Dalle relazioni commerciali tra Genova, Livorno e Napoli dalla fine dell’epoca barocca all’inizio del ‘900 si sviluppò la diffusione, l’evoluzione artistica e il declino della lavorazione del corallo, che non si ridusse a mera produzione artigianale ma fu espressione di una civiltà artistica e mercantile in cui si identifica ancora oggi Torre del Greco. Interessante è la storia della lavorazione del corallo. In seguito al bando degli ebrei del 1492, alcune comunità ebraiche migrarono dalla Sicilia verso Genova, che era in concorrenza con Trapani e le città catalane nell’egemonia sui traffici del corallo verso l’Oriente. Altre comunità, espulse dalla Spagna, furono accolte a Livorno dalla fine del 1500 con le Leggi Livornine con le quali i Granduchi di Toscana garantivano libertà di commercio. Con l’editto del 1740 anche re Carlo di Borbone richiamò gli ebrei nel Regno delle due Sicilie, sperando di potenziare i traffici marittimi come Livorno. Questi regnanti innovarono e diedero impulso all’artigianato locale della lavorazione del corallo che assunse sempre più carattere industriale.
Il materiale corallino veniva pescato nel mare antistante Livorno, nei mari di Sardegna e di Africa e nel ‘600 era lavorato a Genova, Pisa e Livorno, soprattutto come tondi, olivette e botticelle per paternostri e collane da esportare in India, Asia minore, paesi europei, Africa occidentale. Agli inizi del 1800 Livorno divenne la piazza più importante per il commercio del corallo grezzo ( circa 40 tonnellate annue e nel 1810 da 500 si passò a circa 1000 lavoranti nell’industria corallina), ma alla fine del secolo si verificò una parziale recessione delle ditte livornesi in quanto un’enorme quantità di corallo rosa arancio, scoperto a Sciacca, invase il mercato. In seguito molte fabbriche e laboratori artigianali livornesi chiusero a causa dell’emergenza dei due conflitti mondiali e delle crisi dei dopoguerra .
La lavorazione del corallo si diffuse nel napoletano soltanto nel 1800. In effetti sin dalla metà del XV secolo si praticava la pesca corallina lungo le coste della penisola sorrentina, di Capri, oltre che della Corsica, Sardegna e Africa settentrionale e molto probabilmente i manufatti artistici, apprezzati dai nobili napoletani sin dal 1600, venivano prodotti in opifici trapanesi. Con l’editto cattolico della fine del ‘400 prima, e poi con la seconda diaspora dei corallari siciliani nella seconda metà del ‘600, maestri trapanesi giunsero a Napoli portando la loro “arte”. Fino alla fine del ‘700 però gli artigiani erano dediti alla lavorazione del liscio, mentre gran parte del corallo grezzo, pescato dai torresi, confluiva a Livorno. Nella seconda metà del ‘700 Ferdinando IV di Borbone pensò di fare lavorare il grezzo a Torre del Greco per promuovere lo sviluppo dell’artigianato locale, ridusse quindi l’imposta sul grezzo importato, favorì la vendita del corallo a Napoli e nel 1790 emanò il Codice Corallino e lo Statuto della Compagnia per disciplinare l’attività di pesca, la custodia e la vendita del corallo. Il re però non riuscì ad avviare una fabbrica a Torre del Greco sia per la situazione internazionale (rivoluzione francese), sia per l’antagonismo tra francesi ed inglesi nel controllo dei traffici marittimi e l’eruzione del Vesuvio del 1794.
I Bonaparte e la nascente borghesia fecero la fortuna del corallo, lavorato in oggetti di uso personale secondo la moda in stile impero che si ispirava alla classicità romana. Nella prima metà dell’800 a Torre del Greco operavano otto fabbriche e a Napoli una cinquantina di botteghe di corallari. Dalla metà dell’800 si realizzarono creazioni ispirate a modelli rinascimentali e naturalistici ( bouquets di fiori, foglie, frutti) e lavorazioni scolpite a tutto tondo realizzabili, giocando sulle irregolarità del corallo, con tutto il materiale corallino, compreso quello di scarto non adatto per pallini. L’arte del corallo fu reclamizzata in esposizioni nazionali ed estere ( Londra, Parigi, Vienna), conquistando il riconoscimento di attività tipica di Torre del Greco.
La scoperta di enormi banchi di corallo a Sciacca provocò un collasso del mercato. Le ottanta fabbriche che nel 1880 impiegavano 4000 lavoranti si ridussero a circa sei, di grandi dimensioni, solo dieci anni più tardi, e il prezzo del grezzo scese dell’80 %. A Torre del Greco continuò la lavorazione del tondo soprattutto a domicilio e ad opera di donne. Alla fine dell’800 si diffuse la lavorazione di cammei su modelli classici, la produzione di oggetti che si rifacevano all’arte pompeiana e altri ancora in stile liberty che ricercavano ed utilizzavano materiali diversi, quali conchiglie e madreperla. Le opere più pregiate furono realizzate col corallo giapponese, sempre più importato, e perlopiù destinate a un mercato straniero. Una parte della produzione fu realizzata su richiesta dei mercati orientali e africani, mentre in Italia furono largamente richiesti il gioiello popolare di corallo e l’amuleto porta fortuna.