Minoranze elettive

Creato il 29 marzo 2012 da Olineg

Ero in cucina a bermi del succo d’ananas, no, non sono a dieta, dovrei piuttosto mettere su qualche chilo, semplicemente era in offerta al supermercato, e poi era oggettivamente troppo presto per una birra, insomma, ero lì a bere direttamente dal brick (odio i formalismi di ogni sorta, ma non odio abbastanza me stesso da impormeli anche quando sono solo), e sento un vociare isterico provenire dalla strada, quattro piani più giù. Mi affaccio e vedo una fila di persone allineate contro il muro, e una ragazza con un cane, un bellissimo labrador non ancora adulto e non più cucciolo, riesco a distinguere una parola ricorrente: “schifo!”. Lì per lì penso che il labrador avesse lasciato la conseguenza solida del suo metabolismo in mezzo al marciapiede, e la persona dall’altro capo del guinzaglio, una ragazzetta di poco più che vent’anni, non fosse munita di apposito kit per la rimozione, e che ce l’avessero con lui lo avrà pensato anche il cane, che orecchie basse e coda tra le zampe aveva puntato il naso verso un portone, accompagnando lo sguardo con alcuni timidi passi. Ok mi dico, è una cosa che non piace neanche a me, ma la sommossa popolare mi sembra un tantino eccessiva, poi focalizzo la platea e mi accorgo di alcune dita puntate, seguo l’ideale retta che passa dalla scapola al dito indice di uno dei soggetti, e vedo qualcosa muoversi tra il muso di un auto parcheggiata e il culo di quella davanti: un topo, un ratto che di certo non ha avuto problemi di sviluppo, tanto che a circa 15 metri di distanza riuscivo a distinguerne la coda. Il roditore, probabilmente disorientato dai lavori in corso sul lato opposto della strada, vagava impaurito, nascondendosi come meglio poteva, poi un eroico vecchietto, magari un ex militare con la divisa incelofanata nell’armadio pronta per essere indossata in cerimonie ufficiali quali battesimi, matrimoni e il suo funerale, si è staccato dal gruppo e ha cominciato a inseguire il topo, accanendosi con una sorta di rituale fatto di piedi sbattuti e strani versi con la bocca, soprattutto quando l’animale (quello inseguito) si è fermato su una grata del marciapiede, per intenderci quelle che servono a far scorrere l’acqua piovana e a farci cadere le chiavi dentro, non ci si sarebbe potuto infilare nemmeno se fosse passato prima sotto a un rullo compressore, ma lui per un attimo ci ha creduto, poi ha ceduto all’abilità tattico-strategica del vecchietto e scappando ha voltato l’angolo, il domatore di ratti si è voltato soddisfatto, impettito, ora il problema era di quelli dell’altra strada, lui ha difeso gagliardamente il suo confine, non erano più cazzi suoi. L’eco di tali gesta riecheggia nel tempo, tanto che mentre scrivo, a distanza di un’ora, una signora dal balcone ragguaglia la vicina col seguente bollettino urlato a squarciagola “ce sta ‘n sorcio!”.

Non ho mai avuto grande simpatia per i ratti di fogna, ma io, se non si fosse già capito, ho tifato per il sorcio. Non riesco a non provare empatia verso chi è in difficoltà, chi è destinato a perdere. Come in Caro Diario di Nanni Moretti “Stavo pensando una cosa molto triste: cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone: mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza”. Devo averlo fatto dire anche al protagonista di questo romanzo a puntate, da qualche parte, non che Spartaco Scimè sia il mio alter-ego, ma indubbiamente questi afflati di misantropia che mi assalgono come attacchi allergici al pollice opponibile, sono stati d’ispirazione. Volevo finire il post valorizzando il sentimento della minoranza elettiva, sottolineando come in tutte le civiltà degne di questo nome, anche il criminale più efferato e in flagranza di reato merita un avvocato, e se tale modello di giustizia si è tramandato nei secoli è perché c’è sempre qualche romantico, irrazionale e masochista disposto a spendere due parole per lui. Però non sapevo come incastrarlo, e dato che adesso sì, è ora di una birra, la lascio appoggiata lì.



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