche cari all’arte dell’Alto Medioevo.
Le scene con figure, che normalmente illustrano il testo che accompagnano, possono avere dimensioni molto varie: alcune possono ridursi a una semplice vignetta a fianco delle lettere maiuscole ornate o meno) con la quale ha inizio il paragrafo commentato; altre, associate in scenette giustapposte o sovrapposte, formano una colonnina che occupa il margine; altre ancora coprono tutta la superficie del "foglio"; non sempre le delimita una cornice.
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Le iniziali del testo sono rubricate (vale a dire marcate di rosso), ornate a colori vivi, dipinte o solamente arricchite da un motivo molto semplice. Nelle lettere ornate, più elaborate, la struttura della maiuscola incornicia o sostiene elementi ornamentali (motivi geometrici, intrecci, fogliami,
animali o personaggi). In certi casi il tracciato della lettera scompare completamente e il suo profilo viene indicato soltanto dalle ondulazioni della decorazione, le contorsioni degli animali e dei personaggi o le loro lotte furibonde (iniziali sintetiche). Iniziali e lettere ornate più o meno complesse costituiscono la decorazione per eccellenza, originale e funzionale, dei manoscritti, e formano la parte essenziale delle illustrazioni insulari, merovinge e romaniche.

Tecniche 

II supporto della miniature è quello del testo: papiro, carta o pergamena più o meno fine. Il pittore collocava la decorazione negli spazi ad essa riservati dal copista, talvolta seguendo le istruzioni del capo del laboratorio o del maestro d’opera. La collocazione poteva risultare facilitata per l’adozione di semplici schemi geometrici; era possibile un primo abbozzo a puntasecca. Alcuni miniatori di mano incerta ricorrevano a un procedimento analogo allo spolvero degli affreschi per riprodurre i propri modelli.
La Schedula diversarum artium del monaco Theophilus ci ha tramandato le ricette impiegate dai miniatori medievali per la preparazione di inchiostri e colori e per la loro posa; le lumeggiature in oro e argento esigevano grande accuratezza: l’oro (o lo stagno colorato con lo zafferano) oppure l’argento, in polvere, mescolati a colla, venivano stesi sulla pergamena ricoperta da una preparazione
ottenuta con un miscuglio di vermiglio, cinabro e chiara d’uovo. Utilizzati nelle opere di lusso carolinge e ottomane, queste lumeggiature dispendiose rimasero fino all' XI secolo, negli scriptoria romanici francesi; ma i fondi d’oro, ornati di motivi dipinti a penna, sono frequenti nei manoscritti gotici.
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Le pitture opache, una specie di guazzi spessi, sono state applicate su pergamena nella maggior parte dei casi. Tuttavia il fatto di utilizzare un appretto (acqua e gomma vermiglio o chiara d’uovo e biacca di piombo) consentiva di ottenere colori più ricchi, delicati e profondi; ma, poiché l’appretto tendeva a squamarsi, queste miniature sono fragili e di difficile conservazione. La ricchezza dei materiali non va sempre di pari passo con la bellezza di un manoscritto: un certo numero di codices, e non dei
minori, come il celebre salterio di Utrecht, sono ornati soltanto da disegni a inchiostro scuro, tracciati a penna sulla pergamena al naturale.

miniatura del Salterio di Utrecht

I miniatori inglesi del X e dell’XI secolo praticarono con virtuosismo l’arte del disegno a penna, con inchiostri dai vivi colori. Altrove il disegno a penna era solo ornato con tocchi di colori traslucidi, quasi sempre di origine vegetale, in una gamma molto ristretta. Di fatto, la finezza della pergamena, la composizione e la calligrafia del testo, la distribuzione degli elementi decorativi e la loro integrazione nella pagina svolgono parimenti un ruolo importante nell’aspetto di un manoscritto e costituiscono altrettanti criteri di qualità e di raffinatezza.
Nel XVI secolo, i pittori di miniature lavoravano a guazzo su pergamena, tesa su un cartone. Nel XVII secolo si sviluppa la tecnica dello smalto su metallo, illustrata particolarmente dal Petitot nel medesimo secolo, e da altri artisti svizzeri fino all’inizio del XIX secolo.
Nel XVIII secolo si assiste al trionfo delle miniature a guazzo su avorio; quest’ultimo può essere impiegato in lamelle sottili che consentono al pittore di giocare sulla sua caratteristica traslucida, di dipingere a tergo per intensificare alcuni toni, o di applicarvi una foglia d’argento, detta
"paillon", che accentua la luminosità della superficie.
Alla fine del secolo e durante l’Ottocento si generalizza l’impiego del velino, più morbido della pergamena, teso su un cartone o su una lastra di lamiera; nello stesso tempo si espande la tecnica dell’acquerello, apprezzata per gli effetti di trasparenza e le tonalità chiare che consente.

La storia

Primi esempi di illustrazioni di testi che potremmo chiamare miniature compaiono nel II millennio a. C. in testi religiosi egizi, nei Libri dei Morti, scritti su rotuli di papiro; questa pratica si diffonde poi in Medio Oriente dove miniature vengono eseguite anche su rotuli di cotone. Solo con la civiltà greca, a partire dal IV secolo a. C., entra nell’uso la pergamena: vengono illustrati testi letterari e scientifici, dei quali ci sono giunti soltanto rarissimi frammenti, e tuttavia ricostruibili in buona percentuale attraverso copie tarde o le testimonianze che permangono in altre tecniche artistiche meno deperibili.

Miniatura dal purpureo Evangelario Greco

Nel II secolo la trasformazione del rotulo in codex (ovvero in libro formato da fogli separati legati insieme) e l’impiego della pergamena o cartapecora alternativo al papiro, porta ad una vera rivoluzione della miniatura, che al continuum del rotulo oppone la rigida e ritmata configurazione della sequenza delle pagine che si regge adesso su un equilibrio molto più stretto o complesso tra testo e immagine. La progressiva cristianizzazione dell’Occidente, a partire del IV secolo, portò anche ad una fondamentale virata iconografica: le storie bibliche diventano protagoniste indiscusse
di un’alta percentuale di codici che diffondono dovunque le Sacre Scritture.
L’esecuzione delle scene miniate segue da vicino, in questa fase, lo stile della pittura: tra i testi liturgici e sacri appartenenti al VI secolo vanno menzionati almeno l’Evangelario Greco, in pergamena purpurea, della cattedrale di Rossano Calabro, uno dei più importanti monumenti della miniatura cristiana orientale insieme alla Genesi di Vienna, all’Evangelario di Sinope, alla frammentaria Genesi Cotton, all’Evangelario detto di Rabula in lingua siriaca (586) prodotto nel monastero di San Giovanni in Zagba, con miniature a tutta pagina.
Tra i testi profani un posto particolare rivestono gli Erbarii: celebre tra tutti il Dioscoride proveniente da Costantinopoli e contenente ben 170 pagine miniate.
Le vicende iconoclaste dell’VIII e IX secolo hanno reso molto rare le testimonianze di miniature, mentre dalla metà del IX secolo i codici pervenutici rendono possibile seguire l’evoluzione della miniatura bizantina, ben rappresentati per numero e qualità d’opere. Gli aspetti innovativi della produzione miniata bizantina combinano le caratteristiche di impronta classicista con la qualità altissima delle cromie impiegate, ma conosceranno una fatale battuta d’arresto con la presa di Costantinopoli nel 1204. In molte aree che politicamente e culturalmente appartenevano all’ambito
di Bisanzio, dalla Siria all’Egitto, all’Armenia, alla Georgia si ebbe d’altra parte un’importante produzione di manoscritti miniati.

Evangelario di Lindisfarne

Un altro elemento essenziale per comprendere le modalità di organizzazione e diffusione delle miniature medievali in occidente è, dal VI secolo, l’accentramento della produzione negli scriptoria allestiti nei centri monastici, che andavano diffondendosi in ogni parte d’Europa. La cristianizzazione dell’Irlanda prima, e dell’Inghilterra poi, portò all’affermarsi di una scuola di miniatura anglo-irlandese.
Unici centri alternativi agli scriptoria monastici furono le officine di corte carolinge, sorte per volontà di Carlo Magno attorno alle più importanti residenze imperiali o nei monasteri protetti dall’imperatore ed impegnati in un programma di rivitalizzazione della tradizione classica. Il sovrano, suo figlio Ludovico il Pio e il nipote Carlo il Calvo incoraggiarono la copia di codici
tardo-antichi e furono committenti di opere straordinarie.
Esempi l’Evangelario di Godescalcus che segna l’inizio della rinascita carolingia in questo campo, la cosiddetta Bibbia di Ada, l’Evangelario di Soissons e i Vangeli dell’Incoronazione che la tradizione vuole siano stati trovati da Ottone III nella tomba di Carlo Magno e su cui giurarono per secoli gli imperatori al momento dell’Incoronazione.
I centri maggiori di produzione sono localizzati alla Reichenau, sul lago di Costanza, a Fulda, Treviri e, più tardi, anche Echternach e Ratisbona. Di estrema importanza in questo periodo è la produzione di codici miniati nella Spagna mozarabica, in particolare negli scriptoria dei monasteri prossimi a Leon dove vennero illustrati alcuni straordinari codici del commento sull’Apocalisse di Beatus di Liebana, opera di miniaturisti di cui spesso si conosce il nome quali Magius, Emeterius, Florentius, e tra cui si conta anche una donna, Ende.

Miniatura dall' Evangelario del Vescovo Egberto

Contemporaneamente (metà X secolo) in Inghilterra si assiste alla ripresa dell’attività degli scriptoria di Canterbury e Winchester, nel sud dell’isola. Lo stile delle miniature di questa scuola è
caratterizzato da panneggi fortemente mossi e da decorazioni ricorrenti, o da figurazioni
create mediante la semplice linea di contorno, variamente colorate.
Nell’Italia altomedievale i centri nei quali vengono prodotti i più importanti libri illustrati sono, accanto a Roma che mantiene attraverso i secoli una situazione privilegiata ed è luogo di una vasta circolazione di opere, gli scriptoria dei grandi monasteri benedettini e quelli delle grandi sedi vescovili come Milano, Vercelli, Ivrea, Verona, Padova ecc. A Verona il codice di Egino è opera di grandissima importanza e complessità, ad Ivrea un gruppo di codici eseguiti per il vescovo Warmondo sono tra le più alte manifestazioni dell’arte ottoniana in Italia.
Il prestigio della miniatura lombarda in quest’epoca è testimoniato dall’attività del miniatore Nivardus chiamato a lavorare dall’abate Gauzlinus all’abbazia di Fleury sulla Loira. Al Nord tra i monasteri più antichi furono quelli di Bobbio, fondato nel 612 da san Colombano, e quello di
Nonantola, fondato nel 756 da Anselmo duca del Friuli fattosi monaco e molto attivo nel campo della produzione libraria. Importanti codici illustrati nonantolani pervennero a Vercelli e qui vennero imitati dallo scriptorium vescovile. Tra XI e XIII secolo si moltiplicano gli sforzi per una diffusione sempre più capillare dei codici e per un rinfoltimento delle biblioteche conventuali.

Miniatura dal codice di Egino

Specie nella Francia settentrionale e nelle regioni fiamminghe si opera una fusione di tutti gli elementi stilistici fino ad allora vincenti: stilemi carolingio-ottomani e bizantini vengono mescolati con originalità, dando vita ad un nuovo linguaggio pittorico. Alle iniziali decorate con motivi fogliati o con girali dal gioco astratto si contrappongono sempre più frequentemente scene figurate, che riecheggiano le contemporanee impaginazioni scultoree dei capitelli che decorano articolati spazi architettonici: si assiste, cioè, alla compressione, in uno spazio ristretto, di episodi fortemente significativi. Per i motivi ornamentali si avrà invece la lenta introduzione di figurette fantastiche, di mostri antropomorfi ecc. che si snodano lungo i margini delle pagine in un tumultuoso avvoltolarsi ed affrontarsi infinito, preludio primo alle vere e proprie drôleries nate all’interno degli ateliers parigini del periodo gotico. Si producono adesso prevalentemente salterii e colossali Bibbie illustrate in più tomi.
L’esistenza di monasteri greci, la presenza di modelli illustri bizantini, la continuità degli scambi con quest'area, il controllo politico che Bisanzio continuò a esercitare per secoli nel Mezzogiorno del paese e in seguito il crescente dominio di città come Pisa, Genova e Venezia sull’Oriente bizantino a partire dalla fine del XII secolo, ebbero un forte richiamo sui miniatori operanti in Italia. Un tipo di manoscritto miniato molto caratteristico dell’Italia meridionale tra X e XIII secolo è quello dell’Exultet che utilizza l’antica forma del rotulo generalmente abbandonata nella produzione libraria a vantaggio di quella del codice e ripresa talora a Bisanzio. Rimangono oggi circa una quarantina di esemplari di questi testi liturgici illustrati con miniature disposte inversamente al senso delle scritte in modo da poter essere mostrate al pubblico dei fedeli, quando i celebranti leggevano i testi e svolgevano i rotuli dall’alto dell’ambone nelle cerimonie del Sabato Santo.
Tra i grandi centri della produzione libraria in età romanica Polirone (fondata nel 1007) e l’antica abbazia di Nonantola ebbero un ruolo importante nella produzione di manoscritti liturgici miniati per la contessa Matilde di Toscana e per l’ambiente ecclesiastico che promuoveva e appoggiava la Riforma. San Salvatore all’Amiata, i monasteri di Roma e dintorni, l’abbazia imperiale di Farfa nella Sabina, Subiaco e soprattutto Montecassino in cui la produzione artistica e lo scriptorium furono rinnovati dall’abate Desiderio (1058-87). Sotto di lui e sotto il suo successore Oderisio furono prodotti alcuni codici e rotuli miniati di straordinaria bellezza e importanza.

Miniature dal Salterio di St. Albans

A Roma si producono sulla fine del XI secolo le prime grandi Bibbie, chiamate atlantiche per il loro formato, esse verranno prodotte in seguito in scriptoria di Firenze, di Lucca e dell’Umbria.
La "regionalizzazione" dello stile della miniatura si fa adesso carattere distintivo ed imprescindibile delle successive scelte di campo formali, tanto che ogni singolo centro di produzione svilupperà, all’interno di coordinate che restano comunque comuni, un proprio peculiare linguaggio espressivo.
Verso la metà del XIII secolo Parigi è un centro attivissimo della pittura gotica, i maggiori artisti lavorano per la corte di san Luigi. È questo il momento di grandi capolavori della miniatura come l’Evangeliario della Sainte-Chapelle e il Salterio di san Luigi. Del gotico luigiano risentono fortemente i capolavori della prima pittura gotica in Spagna: i manoscritti illustrati delle cantigas di Alfonso X il Saggio, il dotto monarca che ebbe un ruolo di committente e di promotore dell’attività artistica analogo a quello di san Luigi.
In Inghilterra si può definire gotico il linguaggio delle miniature del salterio di Robert de Lindesey, abate di Peterborough tra il 1214 e il 1222, dove la tenerezza, la sinuosità, l’eleganza delle figure indicano il nuovo stile; e tipicamente gotiche sono le precoci drôleries, con rappresentazioni di animali intenti alle più diverse attività, che s’incontrano nelle illustrazioni di salteri dipinti nei primi del Duecento, così come improntata al nuovo stile è l’opera del miniatore William de Brailes la cui firma compare tre volte in manoscritti illustrati nel terzo e nel quarto decennio del secolo. Un’altra personalità della pittura gotica inglese di cui conosciamo il nome è Mathew Paris, monaco, storiografo, scriba e miniatore che diresse intorno alla metà del secolo lo scriptorium dell’abbazia di Saint Albans e che ha illustrato con rapidi disegni al tratto numerosi codici.

Miniatura da un Exultet

Particolarmente significativo il manifestarsi nell’ultimo quarto del Duecento di una vera e propria scuola di corte che lavora per committenti reali e che è fortemente influenzata dalla miniatura francese dei tempi di san Luigi.
Su questa svolta agisce il crescente peso acquisito dalla committenza laica, che stimola, con la propria domanda la creazione di ateliers non più entro mura conventuali ma nei centri urbani più importanti impegnati a sviluppare e creare iconografie del tutto nuove, attorno ai temi della letteratura profana cortese.
Lo stile gotico da così corpo, colori e sfumature a queste nuove esigenze, privilegiando una linea flessuosa e agile, un preziosismo unito all’estrema eleganza compositiva e gestuale e alla resa sempre più espressiva e variegata degli "affetti" che muovono le figure: ma se Francia, Fiandre ed Inghilterra adottarono velocemente il nuovo stile, Germania, Italia e Spagna cedettero soltanto lentamente alla sua pressione. Tuttavia anche in Italia si scorgono focolai pronti ad adeguare la propria sintassi alle nuove spinte culturali: primo centro ne è Bologna, con il suo celebre Studium, dove affluisce un gran numero di testi giuridici, miniati con uno stile vivace, di gusto perfino popolaresco, in scene dal fresco piglio narrativo.
Miniatore tra i più celebrati fu Oderisi da Gubbio, che opera appunto a Bologna, tra 1269 e 1271, seguito agli inizi del Trecento da Franco Bolognese, che ne raccoglie la palma. È significativo che uno degli esempi più illustri del nuovo stile in pittura si colleghi con l’ambito federiciano: sono le miniature che illustrano un esemplare, eseguito attorno al 1260-65 per re Manfredi, del trattatello De arte Venandi cum avibus composto da Federico II, dove si rivela un’eccezionale attenzione naturalistica che comporta nuove formule di rappresentazione degli uccelli e degli animali.
Permeato da influssi bizantini e che testimoniano i rinnovati contatti di Venezia e del suo entroterra con Costantinopoli, conquistata nel 1204 è l’Epistolario del 1259, composto a Padova dall’arciprete Giovanni di Gaibana, che vi è ritratto seduto al proprio scrittoio, in una delle sedici miniature a piena pagina su fondo oro e dai toni cromatici vivacissimi.
Uno dei problemi più affascinanti della storia della miniatura alla fine del Duecento in Italia è proposto dallo straordinario corpus di codici raggruppabili intorno alla sfuggente personalità del Maestro della Bibbia di Corradino, così denominato dalla Bibbia oggi conservata a Baltimore, di alcuni dei quali si è potuta accertare la provenienza pisana. Ma, ancora per testimonianza di Dante, è Parigi il vero centro della miniatura. Qui la crescita intellettuale della Sorbona, la fioritura delle letterature "romanze" a tema cavalleresco-cortese ed il costituirsi di vere e proprie botteghe di editori hanno conseguenze significative su tutta la storia dell’illustrazione successiva: si passa ad esempio a formati di codici molto più maneggevoli, adatti ad una lettura "domestica", privata, con caratteri spiccati di preziosità che assecondano le esigenze dei nuovi committenti.
Si abbandonano le Bibbie monumentali a favore di libri d’ore e salterii: questi ultimi adottano inoltre un tipo di impaginazione presa da modelli inglesi, che hanno in testa al volume sequenze di illustrazioni a piena pagina, a formare un libretto quasi autonomo, fatto di sole immagini, allontanate cosi dalla necessità, intrinseca ad ogni miniatura, di un rapporto "fisico" con il testo, che portò al contrario ad incentivare e stimolare un più libero e paritario scambio tra miniature e coeve esperienze pittoriche.
Sul finire del Duecento la fisionomia della pittura gotica nell’area franco-inglese andava cambiando: caratterizzano questo mutamento una maggiore attenzione naturalistica, la ricerca espressiva e i tentativi di chiaroscuro, il moltiplicarsi delle drôleries, scenette vivacemente animate che decorano i margini dei manoscritti, dove elementi grotteschi e fantastici si fondono con acutissime osservazioni, specie nel campo della raffigurazione di animali. Esempi sorprendenti ne offrono alcuni salteri inglesi che alternano il sapido realismo dei margini ai ritmi eleganti e sinuosi delle grandi storie: tra questi il Salterio dei mulini a vento, il Salterio di Peterborough, il Salterio della regina Maria, il Tiekhill Psalter, ecc. 


Miniatura del Maître Honoré
dal Breviario di Filippo il Bello

Attivo alla fine del Duecento è Maître Honoré, figura centrale della storia della miniatura francese: espressività e ricerca di una resa più efficace della volumetria delle figure attraverso lo studiato impiego delle ombre sono le componenti più innovative da lui introdotte e raccolte da Jean Pucelle (attivo tra il 1320 e il 1333-1934), che vi affianca la conoscenza della nuova spazialità elaborata dai pittori toscani. Pucelle generalizza inoltre l’uso delle drôleries nei margini, ormai ampli, della pagina e l’uso della grisaille, impiegata per attenuare il passaggio tra bidimensionalità della pagina manoscritta e tridimensionalità dello spazio figurato. Siamo ormai in pieno Trecento e gli attivissimi atelier parigini creano una ricca serie di codici miniati dove preziosità materica e decorativa, perfezione d’esecuzione, vivezza cromatica, si fondono con i caratteri naturalistici e con un uso della luce in fuzione quasi atmosferica.
Il Maestro di Jean de Sy, autore della Bibbia di Jean de Sy, Jean Bondol e infine Jacquemart de Hesdin, al servizio del duca di Berry dal 1404 al 1409 sono gli esponenti di spicco di questa fervida stagione. Nell’Italia del Trecento l’illustrazione del libro fu praticata in numerosi centri, da Bologna a Padova, a Rimini, a Venezia, al Friuli, a Milano, da Siena a Firenze, a Pisa, a Perugia, all’Abruzzo, a Roma, da Napoli alla Sicilia. La grande varietà delle tradizioni e delle esperienze fa sì che il paesaggio sia estremamente variato, come variata fu la committenza e diverse furono le occasioni che portarono alla produzione di libri illustrati, dalla presenza di importanti università, come quella di Bologna, alle richieste dei grandi comuni, di importanti corti, di vescovi e capitoli. Bologna è un importantissimo centro di produzione libraria e quindi di illustrazione.
Numerosi scriptoria laici sono impegnati soprattutto nella produzione e nell’illustrazione di testi giuridici in un’attività intensa che domanda un’elevata specializzazione e ciò fa si che diversamente da quanto avviene a Firenze o a Siena non si troveranno tra i miniatori i nomi dei più significativi pittori del secolo. Tra i più geniali artisti che lavorano in questo settore sono Lando di Antonio vicinissimo al grande anonimo chiamato Pseudo-Jacopino e il Maestro del 1328 che prende il suo nome dalla data della bella miniatura che orna la Matricola dell’Arte dei Merciai.
Successivamente un altro anonimo miniatore, chiamato dal Longhi per antonomasia "L’Illustratore" si pone tra i più geniali artisti dell’intero Trecento italiano. Più tardi dominerà il campo l’attivissimo Niccolò di Giacomo. Nella vicina Rimini aveva lavorato dall’inizio del Trecento e fino al 1322 Neri da Rimini che ha lasciato la sua firma in molti codici. A Siena alcuni grandi pittori furono anche miniatori, illustrando vuoi le tavolette in legno che ricoprivano i "libri di Biccherna", vuoi le pagine di messali, antifonari o di testi letterari, tra questi Duccio, Memmo di Filippuccio, Ambrogio e Pietro Lorenzetti, Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci, Lippo Vanni, Andrea di Bartolo.
Lo stesso Simone Martini miniò per il Petrarca lo splendido frontespizio di un Virgilio. Un autentico genio della miniatura, che fu anche pittore di tavole, fu l’anonimo Maestro del Codice di San Giorgio di probabile origine fiorentina, ma bene a conoscenza dei modi senesi, che lavorò particolarmente per il cardinal Stefaneschi e dovette molto presto, già verso il 1320, stabilirsi ad Avignone. L’influsso di motivi provenienti direttamente dall’Italia, oppure dagli ambienti vicini alla corte papale avignonese, si mescola sempre più alla forte e folta presenza di artisti fiamminghi e crea le basi per l’ultima fioritura della miniatura francese del primo terzo del Quattrocento, favorita con entusiasmo e profusione di mezzi da grandi mecenati della fine del XIV secolo: primo fra tutti il duca di Berry.

Jean Fouquet, libro d'Ore di Étienne Chevalier

Altri artisti, rimasti anonimi, come il Maestro del Duca di Bedford, il Maestro del Maresciallo di Boucicaut e il Maestro delle Ore di Rohan, aggiungono personalissime varianti e nuovi capisaldi alla produzione della miniatura francese, che trova in Jean Fouquet la personalità in grado di operare un nuovo accordo con le scuole italiane del rinascimento. Intimità aristocratica e lieve ironia intellettuale, ricchezza del dettaglio prezioso, sia questo una staffa o pietra preziosa, acconciatura o vasellame, paesaggio o architettura, si ritrovano nella produzione boema, incentivata dal mecenatismo imperiale di Carlo IV e del figlio Venceslao così come a Milano, sotto l’impulso della dinastia dei Visconti, dove la scelta onirica e insieme naturalistica di Giovannino Grassi segna un altro culmine, incantato e virtuosistico, dell’arte della miniatura, accanto alle opere, altrettanto splendide, di Belbello da Pavia.
Fu invece soprattutto grazie alla committenza dei duchi di Borgogna che nei Paesi Bassi meridionali si attivano, alla metà del Quattrocento, botteghe dedite alla produzione di codici miniati, alla quale partecipano artisti in grado di operare anche su tavola, come Simon Marmion, J. Tavernier e il grandissimo Maestro di Maria di Borgogna. Sensibilità finissima alla consistenza reale delle cose del mondo, impiego della prospettiva aerea, che fa vibrare il colore, in alternanze sapienti, su paesaggi e figure, sono il lascito estremo delle regioni del Nord ad un’arte che opera ormai in simbiosi con le realizzazioni di van Eyck e Roger van der Weyden.

Belbello da Pavia, miniatura dalla Bibbia di Niccolò d'Este

In Italia questo è invece il momento di fondazione del nuovo verbo rinascimentale: l’introduzione della nuova calligrafia umanistica, o di speciali motivi decorativi, raggiunge presto le più diverse aree, dando vita a scuole regionali. A Firenze Zanobi Strozzi, il collaboratore e seguace di Beato Angelico, opera nella cosiddetta scuola di Santa Maria degli Angeli, affiancato per qualche tempo da Francesco d’Antonio del Chierico, incantevole illustratore di manoscritti liturgici e profani di carattere prevalentemente umanistico. Altro centro importante è Ferrara, regno degli Estensi: specie sotto Borso d’Este (1450-71) al quale si deve la Bibbia detta appunto di Borso, tra i capolavori della scuola ferrarese e opera di collaborazione di vari miniaturisti con a capo Taddeo Crivelli.
L’influsso di Mantegna e della corrente "antiquaria" si percepisce soprattutto nei centri di Padova e Venezia, che sviluppano uno stile di largo successo. Il periodo rinascimentale, splendido d’opere e risultati, segna però anche l’inizio del declino della miniatura vera e propria: l’illustrazione dei libri tende a farsi commento del testo e non ad intrecciarsi con le sue lettere e i suoi significati. La frattura della dialettica tra testo e immagine avvicina sempre più la pagina miniata a una tavola dipinta.
La rivoluzionaria invenzione della stampa, introdotta dalla Germania in tutta la penisola, radicalizza questi problemi. Se si avranno libri a stampa decorati con miniature, se la storia della miniatura conoscerà ancora nel XVI secolo un episodio capitale come quello di Giulio Clovio (uno dei più importanti miniaturisti del Rinascimento italiano), tuttavia le miniature saranno progressivamente sostituite dalle più agili e funzionali incisioni in legno, che segneranno così la fine dell’arte della miniatura nell’Occidente.
Oggi con le tecniche moderne di stampa, alcune case editrici sono impegnate nella riproduzione fedele di importanti miniature del passato che diventano così oggetto prezioso da collezione.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui