Ministeri al Nord e la chimera del trasloco

Creato il 21 giugno 2011 da Bagaidecomm @BagaideComm
Una folla urlante e bandiere verdi ovunque. No, non è l'Irlanda ne, tantomeno, San Patrizio. E' Pontida. E mentre il popolo leghista scandisce con rabbia l'urlo "secessione! secessione!" il Senatur detta l'agenda di governo: "Via dalla Libia!" dice e la folla esulta; "Riforma fiscale!" prosegue e partono gi applausi; "Ministeri al Nord!" aggiunge e il popolo leghista è in giubilo. Stop, rewind. Qualcosa non torna. Passi la Libia, Idem per la riforma fiscale, ma la dislocazione ministeriale nel nord d'Italia stona con tutto quel verde inferocito. Umbertone da Giussano, che cosa mi combini? Hai speso anni nel sogno federalista e oggi, invece, lotti per un centralismo annacquato? Perchè, diciamolo, un trasloco non è federalismo, è un centralismo zuccherato per addolcire la pillola. Pensare ad un federalismo intervenendo sulla dislocazione geografica del ministero è una bestialità. Anzi, a ben vedere l'effetto prodotto è contrario. Un ministero al Nord accresce simbolicamente la pressione dello stato centrale sul territorio, lo leggitima e ne avvalora l'esistenza. Una prospettiva diversa e antinomica rispetto alla visione federalista. La logica impone di intervenire su poteri e responsabilità, lasciando che la dislocazione geografica cambi di conseguenza. Suggerisce di abbandonare la chimera del "trasloco" per abbracciare un piano di riforma federalista reale, dove a cambiare non è la geografia dei ministeri (cioè della struttura) ma, piuttosto, la geografia dei poteri. Chiede, in sintesi, di trasferire oneri e onori della gestione pubblica dallo stato centrale agli enti locali. Questo è federalismo. Altrimenti, il rischio è quello di prendere un granchio, l'ennesima riforma vuota e destinata a riformare un bel niente.
Luca Parravicini

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