Miniaturizzazione: innovazione o esigenza?

Creato il 22 ottobre 2010 da Dher

All’inizio del 2000 l’industria delle tecnologia cominciò a dedicarsi alla miniaturizzazione dei componenti elettrici da inserire nei computer e nei telefonini riuscendo in breve tempo a lanciare sul mercato dispositivi dalle dimensioni sempre più contenute come i primissimi modelli di mini-notebook sviluppati da HP e Sony e alcuni modelli di telefonini di Panasonic.

La diffusione di computer e telefonini in larga scala contribuì ad un afflusso continuo di capitali per sviluppare componenti sempre più piccoli e quindi dispositivi che garantissero ottime prestazioni insieme a dimensioni poco ingombranti: fu questa la strada che portò alla nascita dei lettori mp3, delle console portatili come Sony PSP e Nintendo DS e, infine, ai netbook.

Poi, all’improvviso computer e telefonini ricominciarono ad aumentare di dimensioni fino a riguadagnare dimensioni considerevoli e, i taluni casi, anche ingombranti. Basti pensare al successo di Apple iPhone e iPad che, in quanto a dimensioni, non si possono certo dire essere compatti.

Spesso nel corso degli anni si è parlato di microtecnologia e nanotecnologia per indicare dei processi industriali che avrebbero portato alla produzione di dispositivi la cui massima dimensione sarebbe stata dell’ordine del milionesimo di metro (micro) o del miliardesimo di metro (nano) e, per quanto possa sembrare assurdo, questa miniaturizzazione non è dovuta ad un movimento di innovazione dell’industria hi-tech ma ad una esigenza costruttiva specifica.
In altre parole fino ad un certo punto è stato più facile costruire dispositivi sempre più minuscoli ma, di colpo, questo non è stato più così semplice. Perchè?


In realtà quella di rimpicciolire i componenti è stata una scelta oculata ed indispensabile per quel periodo storico (il primo quinquennio del 2000) affinchè potesse essere possibile progettare e realizzare circuiti elettronici.

L’elettrotecnica insegna, infatti, che per poter essere facilmente realizzato si deve approcciare al circuito con la teoria dei parametri concentrati: vuol dire che le dimensioni spaziali dei vari componenti che si trovano nel circuito devono essere sufficientemente piccole rispetto alla lunghezza d’onda del campo magnetico con cui interagiscono.

Facciamo un esempio. Il caso dei telefonini.

All’inizio dell’era della telefonia mobile Panasonic fu tra le prime aziende a realizzare telefonini minuscoli che a malapena si tenevano sul palmo della mano.
Ciò è stato possibile poichè i campi magnetici che trasportavano la comunicazione tra antenna e telefono viaggiavano per migliaia di chilometri quindi, secondo i parametri concentrati, era possibile dimensionare i circuiti del telefonino nell’ordine dei milionesimi di metro (micron).
Con il diffondersi a tappetto di milioni di esemplari di telefonini e di nuove tecnologie trasmissive la distanza antenna-telefono si è ridotta a poche centinaia di metri e, di conseguenza, le dimensioni degli apparecchi hanno cominciato a lievitare.

Grazie a questo esempio (che spero sia stato esposto in maniera comprensibile) si capisce come la miniaturizzazione sia nata più da una esigenza di realizzazione fisica dei circuiti, ovvero comodità, che dalla voglia di innovazione.
Ogni tanto è bene anche fare chiarezza.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :