La vittoria allo Stade de France dà un altro valore anche alla sconfitta degli Azzurri all'Olimpico in quella che doveva essere la grande occasione per gli italiani di battere finalmente gli inglesi. In che senso? Nel senso che la truppa del sergente maggiore Lancaster in trasferta non ha steccato un colpo, uscendo con i due punti in tasca anche dal Murrayfield contro la Scozia: tre partite lontane da Twickenham, tre match tosti e un carattere decisamente rafforzato. Che l'Inghilterra, questa Inghilterra, non molli l'osso lo dimostrano i numeri: vittorie non travolgenti nel punteggio, ma nello sostanza. Perché se all'inizio, come aveva sottolineato l'amico Total Flanker, la squadra non sembrava giocare a rugby, con il passare dei giorni ha assimilato il game plan e adottato un preciso comportamento che è risaltato nel derby contro i gallesi di due settimane fa: dopo i primi venti minuti trascorsi a difendere, ha accelerato in attacco ed è arrivata all'ottantesimo ad una chiamata di TMO dal probabile pareggio (e chissà che ultima giornata di 6N ci avrebbe atteso). Certo, bisogna lasciar lavorare la gente in pace.
Un Owen Farrell all'apertura (ruolo che non gli è nuovo, considerati i precedenti con i Saracens), un arguto Lee Dikcson a dettare il ritmo, un Ben Morgan di peso (tra i migliori acquisti, data la questione se scegliere il Galles o l'Inghilterra), un'applicazione degli insegnamenti dei Sarries, club tra i più innovativi nell'ambito della Premiership (le stoppate di Charlie Hogdson e Mouritz Botha). Una solida difesa e un contrattacco fulminante, con pochi fronzoli ed è così che a questo giro l'attenzione non è calata sui Ben Foden o Chris Ashton: i risultati non sono mancati comunque.
Non è un caso, dopo tutto, se quell'Inghilterra - Galles finito 12-19 sia stato uno dei derby più belli degli ultimi anni: è successo perché gli inglesi hanno giocato - eppure nei primi venti minuti pareva di no, ma la cosa interessante sta proprio qui, nel fatto che è parte del piano prima assorbire e limitarsi a calciare via il pallone, poi scrollarsi di dosso le botte e andare dall'altra parte del campo.Dunque: 13-6 a Edimburgo, 19-15 a Roma, 24-22 a Parigi. Ci vuole tenuta mentale per non ritrovarsi in passivo. E' solo il quarto attacco più prolifico del Championship (68 punti all'attivo, contro i 113 dell'Irlanda, i 93 del Galles e i 92 della Francia), ma anche la seconda miglior difesa (62 punti di passivo, meglio solo i gallesi che sono fermi addirittura a 49 e questa è la vera ipoteca sul torneo che vale un +44 nella differenza di punti fatti/subiti, mentre la colonna inglese è a +6).
Il gruppo c'è, Lancaster (nella foto al centro tra i soci Graham Rowntree e Andy Farrell) ha allenato gli ambienti giovanili e quindi conosce i trucchi per rinsaldare i professionisti che dopo la RWC in Nuova Zelanda avevano fatto la spia su chi avesse parlato di soldi buttati giù per il cesso o di disparità di trattamenti tra staff e giocatori. La missione potrà dirsi del tutto compiuta dopo la sfida contro gli irlandesi: la scorsa edizione la sconfitta a Dublino fece venire meno il Grand Slam all'ultimo appuntamento, sul più bello. Sabato per di più è San Patrizio e la questione geografica (si torna a giocare a Londra) non è un problema. Vincendo l'Irlanda arriverebbe seconda, ha dunque i suoi validi motivi per scendere in campo: lo si era detto d'altronde, che questi non muoiono mai.