Il turismo oggi è un elemento centrale delle economie capitalistiche: si pensa che la gente abbia bisogno di viaggiare per cercare nuove esperienze e modi di vita. Il viaggio è visto come un segno di ricchezza e status e solo i troppo poveri, i vecchi infermi, e i bambini piccolissimi in genere non viaggiano per piacere. Il primo segnale di un diverso ‘clima’ dopo la caduta del Muro di Berlino è stato il flusso di turisti russi e poi cinesi verso le mete più classiche, da Venezia, a Roma, a Rimini, solo per restare in Italia. Vent’anni fa i negozietti della Repubblica di S. Marino, che prima scrivevano i cartelli in tedesco, li avevano quasi completamente sostituiti con cartelli in russo.
In un’intervista fatta il 3 febbraio 2005 per la rivista online di Curatorial Practice presso il California College of the Arts, Dean MaCannell fa alcune interessanti affermazioni:
Domanda: Dici a un certo punto del tuo libro The Tourist che intere città e regioni sono diventate consapevoli di essere delle attrazioni turistiche. E’ avvenuto anche per istituzioni su larga scala, che allestiscono mostre blockbuster, per esempio. Come si relazione questo genere di consapevolezza con la costruzione di un museo come sito di turismo sofisticato?
DM: Una delle cose principali che è avvenuta è stata l’emersione non solo della mostra blockbuster, ma l’apparizione della stessa galleria blockbuster. Cominciò con il Guggenheim di Frank Lloyd Wright a New York, ma ora con il Guggenheim a Bilbao, la Walt Disney Concert Hall a Los Angeles di Frank Gehry, quello che vediamo è che non basta al museo avere una grande mostra, ma che il museo stesso sta diventando un’attrazione turistica di primo piano. Sta così estendendo i muri per l’esperienza turistica, che non hai nemmeno bisogno di entrarci. L’altra cosa che vedo apparire e la considero una tendenza positiva, è che i musei si stanno sempre più assumendo la responsabilità di un’intera gamma di attività che avvengono fuori o nei pressi del museo per creare consapevolezza. C’è molta più presa esterna da parte del museo in termini diessere in grado di programmare e curare e assumersi la responsabilità dell’esperienza al di là delle mura del museo. Penso che gli artisti e i curatori siano meglio attrezzati per fornire una visione della regione che sia più intrigante di quella fornita finora dalle guide turistiche e dagli amministratori. Questa è una delle cose più importanti che sta accadendo data l’importanza attuale del turismo come uno dei cuori economici mondiali. Mi interessa chiunque stia cercando di immaginare come tirarlo fuori dalle mascelle del grande capitale e rimetterlo nelle mani della gente. (…) I pianificatori hanno questa idea che i soldi siano là in periferia e che la gente che vive nelle periferie del mondo abbia paura delle città e non voglia fare l’esperienza urbana completa, ma vogliono essere turisti, così l’idea è di cercare di portarli un ambiente ristretto e controllato. La loro giustificazione ha a che fare con una risposta alla psicologia di un certo tipo di turista suburbano, ma il punto è che finisce per essere un modello economico a proprio uso e consumo. Quello che vogliono fare è focalizzarsi e controllare l’economia dello sviluppo turistico locale e sistemare i distretti in particolari assetti formularci, così possono far pagare il biglietto. Questo è un evento sfortunato perché non ho mai incontrato un turista, suburbano o meno, che sia davvero allontanato dalla paura dell’ignoto. Infatti, penso che i turisti siano spinti dal desiderio di sperimentare l’ignoto, e la maggior parte lo fa. Qualcuno può dire (a San Francisco) posso davvero entrare a Mission? Oso andare a Little Italy? Quello che stanno veramente cercando è il più modesto livello di rassicurazione, così dico ‘Sì, ottimo, non ti succederà nulla, divertiti’, e loro torneranno contenti di aver superato qualsiasi preoccupazione potevano avere. Lo spostamento di pensiero da parte del pianificatore non è una base reale per costruire il settore turistico, ma è la teoria su cui si basa attualmente lo sviluppo turistico. Penso che si stia cinicamente tentando di assicurarsi che i soldi dei turisti restino in particolari zone della città e vadamo in specifiche attrazioni.
Come si capisce da questi brani dell’intervista a MacCannell, lo studioso, che è un architetto del paesaggio, distingue concettualmente tra ‘viaggiatore’ e ‘turista’. Il suo turista è un viaggiatore e all’interno di questa definizione probabilmente MacCannell non includerebbe chi va tutti gli anni a Rimini o a Mondello e non metterebbe piede a Guggenheim. Questa idea del turista di MacCannell contrasta quella di Urry, secondo cui i turisti visitano luoghi che hanno già visitato attraverso il linguaggio. (continua parte 5)