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“Miracolo a Sant'Anna”, un caso di memoria tradita? Revisionismo storico al cinema

Creato il 24 settembre 2013 da Sulromanzo

Autore: Elena Spadiliero

Spike Lee, Miracolo a Sant'Anna
[Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 4/2013, La forza della memoria]

La strage a Sant’Anna, piccola frazione del comune di Stazzema, fu uno degli eccidi più efferati compiuti dalle SS durante la Seconda Guerra Mondiale: un caso passato sotto silenzio fino al 1994, quando vennero rinvenuti nell’«armadio della vergogna» dei documenti – ignorati per decenni – circa i crimini commessi dai nazisti sul suolo italiano nel secondo dopoguerra. Quei fascicoli contenevano la verità storica anche sui fatti di Sant’Anna e solo alla fine del secolo furono individuati dei responsabili e avviato un processo.
Nel 2005, un Tribunale emise delle sentenze di ergastolo nei confronti di ex ufficiali, ultraottantenni al momento della condanna, e riconobbe il massacro come un atto terroristico premeditato (volto a interrompere i rapporti tra i civili e i partigiani stanziati nel territorio), il primo di una lunga scia di sangue, sino a Marzabotto.
Rileggere al cinema episodi del passato come quello di Sant’Anna è sempre pericoloso, poiché c’è il rischio d’incorrere in semplificazioni della Storia (un po’ per una questione di ristrettezza dei tempi filmici, un po’ per proporre agli spettatori una trama chiara, pulita, che, senza divagare, catturi l’attenzione) o in spettacolarizzazioni della stessa, allontanandosi dall’oggettiva concretezza del caso.
Quando, nel 2008, il regista Spike Lee realizzò Miracolo a Sant’Anna, fu accusato dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di revisionismo storico, non tanto per le circostanze raccontate, quanto per l’interpretazione che ne viene fornita sullo schermo.

La strage di Sant’Anna è antecedente ai fatti narrati nel film, con cui s’intreccia grazie al personaggio di Angelo, un bambino scampato alla carneficina, salvato da quattro soldati americani di stanza lungo la Linea Gotica, durante la Campagna d’Italia. Introducendo l’episodio dell’uccisione di alcuni tedeschi da parte dei partigiani, Lee lascia intendere che l’ecatombe a Sant’Anna non fu, come al contrario dimostrato, un atto premeditato, perpetrato grazie alla complicità di alcuni  fascisti collaborazionisti, bensì un’azione di rappresaglia.
Inoltre, quasi a corroborare l’intreccio narrativo, la sceneggiatura dà risalto anche al carattere del partigiano traditore, Rodolfo, che cerca vendetta per il fratello Marco, ucciso da un altro partigiano, Peppi, poiché schierato dalla parte dei fascisti. Nella pellicola, Peppi è ricercato dalle SS per l’attacco al plotone tedesco e Rodolfo, d’accordo coi nazisti, ha il compito d’indirizzarlo a Sant’Anna, per farlo cadere in una trappola. Constatata l’assenza di Peppi, che nel frattempo ha trovato rifugio in una casetta nel bosco, i tedeschi decidono d’infierire sulla popolazione.

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